Conte in pressing sui big europei. E riscrive le misure con il Tesoro

Venerdì 14 Dicembre 2018 di Marco Conti
Conte in pressing sui big europei. E riscrive le misure con il Tesoro
Dal nostro inviato

BRUXELLES Il giorno dopo l'annuncio di voler ridurre di circa 8 miliardi la manovra di Bilancio, Giuseppe Conte torna a Bruxelles per il Consiglio europeo e fare campagna elettorale per il quasi accordo con la Commissione. A poche decine di metri il ministro dell'Economia Giovanni Tria, il commissario Pierre Moscovici e il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis analizzano e studiano le tabelle di spesa delle principali misure che dovrebbero finire nella manovra. A Bruxelles è arrivata anche la struttura del Mef guidata dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera e per Tria è una sorta di rivincita dopo giornate difficili.

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ELOGI UNANIMI
Conte presidia un tavolo, quello del Consiglio europeo, e a distanza ne segue un altro. Nel palazzo di Justus Lipsius i Ventotto discutono della proroga delle sanzioni a Mosca, del bilancio comunitario e della Brexit, ma Conte in questo momento ha altro per la testa e l'obiettivo è quello di poter parlare a quattrocchi con la Cancelliera Merkel, il premier belga Michel, l'olandese Rutte, il portoghese Costa e i leader dei paesi che condividono la moneta unica, Macron compreso
L'apprezzamento per il lavoro fatto da Conte nelle scorse settimane - quando ha tirato fuori Di Maio e Salvini dalla spirale propagandistica che ha fatto schizzare lo spread incontrando a ripetizione Jean Claude Juncker - è pressoché unanime. Il presidente della Commissione Ue riceve altrettanti complimenti per aver teso la mano al premier italiano. Nell'unanime sospiro di sollievo che caratterizza la prima giornata dell'ultimo Consiglio dell'anno, si comprende bene come la procedura d'infrazione alla fine non convenisse a nessuno. Per l'Italia si sarebbe trasformata in un costo pesantissimo per le famiglie, e per Bruxelles nel più clamoroso degli assist per sovranisti e antieuropeisti.

Resta il fatto che a Conte interessa mettere agli atti il via libera politico delle cancellerie perché aiuta ad ottenere il nulla osta tecnico che impegnerà probabilmente sino a domenica il ministro Tria. Il tempo a disposizione è infatti poco sia per la Commissione, che deve consegnare entro lunedì la sua relazione all'Ecofin sul bilancio italiano, sia per il governo che lo stesso giorno deve presentare a palazzo Madama l'emendamento che cambierà la manovra rivedendo anche i saldi di finanza pubblica. Uno slittamento della valutazione dell'Ecofin è sempre possibile, anche perché nella manovra non ci saranno i due provvedimenti di spesa, Reddito e Quota 100, più impegnativi per le casse dello Stato. Lo spirito e il clima che circonda la trattativa è particolarmente positivo anche se l'analisi in corso rischia di stringere ancor più i margini effettivi della manovra e crea fibrillazioni nella maggioranza.
Dopo la cena con Conte, reduce dal faccia a faccia con Juncker e dall'annuncio del 2,04%, i due vicepremier ieri mattina firmano una nota che conferma al premier il mandato a trattare ancora. «Sono soddisfatto, lavoriamo nell'interesse degli italiani e riteniamo che la nostra sia un'ottima proposta anche nell'interesse degli europei», le uniche parole di Conte davanti ai taccuini. Ottimismo ma anche prudenza perché cantare vittoria rischia di irrigidire l'ala dura. che contesta la bozza italiana dove c'è solo la previsione del dimezzamento del peggioramento del deficit strutturale quando la Ue chiede un suo miglioramento.

Nella cena romana Conte ha promesso a Di Maio e Salvini che non ci saranno ulteriori passi indietro, ma quelli fatti sono comunque pesanti e comportano la caccia a otto miliardi. La platea di Reddito e Quota 100 rischia quindi di stringersi perché all'appello mancherebbero ancora 4 miliardi. Dentro il M5S e la Lega la tensione è fortissima. Salvini ha tagliato le pensioni di quasi 2 miliardi mentre il Reddito ha perso, dalla notte del balcone, solo 800 milioni di euro. Il problema per Di Maio è che un ulteriore taglio al Reddito rischia di rendere impossibile la riforma che dovrebbe partire dai centri per l'impiego.
Alla fine toccherà a Conte decidere «non secondo equità, ma secondo le esigenze», spiegava ieri sera un ministro. Come a dire che per il premier tocca ora andare in soccorso di Di Maio e che, per evitare eventuali sorprese al momento del voto, la Lega dovrà cedere ancora qualcosa.
 
Ultimo aggiornamento: 08:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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