Resta lo scoglio più difficile da aggirare. Chi pagherà i tamponi dei lavoratori non vaccinati? La parola gratis è bandita in seno al governo, salvo per i fragili esentati.
Green pass, “totem” o un addetto per le verifiche in azienda. Nel pubblico ipotesi app
LA SPINTA
Il Green pass - è quanto i sindacati si sono sentiti dire dal governo durante la riunione - «è lo strumento per aumentare la propensione a vaccinarsi nella popolazione, per convincere le persone a farsi inoculare il siero anti-Covid. Se i tamponi fossero gratuiti, dal punto di vista dell'effetto deterrente, il Gren pass avrebbe le armi spuntate. Di gratuito c'è già il vaccino».
Una tesi che non convince per niente i sindacati. «Secondo noi la gratuità del tampone favorirebbe il consenso e non la divisione» nei confronti del lasciapassare, osserva il numero uno Cgil, Maurizio Landini. C'è anche un altro ragionamento che i sindacati hanno esposto al premier e ai ministri Orlando, Giorgetti, Brunetta e Speranza che hanno partecipato alle due ore di riunione a Palazzo Chigi: se il Green pass è uno strumento che serve ad aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro limitando il contagio, allora a maggior ragione non può essere a carico dei dipendenti. «I costi della sicurezza sul lavoro non li devono certo pagare i lavoratori» sottolinea Bombardieri. Toni più accomodanti in casa Cisl. «Per noi rimane determinante la garanzia sulla gratuità di tamponi per i lavoratori fragili: contestualmente vanno trovate soluzioni per scongiurare che tutti i lavoratori si carichino di costi impropri, vista l'emergenza sanitaria e la consolidata consuetudine che vede le aziende farsi carico degli oneri su salute e sicurezza» dice il numero uno del sindacato di via Po, Luigi Sbarra, impegnato a Gorizia. Mentre il segretario confederale Angelo Colombini (che ha partecipato alla riunione a Palazzo Chigi) sottolinea come «la decisione di estendere il Green pass in tutti i luoghi di lavoro sia una cosa positiva, anche perché mette fine all'ambiguità di questi mesi». Detto ciò anche per la Cisl se si introducesse direttamente l'obbligo vaccinale sarebbe meglio.
Green pass obbligatorio per statali e privati, sospeso il dipendente che ne è sprovvisto
Ieri a Palazzo Chigi non erano stati convocati i datori di lavoro. La posizione di Confindustria è arcinota: si al Green pass, no al costo dei tamponi a carico delle aziende. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dopo l'incontro con Cgil Cisl e Uil della scorsa settimana, aveva tentato la carta Pantalone: paghi lo Stato. E ieri dalle varie Confindustrie regionali - Liguria, Veneto, Piemonte, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia - è stato un susseguirsi di dichiarazioni per ribadire che no, il costo dei tamponi, non può gravare sulle imprese.
LE CIFRE
Le cifre in ballo sono enormi, chiunque alla fine dovrà pagarle. Stime ufficiali non ce ne sono. Ma si possono fare due conti a spanne: i lavoratori dipendenti privati, secondo l'Istat, sono poco meno di 18 milioni. In Italia attualmente circa il 20% della popolazione maggiorenne non è ancora vaccinato. Si può assumere che questa percentuale sia valida anche tra i lavoratori. Il che porterebbe a circa 3 milioni e 600.000 i dipendenti non vaccinati. Che, per entrare in azienda o in ufficio, dovranno farsi il tampone ogni due giorni. Ovvero tre tamponi a settimana. All'attuale costo (tra l'altro la calmierazione in questo momento vige solo fine a fine settembre) di 15 euro a tampone, significa 45 euro a dipendente a settimana. Sulla platea complessiva dei 3 milioni e 600.000 il conto sarebbe stratosferico: ben 162 milioni di euro a settimana.