Il primo pensiero è andato alla figlia Sofia: «Voglio abbracciarla, vederla di persona, l’ultimo ricordo che ho di quella mattina è la sua immagine, il suo corpo che si frapponeva tra il mio e quello del mio ex marito, è stata lei a farmi da scudo e a impedire che mi ammazzasse.
Ladispoli, Sofia si sveglia dal coma: «Ho cercato di difendere mamma, papà voleva ucciderci»
FIORI DALL’ASSESSORE La donna, insegnante di italiano alle scuole medie, la mattina del 21 aprile ha visto in faccia la morte: il marito che lei aveva deciso di lasciare un mese prima si è ripresentato nella loro casa di via Milano a Ladispoli; erano circa le 7. I due hanno cominciato a litigare, le urla, poi quel coltellaccio afferrato dall’uomo, Fabrizio Angeloni, 49 anni, progettista ricercatore all’Istituto di fisica nucleare, e i fendenti inferti con ferocia inaudita. Silvia viene colpita per tre volte, allo stomaco e al petto. Coltellate che hanno danneggiato gli organi interni e hanno provocato una grave emorragia. La donna, trasportata d’urgenza al San Camillio, è rimasta per oltre tre ore in sala operatoria, nelle mani di una équipe multidisciplinare coordinata dal professore Pierluigi Marini. Le sue condizioni erano disperate, ma i parametri hanno retto, Silvia ha lottato come un leone fino a quando, giovedì, i sanitari non hanno deciso di estubarla. Ieri mattina a farle visita portandole un mazzo di fiori è stato l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, presenti gli stessi medici che l’hanno operata. «Silvia sta bene e ha iniziato la fisioterapia per la riabilitazione - spiega l’assessore - Non vede l’ora di riabbracciare sua figlia e di poter uscire a rivedere il sole per ricominciare una nuova vita insieme a lei. Continuerà ad essere seguita anche da una équipe di psicologi. Oggi è una bellissima giornata, auguro a Silvia e a sua figlia un futuro roseo, lontano da episodi di violenza come questo e desidero ringraziare i professionisti dell’azienda ospedaliera San Camillo che hanno salvato la vita a Silvia». Non appena le sue condizioni saranno giudicate ottimali dai medici, la donna sarà sentita anche dagli investigatori dell’Arma.
LE TELEFONATE Mamma e figlia si sono già sentite per telefono e, ieri, i sanitari stavano cercando di organizzare almeno una videochiamata in attesa di un abbraccio reale. Anche Sofia, ricoverata al Bambino Gesù di Palidoro, sta meglio e nei giorni scorsi ha confermato agli inquirenti la dinamica dei fatti ricostruita dai carabinieri: la furia cieca del padre, i colpi, lei che fugge sul pianerottolo in cerca di aiuto, il genitore che dopo avere cercato di ucciderle tenta a sua volta di ferirsi a morte. Ieri Silvia si è rialzata per la prima volta e ha provato a muovere anche i primi passi nel lungo corridoio del padiglione “Piastra”. «Ero una grande camminatrice, camminavo anche due ore al giorno e tornerò a farlo». La nuova vita di Silvia e Sofia è appena ricominciata. Vittime di un tentato duplice femminicidio da parte dell’uomo che più di tutti avrebbe dovuto proteggerle. L’uomo è stato arrestato dai carabinieri di Civitavecchia la sera stessa, si trova al Gemelli ancora piantonato. Anche le sue condizioni sono migliorate.