Guerra Ucraina, Stefanini: «Cina decisiva per fermare la guerra. Jet all’Ucraina? Sì, ma ci vorrà tempo»

L'ex rappresentante presso la Nato: "Xi si allontana dalle posizioni russe ed è quello che aspettavamo da mesi"

Domenica 19 Febbraio 2023 di Marco Ventura

La proposta di pace di Wang Yi, capo della diplomazia di Pechino, è l’asso nella manica cinese per metter fine alla guerra? «La novità importante è il rispetto della sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina. In qualsiasi modo la proposta venga poi tradotta in pratica, implica la possibilità di contestare le annessioni russe». Per l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante dell’Italia presso la Nato e ex consigliere diplomatico del presidente Napolitano, «bisognerà vedere come la proposta sarà formulata, ma comunque allontana la Cina dalle posizioni russe.

Ce lo auguravamo da mesi ed è il senso del messaggio consegnato a Wang Yi nella sua visita a Roma: usare l’influenza di Pechino per arrivare alla pace».

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Wang Yi dice no all’uso dell’arma nucleare.

«Altro elemento importantissimo. La linea rossa sulle armi di distruzione di massa non è una novità per la Cina, ma è significativo che sia indicata esplicitamente anche rispetto alle armi batteriologiche e chimiche, perché queste ultime sono state usate in Siria dal regime di Assad con l’avallo dei russi. La mossa di Pechino sembra essere un grande passo in avanti e un cambiamento rispetto alla neutralità osservata finora.»

Il presidente Macron evoca il pericolo nucleare. La Russia potrebbe davvero lanciare l’atomica?

«È opinione generale che la Russia potrebbe ricorrere a armi di distruzione di massa, per esempio alle armi nucleari tattiche, se si trovasse in difficoltà e la guerra entrasse in Russia. È difficile capire quale sia la linea rossa per Putin. Sicuramente il territorio della Federazione. Avendo però dichiarato l’annessione di regioni ucraine, Mosca potrebbe considerare già superato il limite se vedesse minacciata una conquista che considera definitiva come la Crimea. Potrebbe decidere di difenderla con tutti i mezzi. Gli avvisi che Mosca ha ricevuto non solo dagli occidentali, ma da Paesi come la Cina, sono stati fortissimi. In uno scenario di normalità, possiamo escludere che ricorra ad armi non convenzionali, ma è da un anno che ci muoviamo in scenari per nulla normali. Nessuno voleva la guerra in Occidente, neppure l’Ucraina, ma Putin l’ha fatta, e non sappiamo oggi fin dove sia disposto a spingersi. Quale paese può permettersi di perdere, senza battere ciglio, dai 100 ai 200mila uomini, oltre il doppio dei caduti americani in Vietnam in più di dieci anni?»

Lei è tra i firmatari di un «avviso sul nucleare» reso pubblico a Monaco. Con quali obiettivi?

«Questa conferenza di Monaco è la prima che si tiene con la guerra in Europa, una guerra in cui la parola “nucleare” è stata irresponsabilmente pronunciata dai russi. Lo “Euro-Atlantic Security Leadership Group” ha messo insieme voci americane, europee e anche russe, il che non è stato facile, per mettere sull’avviso dei rischi di una guerra nucleare, con un triplice messaggio. Il primo invita le potenze atomiche a mettere a punto meccanismi di sicurezza per evitare incidenti, specie causati da attacchi cyber o intrusioni. Su questo, gli Usa hanno già annunciato una revisione delle procedure interne. Il secondo passo, più importante, è l’invito a russi e americani a riprendere i negoziati sul controllo delle armi strategiche “al netto” della guerra in Ucraina: i rischi di una sciagura nucleare prevalgono su tutto. Il terzo punto riguarda i negoziati fra tutte le potenze nucleari sul controllo e la limitazione degli armamenti. Un invito anche alla Cina.»

Zelensky chiede i jet. Bisogna darglieli?

«Se la fornitura di velivoli diventa indispensabile per fermare la guerra, sì. L’addestramento richiede molto più tempo che sui carri armati, decidere oggi di dare i jet sarebbe un segnale psicologico a Putin: puoi continuare la guerra quanto vuoi, troverai altra resistenza, perché noi già ci impegniamo a dotare gli ucraini di mezzi che tra un anno saranno pronti. Una ipoteca sulla volontà di sostegno occidentale all’Ucraina. Se e quando, dipenderà dalle circostanze... Ai tank siamo arrivati vedendo l’offensiva massiccia che la Russia stava preparando.»

 

Martedì parleranno Biden e Putin. Che cosa diranno?

«Biden possiamo immaginarcelo. Confermerà l’appoggio a Kiev a ogni costo, e dirà che lo scopo della guerra non è sconfiggere la Russia ma difendere l’Ucraina. Non darà indicazioni di voler negoziare, la decisione di un cessate il fuoco spetta agli ucraini. In privato può dare, e dà, consigli a Zelensky, non in un discorso pubblico. Quanto a Putin, è un’incognita: finora nei discorsi ha sempre rilanciato. Se desse un qualsiasi segnale di disponibilità a negoziare, sarebbe più che benvenuto. Ma se anche lo farà, dirà che le annessioni non si toccano. Un ‘no go’ per l’Ucraina. Se dicesse che sono negoziabili, ci si potrebbe sedere al tavolo della pace. Al cessate il fuoco si arriva invece per esaurimento e dubito che Putin oggi possa dare il messaggio di aver esaurito le risorse. Spero di sbagliarmi, non mi aspetto grandi segnali positivi. Dobbiamo attendere l’effetto della volontà cinese di lavorare per la pace, non in tempi brevi. È probabile che Putin risponda con aggressività alla conferenza di Monaco.»

La guerra sarà ancora lunga?

«Sarà lunga, finché questa novità di un’eventuale effettiva azione di pace cinese non comincerà a produrre i suoi effetti, ma prima dovrà giocarsi il dramma dell’offensiva che i russi stanno preparando.»

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 18:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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