Movida selvaggia, allarme dei sindaci per i ricorsi: dopo la Cassazione i Comuni temono
un effetto a catena

Torino corre ai ripari: pronte nuove regole per la mappatura del rumore in tempo reale

Lunedì 5 Giugno 2023 di Federico Sorrentino
Movida selvaggia, allarme dei sindaci per i ricorsi: dopo la Cassazione i Comuni temono un effetto a catena

Caos sulla movida.

I Comuni rischiano di subire l’effetto domino dopo la sentenza della Cassazione che ha condannato quello di Brescia a pagare i danni per schiamazzi e i rumori, dopo il ricorso presentato da alcuni cittadini, secondo cui quel disturbo alla quiete pubblica era anche nocivo della salute degli stessi residenti.

Movida, svolta della Cassazione. «È nociva per la salute, i Comuni paghino i danni»

Una vicenda di dieci anni fa, arrivata adesso al giudizio della Cassazione, che però ora stabilisce un precedente: se i rumori sono troppo forti ed invadenti, e non viene garantito il rispetto alle norme di quiete pubblica, i residenti possono chiedere un risarcimento e il Comune è costretto a pagare. La stessa cosa, del resto, era successa a Torino, prima città italiana ad essere “sanzionata” per questa fattispecie. Lì erano stati 29 residenti, della zona San Salvario, quella appunto della movida torinese, ad avere fatto causa al Comune: hanno vinto il primo grado, ottenendo un risarcimento complessivo da 1,2 milioni di euro (circa 40 mila a residente), sceso poi a 200 mila euro in appello. Il giudizio, adesso, è davanti alla Cassazione. 


I RIMEDI
E ora è la stessa Torino, sotto la guida del sindaco dem Stefano Lo Russo, una delle prime città a correre ai ripari. A metà giugno infatti andrà in giunta una delibera di autoregolamentazione, per cercare di armonizzare vita notturna, commercio e salute dei residenti. Uno dei sistemi verrà applicato a San Salvario, quartiere “senza regole” della città, dove si cercherà di combattere gli schiamazzi notturni con la «geografia del rumore». Si studia infatti l’ipotesi di tracciare in tempo reale gli spostamenti e i livelli di decibel, agganciandosi alle celle telefoniche dei presenti e ricostruendone i movimenti, per intervenire tempestivamente nelle zone più problematiche. Da vedere, ora, se dopo la sentenza di Brescia altri Comuni seguiranno l’esempio di Torino, visto che il pronunciamento della Cassazione apre le porte allo scenario più temuto dai sindaci, quello appunto della valanga di ricorsi presentati da residenti di quartieri stanchi di fare, da anni, le ore piccole a causa della movida senza regole. Ed è un effetto domino temuto non solo nelle grandi città turistiche o d’arte, ma anche nei piccoli centri dove si vive, e sopravvive, specialmente di commercio e divertimenti by night. In estate e non solo.


Il rischio slavina è evidente e il dossier è finito anche sul tavolo dell’Anci, l’Associazione dei Comuni guidata da Antonio De Caro, sindaco di Bari, dove fanno sapere, informalmente: «Nessuna presa di posizione, per ora. Ma la situazione è delicata». Tra i grandi Comuni, Firenze e Roma sembrano serene ma la preoccupazione è tanta. Sono molti infatti i quartieri caldi della capitale. Post-lockdown, i residenti del Celio avevano presentato un esposto contro la “mala-movida” e ora le associazioni dei cittadini sono pronte a tornare sul piede di guerra, minacciando altri ricorsi. Difficile la situazione anche nel centro storico di Napoli, dove non è bastata la mano pesante del questore - decine di provvedimenti di sospensione delle attività - per far desistere molti residenti della zona di Mezzocannone e Banchi Nuovi dal vendere casa, stufi di «ambulanze bloccate, impossibilità a dormire e rincasare, festini tecno fino a tarda notte, alcol ai minori». Anche a Bari, la scorsa estate, la movida era finita in Procura con un esposto di 140 residenti dell’Umbertino «esasperati per una situazione insostenibile: un continuo disturbo a causa degli schiamazzi provocati da numerose persone assembrate all’esterno degli esercizi pubblici». 


I SINDACI
Da parte dei primi cittadini c’è evidente imbarazzo, preoccupazione e anche un pizzico di rabbia perché la sentenza della Cassazione sui coniugi di Brescia imputa alle amministrazioni la responsabilità se «non garantiscono il rispetto delle norme di quiete pubblica e di conseguenza non tutelano la salute dei cittadini». Ed è proprio questo aspetto a far storcere la bocca ai sindaci. «Non possiamo essere noi i responsabili dell’ordine pubblico, possiamo agire sulle questione amministrative, sui regolamenti del commercio, ma sugli assembramenti ad esempio deve intervenire la Prefettura e la Questura», si fa scappare un sindaco. Nella loro visione servirebbe un intervento dello Stato, nel suo complesso. Anche per non lasciare i sindaci da soli in prima fila. E con una pioggia di ricorsi.
 

Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 08:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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