Papa Francesco e il colpo basso a Orban, «non so se lo vedrò» anche se il programma è noto da tempo

Giovedì 2 Settembre 2021 di Franca Giansoldati
Papa Francesco e il colpo basso a Orban, «non so se lo vedrò» anche se il programma è noto da tempo

Città del Vaticano – La voce delle dimissioni papali che si è diffusa in tutto il mondo alla velocità della luce la settimana scorsa con ogni probabilità è partita dall'Argentina, la patria di Bergoglio. A Francesco però l'atto di lasciare «non è nemmeno passato per la testa. Di fronte alle interpretazioni un po' distorte di alcune parole sto zitto, perché il chiarimento è peggio». Ad analizzare nel dettaglio l'origine di questa fake news - ribalzata sui media di mezzo mondo - è stato lui stesso in uno dei tanti passaggi della lunghissima intervista rilasciata alla emittente cattolica spagnola Cope.

Racconta poi di come è andato il ricovero del 4 marzo e di come l'infermiere del Vaticano (quello che gli ha “salvato la vita”) è riuscito a convincerlo ad andare sotto i ferri. «Mi ha detto: "Devi fare un'operazione".

C'erano altre opinioni: "No, con gli antibiotici..." e lui mi ha spiegato molto bene. È stato in Vaticano per trent'anni, un uomo molto esperto. È la seconda volta nella mia vita che un'infermiera mi ha salvato la vita». In pratica l'infermiere avrebbe avuto la meglio sui medici curanti e sull'attuale archiatra pontificio appena confermato, il geriatra del Gemelli professor Bernabei.

Francesco ha rassicurato sul fatto che nonostante i 33 centimetri di intestino in meno (“diverticolite”) la sua ripresa va avanti e può mangiare di tutto anche se fatica a camminare.

Mostra poi di non essere troppo spaventato dal prossimo viaggio in Ungheria e in Slovacchia, una specie di test sulla salute visto il programma pesante. Per certi versi anche un test per la diplomazia, visto che a sorpresa Francesco ha affermato che non sa se incontrerà Viktor Orban, il presidente sovranista, marcatamente antieuropeo che certamente non si trova sulla sua lunghezza d'onda nemmeno sul fronte dell'immigrazione. «Non so se lo incontrerò. So che le autorità verranno a salutarmi (...) Non so chi verrà». Parole che certamente hanno un peso e non possono essere troppo gradite al premier Orban visto che il programma della visita è noto e concordato da tempo. Nei mesi scorsi il loro incontro era stato al centro di diverse speculazioni dopo che era circolata la voce che Francesco non volesse incontrare il premier e recarsi al palazzo presidenziale. Alla fine è stata individuata la formula meno impegnativa di un incontro collettivo in una delle sale di un museo vicino all'aeroporto. La affermazione di Francesco sembra mandare tutto all'aria.

Se a Orban assesta un colpo basso, Francesco nella intervista alla Cope regala però un bell'omaggio ad Angela Merkel anche se rinisce per sbagliare citazione: pensando di riferirsi alla posizione della Cancelliera sull'Afghanistan ha infatti ripetuto le stesse frasi di Putin. 

Sui suoi programmi futuri si sofferma a lungo e ripete che vuole viaggiare in Europa, nei paesi piccoli. Prossimamente – dopo Ungheria e Slovacchia – ha desiderio di andare in Scozia, a Glasgow, anovembre per aprire la Cop26 e poi Cipro, Grecia e Malta.

Sul cambiamento climatico racconta che serve una consapevolezza globale e rivela un particolare inedito e interessante: nel 2015 ha accelerato l'uscita dell'enciclica Laudato Sì facendo in modo che precedesse il summit di Parigi. Fu l'allora ministra francese Segolene Royale a chiedergli di pubblicare l'enciclica prima del vertice per avere sostegno maggiore. «Spero che Glasgow ora alzi un po' il tiro e ci metta più in riga». Insomma, fa capire che c'è ancora molto da fare.

La Cina resta una sua priorità e non deve mancare il dialogo anche se non tutte le cose vanno come dovrebbero. Il botta e risposta va avanti per un'ora e mezza e alla fine non si sottrae alla domanda più impegnativa, a proposito del processo in corso in Vaticano sull'immobile a Londra che vede tra i dieci rinviati a giudizio il cardinale Angelo Becciu. «Spero con tutto il cuore che sia innocente. E' stato un mio collaboratore e mi ha aiutato molto. È una persona di cui ho una certa stima come persona, quindi il mio augurio è che ne esca bene. Ma è una forma affettiva della presunzione d'innocenza, andiamo. Oltre alla presunzione di innocenza, voglio che ne esca bene. Ora spetta ai tribunali decidere».

Un processo difficile e sul quale pesano tante incognite. La prima grana che dovrà essere risolta a breve, anche per evitare le critiche dell'Europa e di MOneyvall ad un sistema giudiziario che non è in grado di garantire un processo equo, riguarda la posizione assunta dai Promotori di Giustizia (i pm) che di fatto hanno disatteso gli ordini del Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone. Quest'ultimo aveva imposto che entro il 9 agosto venisse depositata in cancelleria la video-registrazione contenente le accuse agli imputati, la cosiddetta prova regina, frutto della collaborazione di monsignor Alberto Perlasca. Senza questo video, avevano evidenziato i difensori di tutti gli imputati, è impossibile imbastire un processo giusto. I Pm si rifiutano di depositare il video spiegando che si tratta di questioni legate alla "privacy", innescando così un braccio di ferro interno in attesa che si pronunci il Presidente Pignatone. 

Ultimo aggiornamento: 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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