Siena, maxi sequestro per Biondi Santi: indagato per evasione fiscale

Lunedì 27 Agosto 2018
Jacopo Biondi Santi e il ministro dell'Interno tedesco Otto Schily
Un'evasione fiscale per 4,8 milioni di euro su operazioni avvenute tra il 2015 e il 2017. È quanto contesta la procura di Siena a Jacopo Biondi Santi, discendente di sesta generazione dell'inventore del vino Brunello di Montalcino, Clemente Santi. Dopo un anno di indagini è scattato un sequestro di beni corrispondente all'evasione contestata.
 La guardia di finanza, su richiesta del procuratore capo di Siena Salvatore Vitello, che conduce le indagini con il pm Niccolò Ludovici, ha sequestrato conti correnti e beni.
Tra questi non ci sarebbero né terreni agricoli, né vigneti da cui si ricava pregiato vino di Montalcino (Siena). In particolare, secondo quanto riferito dal difensore di Biondi Santi, l'avvocato Enrico De Martino, l'indagine «non riguarda la storica azienda agricola di famiglia
Tenuta Il Greppo la quale è stata oggetto di un'operazione finanziaria siglata nel 2016 coi francesi di Epi Group, proprietari dei più noti marchi di champagne. Sotto la lente della procura senese ci sono invece le operazioni di altre società riconducibili a Jacopo Biondi Santi, cioè la Jbs di Montalcino, che è una srl per la commercializzazione di prodotti agroalimentari, e una società agricola con sede a Scansano (Grosseto), la Montepò srl.

LA DIFESA
«La controversia verte su una diversa interpretazione delle norme che regolano le fatture e le transazioni commerciali in Italia e all'estero, e credo che si possa dimostrare che non ci sia stata nessuna sottrazione d'imposta al fisco», spiega De Martino che, insieme al suo assistito, ha tempo fino al 10 settembre per studiare meglio le carte dell'inchiesta e decidere le iniziative difensive da prendere. «Le operazioni oggetto di contestazione non hanno generato nel complesso la benché minima sottrazione d'imposta», sottolinea inoltre con una nota lo studio legale Dentons di Milano, che cura la difesa tributaria di Biondi Santi. Lo studio spiega anche che «nella elevazione delle predette contestazioni, la Guardia di Finanza non ha tenuto conto dei principi più volte affermati in materia dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, i quali conducono a opposte conclusioni. La Corte di Giustizia UE è la più alta Autorità in materia di Iva, avendo questo tributo matrice comunitaria».
Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 00:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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