Ercolino, il «dominus» del ministero sempre in piedi dopo sette governi

Martedì 17 Marzo 2015 di Umberto Mancini
Ercolino, il «dominus» del ministero sempre in piedi dopo sette governi
ROMA - Un super burocrate schivo e riservato. Con la fama di grande tecnico. Apprezzato e rispettato perché memoria storica delle grandi opere, di quelle realizzate e delle incompiute: perlomeno fino alla bufera giudiziaria che ieri lo ha investito.

Lui, Ercole Incalza, capace di resistere a sette governi e a cinque ministri, da 14 anni era nella stanza dei bottoni del ministero delle Infrastrutture. Per questo sul suo tavolo, al secondo piano del Palazzone di Porta Pia, sono passati tutti i principali piani di sviluppo infrastrutturale del Paese, dalla Tav all'Expo. Siciliano, settant'anni compiuti a Ferragosto, l'ormai ex capo della struttura di missione al ministero era andato in pensione a fine 2014, chiudendo di fatto un'epoca.



Secondo l'accusa sarebbe stato proprio lui, definito «potentissimo dirigente» del ministero dei Lavori Pubblici, il principale artefice del «sistema corruttivo» scoperto dalla procura di Firenze. Laureato in ingegneria civile, Incalza si è occupato personalmente dei più importanti dossier del settore: autostrade, grandi porti, ferrovie. Dirigente generale del ministero dei Trasporti dal 1985, nell'agosto 1991 passa alle Ferrovie dello Stato per diventare amministratore delegato della Tav, alla cui direzione rimane fino al novembre 1996. Poi la lunga carriera al ministero.



LUNGO CORSO

Nel 2001 è capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi (governo Berlusconi) per poi lavorare, sempre con lo stesso incarico, per il ministro Antonio Di Pietro (governo Prodi), quindi viene promosso capo struttura di missione da Altero Matteoli (governo Berlusconi), confermato da Corrado Passera (governo Monti), quindi da Lupi sia nell'ambito del governo Letta sia con Renzi. In verità, «Ercolino, che fa il bello e il cattivo tempo», come lo descrive un alto dirigente delle Ferrovie dello Stato, era già finito nel mirino dei giudici, tanto da finire indagato in ben 14 procedimenti: tutti conclusi con il suo proscioglimento. Nel 1991, ad esempio, è al fianco di Lorenzo Necci per gestire l'alta velocità. Coinvolto nell'inchiesta del 1996 a Roma, è arrestato nel 1998 a Perugia con l'accusa di avere corrotto il magistrato che avrebbe dovuto indagare su quelle vicende. Sarà poi prosciolto grazie al beneficio della prescrizione.



Numerose sono invece le archiviazioni perchè «il fatto non sussiste». Non è stato invece indagato dai pm nell'indagine sulla Cricca dei grandi eventi che ha portato agli arresti di Diego Anemone e Angelo Balducci. Anche se dalle indagini è emerso che l'architetto Angelo Zampolini, uomo di fiducia del costruttore Diego Anemone, il 7 luglio 2004 consegnava 520 mila euro in assegni al venditore di una casa da 8,5 vani a due passi da Piazza del Popolo. L'appartamento era stato scelto dalla figlia di Incalza e ad acquistarla era stato il genero, Alberto Donati, che aveva sborsato 390 mila euro, il prezzo dichiarato al notaio. Un mese prima Zampolini, che ha raccontato di avere fatto un sopralluogo con Incalza, aveva firmato un preliminare con il prezzo di 1 milione 140 mila euro. Il genero Donati nel 2010 alla GdF dichiarò: «Io e mia moglie cercavamo una casa e tramite mio suocero, Ercole Incalza all'epoca consigliere del ministro Lunardi, su suggerimento dato da Angelo Balducci a mio suocero, fummo contattati dall'architetto Angelo Zampolini. Non ricordo di avere fatto preliminari. Il 7 luglio noi consegnammo l'intera cifra pattuita che era di 390 mila euro». Sul punto Incalza, rimasto fuori dall'inchiesta, non ha mai dato spiegazioni.
Ultimo aggiornamento: 08:06

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