«Lo spirito nella stanza era decisamente diverso da quello che abbiamo visto con la vicenda dell’Ocean Viking». L’Europa prova a spegnere le fiamme tra Italia e Francia, anche se qualche tensione continua ancora a trapelare dalle parole di Parigi. Nella riunione straordinaria dei ministri dell’Interno di ieri (la prima per il titolare del Viminale Matteo Piantedosi), convocata in fretta e furia dopo le tensioni sugli sbarchi dei migranti a bordo delle navi delle Ong, all’esercizio di diplomazia si è affiancata pure la volontà di fare passi avanti nella costruzione di una strategia comune Ue di fronte ai flussi migratori.
Nella riunione s’è ragionato di nuovi fronti di lavoro a livello Ue: a cominciare da un codice di condotta per le Ong.
La strategia europea passa da un doppio binario, su cui - ricostruiscono fonti impegnate nella trattativa - c’è «ampia convergenza» e un’apertura da parte della Commissione: freno alle partenze e potenziamento dei rimpatri attraverso accordi con i Paesi di origine e transito, da una parte, e regole chiare per disciplinare le operazioni delle imbarcazioni delle organizzazioni non governative, dall’altra. «Non possiamo e non dobbiamo lavorare crisi per crisi, nave per nave, incidente per incidente. Abbiamo, semmai, bisogno di un quadro unico, che si basi sul diritto dell’Ue», ha detto il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas, che segue il dossier, richiamando la necessità di rianimare al più presto i negoziati per l’adozione sul Patto Ue sulla migrazione e l’asilo, finora ostaggio dei veti incrociati. «Se abbiamo imparato qualcosa negli ultimi anni è che, quando si parla di migrazione, le risposte sono necessariamente europee», ha aggiunto Schinas, che ai rappresentanti dei Ventisette ha illustrato i punti del piano d’azione per la rotta del Mediterraneo centrale, diffuso da Bruxelles lunedì scorso.
La roadmap, che ieri ha ricevuto il via libera dei ministri, «ripercorre quello che l’Italia ha sempre chiesto», ha ricordato Piantedosi poco prima di lasciare Bruxelles, «molto soddisfatto dei risultati del Consiglio». In particolare sul rafforzamento della cosiddetta dimensione esterna, il che richiede «un ripensamento profondo del nostro impegno nel continente africano». Quello che serve, ha sottolineato il titolare dell’Interno rivolgendosi ai suoi colleghi Ue, è «un ruolo forte dell’Europa per migliorare il sostegno agli Stati di origine e transito, sia per sviluppare azioni di contenimento delle partenze, rafforzando il contributo Ue con un impegno strutturale e più coraggioso, sia per migliorare i meccanismi di rimpatrio di coloro i quali non hanno titolo per rimanere». Pochi gli entusiasmi, però, per rispolverare l’idea di hotspot per lo screening dei migranti direttamente in Africa, «soluzione che abbiamo già testato in passato e che ha dimostrato di non funzionare», ha tagliato corto Schinas.
DARMANIN
Al nostro Paese «nessuna richiesta in concreto» sarebbe stata rivolta, in particolare sulla necessità di consentire alle navi di sbarcare prima di avviare le redistribuzioni, un punto che il ministro francese Gérald Darmanin aveva, tuttavia, evocato prima dell’inizio dell’incontro, e reiterato poi con un tweet al termine: «Dobbiamo uscire da una situazione in cui gli stessi Stati sono chiamati tanto a far sbarcare le navi quanto a effettuare i ricollocamenti».
«Rapporti cordialissimi» e nessun faccia a faccia tra i due perché, ha spiegato invece Piantedosi, «non c’era necessità di un chiarimento con il collega francese». «Non abbiamo ragionato di casi concreti - ha aggiunto il ministro -, ma è stato semmai fatto un discorso di metodo, che si applica anche ad altre rotte, non solo al Mediterraneo centrale». E infatti l’Austria è adesso in pressing sull’esecutivo Ue per chiedere un piano d’azione dedicato alla rotta balcanica, dove gli arrivi continuano a crescere e sono superiori agli sbarchi.