Mafie, allarme Dia: «Boss sempre più giovani e violenti. Roma polo di attrazione»

Mercoledì 13 Febbraio 2019
Mafie, allarme Dia: «Boss sempre più giovani e violenti. Roma polo di attrazione»
Sempre più giovani, sempre più risucchiati nella spirale delle organizzazioni criminali perché le società in cui vivono non offrono alternative allo stipendio dei clan, sempre più persi e protagonisti di una violenza indiscriminata e ingiustificata.

L'allarme sui cambiamenti che attraversano Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Camorra - e anche le principali mafie straniere - arriva dalla Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia: le giovani generazioni sono ormai la «linfa vitale» delle mafie; i boss ragazzini e i picciotti minorenni sono quasi lo stesso numero degli affiliati sopra i quarant'anni. E vogliono prendersi tutto il potere. Accanto ad una mafia che cerca sempre più «imprenditori» e «liberi professionisti», quella che - per dirla con il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho - usa l'indice non per sparare ma per fare clic su un mouse e far sparire milioni di euro provenienti dai traffici illeciti, c'è una mafia sempre più giovane che viene reclutata prevalentemente nelle città del sud, dove «una crisi sociale diffusa che non sembra offrire ai giovani valide alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa».

E sono i numeri a confermare le parole degli investigatori: negli ultimi 5 anni non solo si sono registrati casi di 'mafiosì con età tra i 14 e i 18 anni, ma gli appartenenti alle cosche tra i 18 e i 40 anni hanno raggiunto numeri quasi uguali a quelli della fascia 40-65 anni. E in un caso lo hanno anche superato: nel 2015, i denunciati e gli arrestati per 416 bis sono stati 5.437 di cui 2.792 tra i 18 e i 40 anni e 2.654 tra i 45 e i 60. Le indagini dicono anche un'altra cosa.

Le nuove generazioni vogliono di affrancarsi dai vecchi boss, ambiscono a fare 'carrierà velocemente all'interno delle organizzazioni e fanno un uso indiscriminato della violenza. Il territorio dove più si tocca con mano questa situazione è Napoli: nei vicoli del centro e nelle strade della periferia è un susseguirsi di episodi «riprovevoli, violenti» e «connotati da una ingiustificata ferocia» di cui sono protagonisti boss ragazzini «espressione di una vera e propria deriva socio-criminale». Adolescenti che con i loro gruppi tentano di prendersi il controllo del territorio e che però in molti casi finiscono per essere un «esercito di riserva» a disposizione dei clan «da impiegare nelle attività di spaccio alle quali partecipano persino i bambini». Nella relazione la Dia cita innumerevoli esempi dell'attrazione delle mafie sui giovanissimi.

Uno su tutti: dall'indagine 'Mandamento Jonicò conclusa dai Carabinieri nel 2017 è emerso che un 15enne di Locri ha consegnato ad una sua compagna di classe figlia di un boss una lettera destinata al capocosca in cui chiedeva ufficialmente di potersi affiliare. E la trasformazione della «cultura mafiosa» investe inevitabilmente anche il linguaggio. «Non tanto rispetto ai contenuti delle comunicazioni, sempre criptiche, e cariche di violenza, quanto piuttosto per gli strumenti social utilizzati, che consentono di aggregare velocemente gli affiliati».

Tutto ciò non significa che la 'vecchià mafia non esiste più.
Anzi. La 'Ndrangheta resta sempre l'organizzazione criminale più potente d'Europa, saldamente in mano alle cosche storiche. E Cosa Nostra, nonostante la crisi degli ultimi anni, resta molto radicata sul territorio. Così come non è un più un segreto per nessuno che le varie organizzazioni criminali puntino su Roma: le 'ndrine per mimetizzarsi e proseguire nei loro traffici di droga e armi, i clan siciliani per infiltrarsi negli appalti pubblici.
Ultimo aggiornamento: 19:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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