Omicron o raffreddore? Sintomi simili, ma variabile mal di gola. Il rischio grave per i No vax

La nuova variante, seppur molto più contagiosa, sembra meno "cattiva". Ma non va sottovalutata, soprattutto da chi non si è vaccinato

Domenica 2 Gennaio 2022 di Graziella Melina
Omicron o raffreddore? Sintomi simili, ma variabile mal di gola. Il rischio grave per i No vax

Prendere sottogamba la variante Omicron solo perché in generale sembra avere gli stessi sintomi di un raffreddore può costare molto caro. Secondo gli esperti, infatti, se a contagiarsi con la nuova variante sono i soggetti non vaccinati o parzialmente protetti, oppure anziani e persone fragili, cioè con uno stato di salute precario, gli effetti del Covid si potrebbero manifestare in modo grave, tanto da dover ricorrere alle cure dell’ospedale e finire in terapia intensiva.

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Omicron, i sintomi e la differenza con l'influenza

«La sintomatologia generale causata dalla variante Omicron - spiega Francesco Menichetti, ordinario di Malattie infettive dell’Università di Pisa e direttore di Malattie infettive dell’azienda ospedaliera pisana – è caratterizzata da malessere, mal di testa piuttosto intenso, febbre non elevatissima e senso di spossatezza. Poi ci sono sintomi locali, a carico delle alte vie respiratorie, ossia raffreddore e mal di gola, quest’ultimo piuttosto tipico, e poi ci può essere anche tosse». Senza l’esito di un tampone, distinguere questa sindrome respiratoria moderatamente febbrile da un’influenza non è facilissimo. «L’influenza – precisa Menichetti - di solito dà febbre più elevata, intense artromioalgie, cioè dolori articolari e muscolari, e poi un allettamento.

La spossatezza, infatti, è tale che il paziente in genere deve stare a letto».

 

Il mal di gola

Qualche campanello di allarme, seppure minimo, può comunque comparire. «Solitamente – rimarca l’infettivologo - nell’influenza non c’è mal di gola. Ricordiamo che si può parlare di sindrome influenzale soltanto se ci sono sintomi respiratori, quindi, ribadisco, si devono manifestare la tosse e il raffreddore. L’Omicron, invece, è una forma similinfluenzale con alcune peculiarità, come la cefalea, che però è comune anche all’influenza. Il mal di gola, invece, è il sintomo più particolare. Poi la febbre, solitamente non elevata». Per avere una diagnosi certa, serve però il tampone. «In questo momento – mette in guardia Menichetti - siamo in una fase di forte diffusione dell’Omicron rispetto a un’influenza, che circola ma è largamente minoritaria. Ritengo quindi che se un sintomatico ha un tampone antigenico positivo non serve la conferma del molecolare. Dunque, in presenza di sintomi, seppure lievi, non si deve entrare in contatto con altri soggetti. Non dimentichiamo però che dei quasi 900mila infetti oggi in isolamento, la metà buona saranno dovuti alla variante delta, che continua a rappresentare comunque un serbatoio importante».

Non sottovalutare Omicron

Intanto, seppure i primi studi disponibili sulla Omicron sembrino incoraggianti, gli esperti raccomandano di non abbassare la guardia. «I casi osservati dal sistema di sorveglianza in Sudafrica che comprende 49 strutture ospedaliere – ricorda Roberto Luzzati, professore di malattie infettive dell’Università di Trieste e direttore di Malattie infettive dell’azienda ospedaliero-universitaria – indicano un basso tasso di ricoveri. Le ospedalizzazioni sono intorno al 30 per cento dei pazienti. E quelli intubati sono poco meno del 2 per cento, contro invece il 15-16 per cento dei malati intubati durante le ondate precedenti. Quindi, questo virus sembra dimostrarsi molto meno aggressivo delle altre varianti». Ma le basse percentuali di casi gravi non devono trarre in inganno. «Se la variante Omicron prende piede in tutto il globo – osserva Luzzati – il 2-3 per cento di morti riportato in uno studio sudafricano non deve essere sottovalutato. Rimane quindi fermo il principio della necessità della vaccinazione, del distanziamento e della mascherina. Tanto più se non si è vaccinati per l’influenza. Ricordiamo che la profilassi completa, contro il Covid e l’influenza, facilita la diagnosi. E anche se siamo a gennaio, vale la pena proteggersi anche contro i virus influenzali».

Rischio malattia grave per i No vax

Seppure la Omicron, dunque, si manifesti per lo più in modo lieve, non è affatto vero che sia innocua per tutti. «La nuova variante – osserva Menichetti - riflette una minore gravità clinica, che pare tutto sommato confermata in linea generale, si ha infatti meno frequentemente un coinvolgimento del polmone. Però non dimentichiamo che la Omicron sta interessando una popolazione in larga parte vaccinata, parzialmente o completamente. E la differenza tra noi e il Sudafrica è che questa "raffreddorizzazione" dell’epidemia è dovuta anche al fatto che lì la popolazione è di 20 anni più giovane rispetto alla nostra». Dunque, massima attenzione ai sintomi. «Serve grande prudenza – rimarca Menichetti – è pericoloso banalizzare o liquidare la Omicron come una variante buona, che in nessun caso crea problemi. Sono invece convinto che li possa creare laddove trovi i non vaccinati, che sono quelli più esposti all’infezione e anche più capaci di diffonderla, tra i soggetti che sono avanti con gli anni e tra quelli con comorbidità, maggiormente dunque esposti anche al rischio di complicanze. Servono quindi misure restrittive maggiori, come per esempio il lockdown per i non vaccinati. Altrimenti, non vedo il vantaggio di fare infettare tutti liberamente. Non dimentichiamo che più il virus replica e circola liberamente e più può dare origine a nuove varianti».

L'importanza della terza dose

Come regolarsi allora in caso di sintomi simili a quelli del raffreddore? «Innanzitutto – sottolinea Menichetti - bisogna valutare il profilo di rischio, l’età e la copertura vaccinale. Quindi, se sono vaccinato con tre dosi, in linea generale si può stare abbastanza tranquilli, perché la sintomatologia dovrebbe evolvere positivamente. Se sono vaccinato parzialmente, devo stare invece un po’ più attento. Se non sono vaccinato affatto, è bene che mi preoccupi e mi metta in contatto con il medico di medicina generale o l’Usca, ossia le unità speciali di continuità assistenziale, per ricevere subito le cure adeguate».

Ultimo aggiornamento: 4 Gennaio, 21:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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