Crollo Pil e meno nascite: Marche e Abruzzo le più colpite, danni anche per Lazio e Toscana

Domenica 4 Aprile 2021 di Andrea Bassi
Crollo Pil e meno nascite: Marche e Abruzzo le più colpite, danni anche per Lazio e Toscana

Qualcosa sta cambiando. E in peggio. La frattura territoriale italiana invece di saldarsi si sta ulteriormente scomponendo. Se fino ad oggi la “questione” era quella dei divari tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, la pandemia sta prepotentemente facendo emergere una nuova frammentazione.

Come nella tettonica delle placche, lentamente ma inesorabilmente il Nord si sta allontanando dal Centro, scavando una “fossa economica” che rischia di lasciare indietro un nuovo pezzo di Paese sganciandolo dall’Europa.

I sintomi, si diceva, sono ormai chiari. Basta leggere in controluce i dati forniti dalla Svimez nel dossier intitolato «La frammentazione del Centro: tra terza Italia e secondo Mezzogiorno». La mappa della coesione territoriale, spiega Luca Bianchi, direttore generale dell’Associazione, «si sta complicando». Basta prendere l’indicatore principe della ricchezza di un’area: il prodotto interno lordo per abitante. Numeri che indicano l’inarrestabile declino delle Regioni del Centro Italia rispetto all’Europa. Fatto 100 il Pil pro capite del Vecchio Continente, nel 2000 quello prodotto da un singolo cittadino laziale valeva 157, il 57 per cento in più della media dell’Unione. Diciannove anni dopo, quel valore è crollato a 110, solo il 10 per cento in più della media europea a 27 Stati. E quello del Lazio non è un caso isolato. Anzi. La Toscana ha perso 34 punti percentuali in un ventennio. È passata da avere un prodotto interno lordo pro capite di 37 punti percentuali superiore a quello medio europeo, a un prodotto medio superiore di soli tre punti. Le Marche sono crollate da quota 124 a quota 90. Significa che se un ventennio fa ogni singolo abitante delle Marche produceva il 24 per cento in più di prodotto rispetto alla media europea, oggi quel valore è inferiore del 10 per cento rispetto a quello medio dell’Unione. Abruzzo e Umbria sono cadute ancora più in basso. Il loro prodotto interno lordo pro capite nel 2000 era superiore rispettivamente di 13 e 27 punti rispetto a quello medio europeo, nel 2019 è stato di 19 e 15 punti inferiore.

«Il triangolo del sisma nel ventennio del declino italiano», spiega ancora Bianchi, «ha perso colpi in Europa: da fanalino di coda del Nord è diventato la testa del Sud». C’è poi un altro punto importante. «La questione demografica», dice Bianchi, «non abita più soltanto al Sud». La popolazione decresce in tutte le Regioni dell’Italia Centrale. In Abruzzo l’arretramento è del 5,5 per cento; nelle Marche la popolazione si riduce a un passo del 5,3 per cento, in Umbria del 4 per cento, nel Lazio del 3,3 per cento. «La questione demografica», spiega ancora Bianchi, «non abita più solo a Sud. Umbria, Marche e Toscana sono caratterizzate da una dinamica naturale peggiore della media nazionale. In Umbria e nelle Marche, contrariamente alle altre regioni del Centro-Nord i flussi migratori sono troppo deboli per garantire un equilibrio demografico». La demografia è strettamente legata allo sviluppo economico. In soli 6 anni, dal 2014 al 2020, il Lazio ha perso 114 mila persone. Ècome se fosse sparita una città come Latina. La Toscana ha perso 57 mila abitanti nello stesso periodo, l’Umbria 26 mila, le Marche 40 mila come anche l’Abruzzo.

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Il colpo di grazia

Negli ultimi anni le Regioni del Centro hanno subito un rallentamento economico. E ora la pandemia rischia di dare il colpo di grazia. Durante la grande crisi, tra il 2008 e il 2011, Umbria e Marche hanno perso tra il 7 e l’8 per cento del loro Pil, contro una media nazionale del 3,9 per cento e un Nord che ha limitato i danni al 2,9 per cento. Il Lazio ha fatto leggermente meglio perdendo il 3,3 per cento. Dal 2012 al 2014 le cose sono andate pure peggio. Tra il 2008 e il 2020 l’Umbria ha perso un quarto del suo Pil, le Marche circa 18 punti, contro un perdita compresa tra 12 e 13 punti percentuali nel Lazio e nella Toscana. Il Centro ha incrociato la pandemia in una situazione di stagnazione. Nel 2021 le regioni centrali, in base alle previsioni della Svimez, sarebbero accomunate da una certa difficoltà di recupero, in particolare l’Umbria che si collocherebbe su un sentiero di ripresa superiore alle regioni meridionali ma lontano dal ritmo di ripartenza delle regioni più reattive del Centro-Nord. Le conseguenze si sono fatte sentire anche sull’occupazione. Soprattutto nelle Marche e in Umbria, dove i posti sono calati in controtendenza rispetto alla media del Centro-Nord. Nelle Marche c’è stato il calo è più pronunciato (-4,7%) perché alle perdite occupazionali nell’industria si sono sommate le difficoltà del commercio e dei servizi dell’ospitalità. Il quadro insomma, restituisce un Nord che si sta staccando dal Centro che a sua volta si sta meridionalizzando, facendo nascere in Italia una nuova questione: quella del Centro Italia.

Ultimo aggiornamento: 23 Aprile, 11:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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