Mascherine e Green pass, da oggi le nuove regole. Abrignani: «Ora dobbiamo rischiare, avremo qualche centinaio di morti in più al mese»

L’immunologo: è socialmente accettabile una minoranza contagiata in modo severo

Domenica 1 Maggio 2022 di Graziella Melina
Green pass, da oggi le nuove regole. Abrignani: «Il certificato ha funzionato, ma ora dobbiamo rischiare»
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Da oggi niente più green pass a portata di mano, né mascherine obbligatorie. Ma serve cautela, perché «il virus continua a circolare - mette in guardia Sergio Abrignani, ordinario di immunologia dell’Università Statale di Milano - E se alcune restrizioni decadono è solo perché dopo due anni di pandemia abbiamo accettato socialmente che ci sarà una piccola parte di popolazione che si ammalerà in modo severo perché senza green pass e mascherine sarà più esposta al rischio».

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Chiariamo un primo aspetto. Finora il green pass è stato utile?
«Il green pass è servito a mitigare il rischio, ha permesso che circolassero meno persone non vaccinate, ed entrassero meno in contatto i soggetti vaccinati con i non vaccinati, ossia i soggetti che avevano maggiore rischio di infettarsi».
Però, anche chi si è vaccinato e aveva il green pass era potenzialmente contagioso…
«Parliamo sempre di mitigazione del rischio, non di protezione assoluta. Chi è vaccinato con tre dosi è protetto al 90% dalla malattia severa, ma con la variante Omicron è protetto al 65 per cento dal rischio di infettarsi. Chi non è vaccinato ha ovviamente un rischio d’infezione assoluto e quando è infettato ha un rischio di morire 10 volte più alto di un vaccinato che si infetti».
E allora perché non lo si dovrà usare più?
«Penso che ora, dopo due anni di pandemia, si accetta il rischio.

Abbiamo ancora decine di migliaia di infezioni e più di cento morti al giorno, parliamo ancora di un virus che circola tanto, però abbiamo accettato l’idea che ormai abbiamo fatto il massimo. Vi è poi il vantaggio che andiamo verso una situazione di attenuazione naturale della diffusione virale, la primavera avanzata e l’estate, quando in genere tutti i virus delle vie aeree si attenuano perché le persone vivono di più all’aperto, c’è meno contatto ravvicinato al chiuso e anche lì ci sono più ricambi d’aria perché si sta con le finestre aperte. Questo è il momento giusto».


Però, i morti ci sono ancora e sono tanti. Cosa è cambiato allora?
«Quando c’è stata la “brutta” influenza del 2018, si sono infettati 8-10 milioni di italiani e ne sono morti circa 10mila in 4 mesi. Ma non si è bloccata l’Italia. Oggi sappiamo di aver fatto il possibile, abbiamo vaccinato l’85 per cento della popolazione vaccinabile, e abbiamo adottato diverse misure di contenimento. Ecco ora si accetta di vivere in una situazione in cui ogni mese potrebbe morire di covid qualche centinaio di persone in più rispetto a ciò che avverrebbe con le misure usate fino a oggi. E saranno per un 35% gli ultra ottantenni vaccinati, per un 40% gli ultra sessantenni non vaccinati (anche se rappresentano solo il 6% degli ultra60enni), per un 25% gli “ipovaccinati” con una o due dosi».
Ma a ottobre il green pass potrebbe servire di nuovo?
«La certificazione verde è stata una scelta di politica sanitaria adottata per mitigare il rischio quando vi era un livello di circolazione virale elevata e ancora pochi vaccinati. Speriamo di non trovarci più in una situazione simile, che implicherebbe la comparsa di una nuova variante che sfugga alla protezione da malattia severa degli attuali vaccini».
Almeno le mascherine sarebbe importante tenerle ancora?
«È dimostrato che la mascherina al chiuso e con assembramenti mitiga molto il rischio d’infezione. Non è stato tolto l’obbligo perché le mascherine non servono, ma perché accettiamo un possibile maggiore rischio».
Però, così facendo, forse aumenta la percezione che la pandemia sia finita.
«I numeri ci dicono che la pandemia non è affatto finita, ogni giorno abbiamo 50mila infezioni e 100-150 morti. Però, per fortuna, andiamo verso la stagione calda quando il virus dovrebbe circolare di meno».
Guardando indietro, che cos’altro si sarebbe potuto fare?
«Tecnicamente, io avrei messo l’obbligo vaccinale fin dal gennaio del 2021. Ma questa sono scelte politiche».
E per i prossimi mesi?
«Per tutto il mondo ora è importante vaccinare il più possibile, monitorare con grande attenzione l’insorgenza di nuove varianti, sviluppare nuovi e più efficaci farmaci antivirali. Dal punto di vista logistico, dobbiamo sempre essere pronti a rimettere in moto la macchina sanitaria che ci ha consentito, solo in Italia, di vaccinare quasi 50 milioni di persone in un anno. Infine, abituarsi sempre più al fatto che questo virus ci accompagnerà per un bel po’ e quindi accettare socialmente l’idea che dobbiamo vivere normalmente anche con questo sgradito ospite fra di noi».

Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 13:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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