Mascherine, 46 miliardi quelle usate in due anni dagli italiani per difendersi dal Covid. Allarme per l'ambiente

Affiancano ora i mozziconi di sigaretta fra i rifiuti più gettati all'aperto

Lunedì 2 Maggio 2022
Mascherine, 46 miliardi quelle usate in due anni dagli italiani per difendersi dal Covid. Allarme per l'ambiente

Mascherine, tolta una minoranza di italiani che non sono stati costretti a usarle (neonati e anziani che non possono uscire di casa, in particolare) ne restano almeno 50 milioni che invece da due anni ne hanno una con loro: sarebbero allora almeno 46 miliardi le mascherine utilizzate in Italia da inizio pandemia ad oggi, e ben 129 miliardi a livello globale quelle consumate ogni mese, ovvero 3 milioni al minuto.

Il costo? Se ricordate - ed è impossibile dimenticare - le speculazioni della primavera 2020 con le mascherine introvabili se non in ferramenta a prezzi vergognosi (anche 10 euro al pezzo per una pseudo Ffp2) e ipotizzate una media con i prezzi calmierati delle Ffp2 vere a 50 centesimi si raggiungono cifre astronomiche. Ed è solo, in fatto di mascherine, la prima spesa legata alle indispensabili mascherine, poi sta già arrivando quella dell'inquinamento causato da chi non le ha smaltite seguendo le regole. Le mascherine hanno preso purtroppo affiancato i mozziconi di sigaretta: sono ovunque. 

Quei 46 miliardi rappresentano la prima stima che arriva dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima). Ai circa 2 miliardi di mascherine utilizzate in Italia dalla popolazione scolastica a partire dallo scoppio dell'emergenza Covid-19 nel nostro Paese, si aggiungerebbero i 16 miliardi in capo ai lavoratori e una quota stimabile in 28 miliardi per l'utilizzo quotidiano nelle varie situazioni indoor e outdoor dall'inizio dell'emergenza sanitaria, per un totale di 46 miliardi di mascherine.

Ma come si è arrivati a quella cifra di 46 miliardi di mascherine?

«Per arrivare a una stima delle mascherine utilizzate in Italia nei due anni di pandemia - scrivono da Sima -  abbiamo effettuato delle simulazioni su tre macro-categorie di utilizzatori: lavoratori,  comparto scuola e utenti generici. In primis assumendo che i 22 milioni di lavoratori italiani (dato 2020) abbiano utilizzato almeno una mascherina (come da obbligo di legge) per 700 giorni; a questi si aggiungono gli 8 milioni di studenti che ne hanno usato almeno una per circa 300 giorni di scuola nei due anni (per tenere conto delle chiusure per Dad diversificate a livello locale); infine, abbiamo considerato che due terzi degli italiani (40 milioni di persone) abbiano utilizzato almeno una mascherina per uscire di casa in 700 giorni nei due anni di pandemia. I totali così ricavati ammontano a 2,4 miliardi di mascherine per il settore scolastico, 15,4 miliardi per quello lavorativo e 28 miliardi per l'uso quotidiano da parte dei cittadini attivi. Si tratta di una prima stima, presentata come del tutto conservativa in quanto non tiene conto dei tempi di ricambio delle mascherina consigliati per l'utilizzo continuativo nell'arco della giornata. Altre analisi di scenario che tengono conto del ricambio almeno di una quota di mascherine durante la giornata lavorativa o nell'uso quotidiano arriverebbero infatti a produrre stime maggiorate dal 50 al 100 percento rispetto a quella più conservativa da noi quantificata in 46 miliardi di mascherine utilizzate in due anni».

«Queste cifre racchiudono un impatto sociale, ambientale ed economico che si commenta da solo» afferma il Alessandro Miani, presidente di Sima. Per quanto riguarda l'impatto meramente ambientale, l'Oms ha stimato in 3,4 miliardi le mascherine che finiscono ogni giorno nella spazzatura (dato globale), assieme a 140 milioni di kit di test, che hanno il potenziale di generare 2.600 tonnellate di rifiuti non infettivi (principalmente plastica) e 731.000 litri di rifiuti chimici. 

 

Un recente studio apparso su Environmental Advances ha rivelato come buona parte delle mascherine finisca in acqua (quasi 5.500 tonnellate metriche di plastica ogni anno con una stima ottimistica al ribasso) evidenziando inoltre come una singola mascherina potrebbe rilasciare fino a 173mila microfibre di plastica al giorno negli oceani, con possibili danni da ostruzione in seguito ad ingestione, ed effetti tossicologici dovuti alla veicolazione di contaminanti chimici e biologici. Preoccupa inoltre la presenza di frazioni sub-micrometriche, potenzialmente capaci di attraversare le barriere biologiche.

«Come società scientifica siamo favorevoli al proseguimento dell'utilizzo delle mascherine negli ambienti indoor, ma al contempo abbiamo il dovere di evidenziare che ponendo adeguata attenzione alla qualità dell'aria indoor con semplici (oltre che economici) dispositivi di monitoraggio della CO2 ed eventuale ricorso a sistemi di purificazione dell'aria o ventilazione meccanica controllata (Vmc) è possibile recuperare una fruibilità in piena sicurezza di tutti gli spazi al chiuso o ambienti confinati anche senza usare questi dispositivi di protezione individuale, di cui speriamo di poter fare presto tutti a meno», conclude il presidente Sima.

Ultimo aggiornamento: 11:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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