Covid, i timori degli scienziati: «Misure insufficienti, attenti alla terza ondata»

Martedì 27 Ottobre 2020 di Graziella Melina
Covid, i timori degli scienziati: «Misure insufficienti, attenti alla terza ondata»

Se le misure indicate dal nuovo Dpcm avranno effetti sul contenimento dell'epidemia, lo si vedrà tra un paio di settimane. La convinzione di diversi esperti, però, è che tra ritardi, mancanza di tracciamenti efficaci e difficoltà a concordare una linea comune tra le Regioni, alla fine si rischi di dover ricorrere alla chiusura generale. «Ci sono aree del Paese dove l'indice di contagio è alto e già da due settimane dovevano essere prese misure più forti, lockdown mirati» ribadisce Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all'Università Cattolica di Roma.

Al di là di qualche slabbratura nel Dpcm a proposito per esempio delle palestre che «potevano essere chiuse la scorsa settimana», l'impressione è che ancora non si riescano a prendere decisioni condivise.

Ricciardi: serve un altro lockdown, in 8 giorni stabilizzerebbe la curva

Visto che «le pandemie durano mesi, se non anni - rimarca - è chiaro che un comportamento coerente da parte di tutti consente di convivere con il virus in maniera normale fino a quando avremo un vaccino». Il che vuol dire anche che è impensabile stabilire misure di contenimento con la prospettiva che poi a Natale si avranno maggiori libertà. Le conseguenze della scorsa estate dovrebbero servire come minimo da monito. «Se si abbassa completamente la guardia e l'attenzione è chiaro che ci sono ondate successive - avverte Ricciardi - Dobbiamo ricordare che nel caso dell'epidemia spagnola, l'ondata pericolosa, quella che fece più morti, fu proprio la terza». Ecco perché servono prima di tutto misure efficaci e costanti, a cominciare dal tracciamento. Eppure, «ancora non si è capito che è la misura più essenziale».

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IMMUNI
L'app Immuni, del resto, non sta dando grandi soddisfazioni. «Se non funziona, la colpa non è solo dei cittadini, ma anche dei medici di medicina generale e delle aziende sanitarie che ancora non sanno come usarla. Finché non si entra in questa logica, siamo destinati ad alti e bassi e la storia di questa estate potrebbe ripetersi certamente anche a Natale». Il contact tracing, in Cina, ha invece permesso il ritorno alla normalità. «Nel momento in cui hanno un focolaio - rimarca Ricciardi - lo circoscrivono immediatamente, per cui a quel punto si possono permettere anche di vivere una vita pressoché normale. Se non entriamo nella logica di governare con evidenza scientifica, rigore e coordinamento, alla fine avremo sempre focolai epidemici non controllati».
Dal punto di vista tecnico, rimarca Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore di igiene dell'Università degli Studi di Milano «quanto prima si prendono certe misure restrittive tanto più è possibile il contenimento. Sicuramente, se le indicazioni del dpcm fossero state prese magari un paio di settimane fa, sarebbero potute essere ancora più efficaci». Nella situazione in cui ci si trova adesso, ormai, «tra i vari scenari deve essere considerato anche un lockdown generalizzato, anche se - ammette - spero che non si arrivi a questa misura».


GLI OSPEDALI
Con l'aumento dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva, gli ospedali rischiano di non reggere più. «Esiste un limite insuperabile del nostro sistema sanitario che è il numero degli operatori. E non si supera con un mese, ma con 10 anni, perché tanti ne servono per formare un medico - ricorda Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene generale e applicata all'Università di Pisa e assessore alla Salute della Regione Puglia - Noi non siamo come l'Olanda o l'Inghilterra che chiamano i medici dall'India. I nostri specialisti sono italiani e sono già tutti al lavoro. Ricordiamo poi che nell'emergenza, qualche terapia intensiva in più la si realizza, come a Milano nella fiera. Ma senza i medici come si fa?». Il problema è che «la sanità di un Paese in forte debito pubblico come il nostro deve essere necessariamente iperefficiente. Significa che un ospedale che non ha il 95 per cento dei letti occupati in genere lo si chiudeva, perché etichettato come inefficiente, e quindi non ce lo potevamo permettere. Anche il personale sanitario è stato tarato su quei parametri. È ovvio, dunque, che con la pandemia tutto il sistema sanitario ormai si trovi in sofferenza».

Ultimo aggiornamento: 16:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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