Storica visita del Papa al Messaggero: «L’informazione che ci fa bene»

Domenica 9 Dicembre 2018 di ​Franca Giansoldati
Storica visita del Papa al Messaggero: «L informazione che ci fa bene»

Attesa, folla, emozioni (tante) dentro e fuori lo storico palazzo di via del Tritone. Una giornata storica, quella di ieri, per il nostro giornale, per l’intero settore dell’informazione, che da Papa Francesco ha raccolto un’attenzione, un sostegno, un riconoscimento della sua insostituibile funzione. «La virtù del giornalista è di andare ai fatti, avere concretezza, non fermarsi al relato, ma verificare. Il fatto è questo. E poi arrivano le opinioni. Questa è l’informazione che a tutti noi fa bene». 

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È la prima volta che Papa Bergoglio visita la sede di un giornale, per giunta di antica tradizione laica come il Messaggero.

La storia del quotidiano risale al 1878, quando a Roma si circolava sulle carrozze trainate da cavalli, e si consumava lo scontro silenzioso tra la nuova nazione e lo stato pontificio, drasticamente ridimensionato con l’unità d’Italia.



TELEFONATA
La visita di Papa Francesco a via del Tritone ha riempito di grande gioia tutti, ha inorgoglito e rafforzato l’intera famiglia del Messaggero, dai vertici, ai redattori, alle maestranze. Il grande evento è diventato certezza solo qualche giorno fa, con una telefonata speciale da un numero sconosciuto. Pronto? La voce baritonale di padre Leonardo Sapienza mi chiedeva se per caso sarei stata al giornale quel pomeriggio.

Padre Sapienza è uno dei principali collaboratori del Papa, incaricato di perlustrare minuziosamente i luoghi da includere nel percorso delle visite, dove nulla è lasciato al caso: ogni millimetro di quegli itinerari viene passato al setaccio dal punto di vista della sicurezza e da quello del protocollo. Mi chiedeva se per caso fossi stata in sede. Naturalmente ho risposto di sì mentre avevo il cuore in gola: era evidente che Papa Francesco aveva accolto l’invito del giornale a fare tappa nella sede di via del Tritone per un saluto, un augurio, una piccola riflessione.

Nella lettera che gli avevo consegnato durante il volo nei Paesi Baltici, per conto di tutti, gli avevo esposto e sintetizzato la lunga e gloriosa storia del quotidiano, ma soprattutto gli avevo parlato del desiderio dei lavoratori, dei dirigenti, dei giornalisti di dargli il benvenuto nell’anno giubilare del Messaggero che festeggia 140 anni. Il primo numero usciva il 16 Dicembre del 1878. Con una “i” nella testata, il Messaggiero, che in seguito scomparve.
 


DESIDERIO
La sensibilità del Papa per l’informazione lo ha portato a fare tappa a via del Tritone dopo il saluto agli ammalati dell’Unitalsi, in piazza di Spagna e la preghiera alla Madonna, sotto la colonna di marmo fatta erigere da Pio IX per la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. La macchina blu di Bergoglio – la solita Ford Focus targata SCV 01, usata anche due giorni fa per andare al Laurentino 38 e a Trigoria a trovare degli ammalati – si è fermata tra un nugolo di guardie del corpo e gendarmi.

Il Papa è uno degli uomini più protetti al mondo, anche se appena può cerca di eludere le pesanti maglie che possono isolarlo dal contatto spontaneo con la gente. Sul marciapiede lo aspettavano per il benvenuto il presidente e l’amministratore delegato del giornale, Francesco Gaetano Caltagirone ed Azzura Caltagirone che hanno fatto strada all’ospite, illustrandogli tutte le curiosità custodite nel palazzo, incontrate sul cammino. Accanto a loro il direttore Virman Cusenza.

Le “guide” hanno introdotto il Papa nel clima redazionale, accompagnandolo nell’open space della cronaca di Roma, al secondo piano. Un centinaio di giornalisti lo attendevano impazienti ed emozionati. «Buonasera a tutti». Un momento di sospensione, una frazione di secondo, e poi è partito un grande applauso sentito, commosso, liberatorio. Non è cosa da tutti i giorni vedere girare un Papa tra le scrivanie e i computer della redazione. 

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LETTORE
Lui, sorridente, ha voluto stringere la mano a tutti, uno per uno. Il fotografo dell’Osservatore Romano e quelli del Messaggero, a debita distanza, cercando di rendersi invisibili per non spezzare la magia di quei momenti, scattavano foto su foto, e i loro click scandivano ritmicamente i passaggi di quei momenti indimenticabili. Poi il presidente Caltagirone, microfono in mano, ha rievocato un suo incontro privato con Bergoglio in Vaticano, e gli ha chiesto se ancora, come gli aveva rivelato quel giorno, leggesse il Messaggero. Risposta positiva, e intanto rideva.

La lettura di uno o più quotidiani, ha raccontato, è un tempo che da sempre si ritaglia prima di cominciare la giornata. Quando era arcivescovo a Buenos Aires, iniziava la giornata con un caffè e La Nacion, il giornale argentino che, anche a Roma, non ha mai smesso di seguire. Una volta in Vaticano, dopo l’elezione del 13 marzo 2013, non ha perduto un solo numero del Messaggero, ha spiegato, per essere al corrente dei fatti della città. Il suo ruolo di Vescovo di Roma, ha detto, gli impone di essere informato sugli eventi salienti del territorio della sua diocesi.

L’abitudine al Messaggero è iniziata così, quasi per forza di cose, soprattutto per colmare la scarsa conoscenza che all’epoca aveva del territorio diocesano, come ebbe a dirmi nell’intervista rilasciata in occasione della festa dei patroni Pietro e Paolo, quattro anni fa, il 29 giugno. «Ma lo sa che io Roma non la conosco? Il fatto è che da cardinale non venivo spesso in Italia» mi disse allora. Il Messaggero, dunque, era uno strumento per decrittare la condizione della Capitale. 

MASS MEDIA
«Grazie per il lavoro che fate, e se permettete, vorrei dare una benedizione a voi e alla vostre famiglie, ai vostri amici e anche ai vostri nemici. Vi benedica Dio». I giornalisti lo hanno salutato con calore, qualcuno lo ha ripreso con il cellulare. 

«Devo fare vedere queste foto ai miei figli stasera quando torno». «Buon Natale santità, torni a trovarci». E poi tutti al piano di sotto, in tipografia, per visitare i lavoratori meno visibili, quelli che «con amore e dedizione collaborano all’uscita del giornale, non lo scrivono ma hanno una parte importante» ha spiegato Azzurra Caltagirone. E’ lei che lo ha introdotto nella sala dell’ammezzato, solitamente utilizzata per le assemblee interne, ricca di poster storici del giornale alle pareti: lo sbarco sulla Luna, la morte di Albertone Sordi. Anche in questo caso Francesco ha salutato uno per uno i presenti, sorridendo, stringendo mani. «Grazie per il vostro lavoro nascosto. Pregate per me che ne ho bisogno». Infine ha raggiunto il piano terra a piedi, due rampe di scale senza utilizzare l’ascensore, sempre accompagnato dai dirigenti del giornale. 

Un attimo prima di risalire in auto, ha promesso che avrebbe collocato il mazzo di rose bianche ricevuto all’ingresso, davanti all’immagine di Santa Teresina del Bambin Gesù, una mistica francese, drammaturga, dottore della Chiesa insieme a Caterina da Siena e Teresa d’Avila, patrona di Francia insieme a Giovanna d’Arco, patrona delle missioni e autrice di «Diario di un’anima»: un testo, da lui molto amato, non solo religioso che raccoglie poesie, opere teatrali, lettere e preghiere lungo la narrazione dell’itinerario spirituale di un’anima eccelsa alla ricerca della felicità.

Un ultimo applauso dalla folla lo ha accompagnato a bordo della sua Ford Focus, lasciandosi dietro grandi emozioni, e la certezza del suo grande interesse alla buona battaglia per l’informazione. E se aveva aperto l’anno corrente pubblicando, nel giorno dedicato a san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, un libricino sul pericolo delle fake news, pozzi avvelenati da svuotare con il lavoro di qualità, non a caso lo ha chiuso con la visita al quotidiano principale della sua diocesi, al quale ha affidato una importante riflessione. Il futuro dipende da tutti noi.

Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 13:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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