Migranti, il piano per i rimpatri: estendere alla Tunisia lo status di porto sicuro

Mercoledì 25 Settembre 2019 di Cristiana Mangani
Migranti, il piano per i rimpatri: estendere alla Tunisia lo status di porto sicuro
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Ne ha parlato il premier Conte dagli Usa e altrettanto va ripetendo il ministro degli Esteri Di Maio: «A giorni arriveranno delle novità epocali sui rimpatri». E in effetti qualcosa si sta muovendo. Le ipotesi di piano ormai avviate e in dirittura di arrivo, riguardano due punti fondamentali: l'ampliamento del numero dei porti considerati sicuri e l'applicazione del Decreto sicurezza di Salvini nella parte in cui prevede che, in tema di asilo, anche Roma possa stilare un elenco di paesi d'origine sicuri, seguendo la direttiva europea 2013/32 che offre agli stati membri la possibilità di crearne uno.
Finora il nostro governo non l'aveva sfruttata perché la nozione di paese d'origine sicuro contrasta con quella di diritto d'asilo individuale. Ma ora che il concetto è stato introdotto con il Dl, è quasi certo che seguiremo l'esempio degli altri 16 stati europei che lo hanno attuato.

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LE CRISI IN MARE
In più occasioni, durante le crisi che si sono registrate in mare in questi ultimi 14 mesi, le navi delle Ong hanno contestato le alternative di approdo all'Italia o a Malta, perché non considerate sicure. Due giorni fa, Luigi Di Maio ha avuto un incontro alla Conferenza dell'Onu con il suo omologo tunisino Khemaies Jhinaoui. E l'obiettivo del dialogo è stato quello di ribadire l'impegno economico del nostro paese, di assicurare gli investimenti a molti zeri sul territorio, e dunque di spingere affinché la Tunisia accetti di essere considerata un porto dove poter attraccare in sicurezza. Lo stesso ha fatto il premier Conte con il presidente egiziano al Sisi, da dove partono molti migranti. E le trattative stanno riguardando l'Algeria, oltre al Mali e alla Costa D'Avorio, con i quali si sta cercando di chiudere un accordo per fermare le partenze.

IL RICONOSCIMENTO
Dopo mesi di tensione, dunque, Tunisi torna a essere un partner importante. E le Ong che si sono rifiutate di far sbarcare lì i migranti, perché lo definiscono paese non sicuro, di fronte a una valutazione europea che gli conferisce lo status, difficilmente potranno sottrarsi.
Il piano italiano dovrà fare comunque i conti con alcune questioni aperte da sempre: la Tunisia è un paese dove manca una legge che consenta di presentare una richiesta di protezione umanitaria. Questo vuol dire che se si troveranno a sbarcare migranti provenienti da zone di guerra, sarà impossibile per loro riuscire a ottenere le tutele richieste.
«Uno stato diventa sicuro se ci sono partenze significative - viene spiegato da un addetto ai lavori -. Altrimenti non è necessario considerarlo tale». Ed è per questo che l'Italia guarda con attenzione a quei paesi africani, come la Nigeria, la Tunisia, l'Eritrea o il Sudan, dai quali proviene una quota significativa dei migranti che arrivano sulle nostre coste.
Il Regno Unito, prima di noi, si è dotato di un elenco di paesi d'origine sicuri e la Nigeria è considerata uno di questi. Se i richiedenti asilo provengono da quella zona, rischiano di vedersi respinte le richieste.
Ed è questo il principio dal quale vuole partire l'Italia rendendo così più difficile l'ottenimento di una protezione internazionale o dello status di rifugiato. In termini pratici, vorrà dire poter escludere dall'ottenimento di una protezione tutti coloro che hanno provenienze certe e non a rischio guerra o persecuzione, e quindi velocizzare di molto i tempi per i rimpatri.
La legge 132/2018 modifica anche le procedure di frontiera. E il risultato più probabile è che le domande di protezione internazionale vengano esaminate in via prioritaria direttamente nei luoghi di sbarco o di ingresso sul territorio. Ipoteticamente anche all'interno degli hotspot.

I TEMPI
L'esame delle richieste sarà prioritario e accelerato. Una volta ricevuti i documenti, le Commissioni territoriali avranno 5 giorni di tempo per la decisione. Questo tipo di procedura comporterà l'impossibilità di dimostrare di non appartenere a un paese di origine sicuro e in ogni caso avrà un tempo più ridotto a confronto dei diciotto mesi previsti come durata massima per la procedura ordinaria.
 

Ultimo aggiornamento: 13:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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