Pensioni, non passa quota 41: ecco chi ci rimetterà

Sabato 29 Settembre 2018
Pensioni, non passa quota 41: ecco chi ci rimetterà
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Se la quota 100 messa a punto dal governo consentirà l'uscita di chi ha compiuto 62 anni e ha all'attivo almeno 38 anni di contributi, per chi ha 41 anni di contributi ma non ha ancora compiuto i 62 ci sarà da aspettare ancora. I lavoratori nati dopo il 1957, che hanno cominciato a lavorare giovani ma oggi non hanno ancora raggiunto i 43 anni di contributi previdenziali, saranno i penalizzati dalla decisione di rinviare all'anno prossimo la discussione sull'uscita dal lavoro con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica. 

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In pratica un lavoratore nato nel 1958 che ha cominciato a lavorare nel 1978 dovrà aspettare il 2020, mentre se si è nati nel 1959 pur avendo cominciato a lavorare nel 1978, a 19 anni, l'attesa in assenza di cambiamenti, sarà di due anni.

Nessun cambiamento in vista per le pensioni di vecchiaia (dall'anno prossimo scatta l'uscita a 67 anni) mentre per i lavoratori precoci (quelli che hanno cominciato a lavorare prima dei 19 anni) in situazioni di difficoltà (per i quali era intervenuto il Governo Gentiloni) come la disoccupazione o la disabilità di un familiare resta l'accesso alla pensione con 41 anni di contributi. Per la pensione anticipata indipendente dall'età anagrafica si studia lo stop all'aumento dell'aspettativa di vita di cinque mesi e quindi il mantenimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). Il vantaggio massimo quindi sarà per chi è nato nel 1957 e ha cominciato a lavorare nel 1981 perché uscirà con quota 100 anticipando la pensione di cinque anni rispetto alle regole attuali. Vantaggi anche per chi è nato negli anni successivi ma ridotti fino a un solo anno per chi è nato nel 1953 e ha cominciato a lavorare nel 1977 perché andrà a riposo a 66 anni e 42 di contributi.

Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 21:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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