Dj Fabo, pm chiede archiviazione Cappato: «Lo ha solo aiutato a esercitare un diritto»

Martedì 2 Maggio 2017
Dj Fabo, pm chiede archiviazione Cappato: «Lo ha solo aiutato a esercitare un diritto»
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Marco Cappato ha aiutato Dj Fabo a esercitare un suo diritto. Quel diritto alla «dignità umana» che va posto sullo stesso piano del diritto alla vita, quando le condizioni non lasciano più dubbi: dolori fisici non controllabili e insopportabili, sofferenze «indegne», malattia incurabile e prognosi ineluttabile. Sono condensati in una quindicina di pagine i motivi per cui la Procura milanese ha chiesto l'archiviazione dell'indagine in cui l'esponente radicale è stato accusato di aiuto al suicidio per aver accompagnato in macchina Fabiano Antoniani, 40 anni e da tre tetraplegico e cieco dopo un grave incidente d'auto, nella clinica Dignitas, vicino a Zurigo, dove il 27 febbraio ha messo fine alla sua tragedia togliendosi la vita sotto il controllo dei medici.

«Prendo positivamente atto della richiesta avanzata dalla Procura - ha commentato a caldo Cappato che per la vicenda si era autodenunciato -. In attesa della decisione del gip, posso confermare che è in corso e continuerà l'azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all'estero, l'interruzione delle proprie sofferenze, eventualmente anche attraverso l'assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera».

E cioè tramite pratiche di suicidio assistito che per i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini «non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando - si legge nella loro istanza - siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso». Quindi, «non pare peregrino - aggiungono i pm - affermare che la giurisprudenza, anche di rango costituzionale e sovranazionale, ha inteso affiancare al diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell'umana dignità».

Per questo, si ritiene, l'esponente radicale, anche tesoriere dell'associazione Luca Coscioni e che ha svolto una condotta di solo «trasporto», ha aiutato Dj Fabo - che se avesse solo rifiutato le cure sarebbe morto soffocato dopo una lunga e atroce agonia - a esercitare il suo diritto «alla dignità umana» che va bilanciato con il diritto alla vita. In questo modo, è la sintesi di un passaggio della richiesta, l'atto di aiuto al suicidio perde le sue vesti anti-giuridiche perché eseguito proprio per favorire l'esercizio di un diritto. E con ciò azzerando il reato dell'aiuto al suicidio, che punisce chiunque «agevola in qualsiasi modo l'esecuzione».

Per rafforzare il ragionamento i pm milanesi citano alcune sentenze che hanno aperto i margini alle pratiche di fine vita: si va da quella con cui nel 2002 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha negato a Diane Pretty l'impunità chiesta per il marito al fine di farsi assistere nel darsi la morte, quelle della Cassazione e del gup di Roma sui casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, passando infine per una serie di pronunce della Consulta.

Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 13:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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