Inondazioni Emilia Romagna, il geologo: «Le previsioni erano giuste, ma non servono a niente senza cura per il territorio»

«Mancano diverse opere indispensabili, a partire dalle vie di fuga per l'acqua»

Mercoledì 17 Maggio 2023 di Valeria Arnaldi
Inondazioni Emilia Romagna, il geologo: «Le previsioni erano giuste, ma non servono a niente senza cura per il territorio»

Alluvioni, esondazioni, frane.

E, come conseguenze, evacuazioni, crolli e molto ancora. Il maltempo continua ad abbattersi su Emilia-Romagna e Marche, determinando situazioni spesso critiche, nonostante l'allerta.

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Andrea Billi, geologo dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr, cosa sta accadendo?
«I mutamenti climatici hanno alterato gli equilibri precedenti. L'inverno è stato molto secco. Prima c'è stata la siccità, ora queste precipitazioni così ravvicinate non danno tempo al terreno di assorbire le acque, che si concentrano in ruscelli e fiumi. Poi ci sono le alterazioni causate dall'uomo: consumiamo una grande quantità di terreno ogni anno, siamo il quarto Paese a livello europeo da questo punto di vista, ma la situazione geologica altrove non è così complicata».


Perché, nonostante i pericoli siano annunciati, non si riesce a fare prevenzione?
«Dedichiamo davvero poca cura al territorio. Ci riempiamo la bocca della parola "ambiente", ma, nella pratica, facciamo poco. Mancano vie di fuga per le acque. E si possono creare anche in aree già molto costruite, realizzando vie di drenaggio sotterranee. Bisogna prevederle e si può fare».


Allora perché non accade?
«Geologi, ingegneri e tecnici sanno dove passa l'acqua ma sono poco consultati. Non c'è un presidio del territorio. Occorrerebbero geologi più diffusi a livello nazionale e regionale. E dovrebbero fare da raccordo tra cittadini e istituzioni. I cittadini devono essere geoinformati ma, di solito, non è così».


Questo presidio consentirebbe di evitare le situazioni critiche?
«Sappiamo dire quali sono le zone a rischio frana e dove sono le vie di drenaggio di fiumi e torrenti. Non possiamo dire quando si verificheranno eventi critici, ma sappiamo quali aree, nei prossimi anni, saranno problematiche in caso di precipitazioni intense e ravvicinate. Esistono studi ad hoc e molte regioni hanno mappature delle zone a rischio. Laddove non ci sono, devono essere fatte».


Occorre rivedere anche il sistema di argini dei fiumi?
«Sui fiumi grandi, si è fatto molto, il problema spesso sono le acque di ruscellamento diffuse, delle quali prima, di fatto, si occupavano gli agricoltori, consapevoli che un'alluvione porta via il raccolto. Oggi le grandi concentrazioni di popolazione sono nelle città, pochi sanno camminare in un bosco, siamo abituati a muoverci sull'asfalto. C'è scarsa conoscenza del funzionamento del territorio».


Manca la cultura dell'ambiente?
«Sì, c'è carenza di educazione in queste materie. Nei licei, sono previsti potenziamenti di inglese, informatica, intelligenza artificiale, tutte materie utilissime, ma non c'è alcun potenziamento sulle scienze della Terra, sui meccanismi del pianeta. E gli effetti si vedono. Sappiamo tutto su come funziona il telefonino, ma poco o nulla dell'ambiente in cui viviamo».


Guardando al futuro, in cui gli episodi estremi saranno sempre più frequenti, come bisognerebbe intervenire?
«Serve il presidio diffuso di geologi e tecnici. Occorrerebbe inserire nei fascicoli di fabbricato, anche informazioni geologiche per presidiare il territorio. E le assicurazioni dovrebbero dotarsi di tecnici ad hoc. Bisogna, inoltre, fare educazione nelle scuole. Fino ad oggi, si è contato sul fatto che le precipitazioni frequenti erano poche e si potevano tamponare i loro effetti. Adesso non è più così».
 

Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 08:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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