Vaticano, monsignor Capella ammette scambio foto e file pedopornografici

Venerdì 22 Giugno 2018
Vaticano, monsignor Capella ammette scambio foto e file pedopornografici
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CITTA' DEL VATICANO – Video, foto e disegni di bambini e ragazzi nudi scambiati in chat. Una sessantina di file in tutto, almeno questo è quello che è stato trovato nel pc del monsignore accusato di pedopornografia dal tribunale vaticano - monsignor Carlo Alberto Capella - che in aula, oggi pomeriggio, ha ammesso tutto. Cinquant’anni, di carriera diplomatica, con importanti appoggi dentro al Vaticano a giudicare dal via vai che in questi mesi è stato registrato nel suo alloggio, ai domiciliari, in un bel palazzetto situato a pochi metri da Santa Marta, Capella  oggi pomeriggio si è presentato al processo con il suo avvocato, Roberto Borgogno. Ha ammesso le accuse di detenzione e scambio di materiale pedopornografico, con l'aggravante «dell'ingente quantità». Secondo il legale il monsignore che era stato pizzicato in una parrocchia canadese a scambiare file pedopornografici (e per questo doveva essere arrestato al di là dell’Atlantico  visto che all’epoca lavorava come numero 3 della nunziatura americana a Washington)  ha ricondotto il suo comportamento a una crisi personale dovuta al trasferimento in America.

Durante l’udienza che è durata oltre due ore, la difesa ha cercato di ridimensionare i reati, contestualizzandoli a una fase precisa della sua vita ecclesiastica. Oltre all'imputato sono stati sentiti anche due testimoni: un ingegnere informatico e il medico psichiatra che ha in cura il sacerdote. Per domani, il presidente del Tribunale, Giuseppe Dalla Torre ha convocato la nuova udienza e potrebbe già esserci la sentenza.

 Già in fase istruttoria monsignor Capella aveva collaborato con i giudici ammettendo le sue responsabilità, giustificando il suo comportamento con una crisi personale dopo che lui - emiliano di Carpi, già viceparroco a Milano e poi nel servizio diplomatico della Santa Sede - era stato trasferito nel 2016 dalla Segreteria di Stato  alla nunziatura di Washington. Ciò gli avrebbe provocato  «un conflitto interiore, un senso di vuoto e di inutilità, senza amici né referenti in un contesto nuovo», scatenando nel tempo «una crisi» tale da portarlo a compiere «atti compulsivi di consultazione impropria su Internet». Domani, l'udienza convocata alle 10 prevede le richieste del promotore di giustizia, l'arringa dell'avvocato difensore e la camera di consiglio, per una sentenza attesa a breve e che potrebbe arrivare addirittura nella stessa giornata.
Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 21:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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