«La pandemia era evitabile»: Il dossier che accusa l'Oms

Giovedì 13 Maggio 2021 di Claudia Guasco
«La pandemia era evitabile»: Il dossier che accusa l'Oms
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Ogni giorno conta.

In termini di vite, letti in terapia intensiva, numero di contagi. Per incapacità e inerzia, l'epidemia di coronavirus è stata un «disastro evitabile» e «il messaggio per il cambiamento è chiaro: il Covid-19 deve essere l'ultima pandemia. Se la comunità globale non prende sul serio questo obiettivo, condanneremo il mondo a catastrofi successive». Sembra una profezia malvagia, ma lo dice la scienza. Esattamente un rapporto indipendente pubblicato sulla rivista The Lancet e redatto da un gruppo di esperti su richiesta del direttore generale dell'Oms, incaricato dall'Assemblea mondiale della sanità di avviare una revisione imparziale e completa sulla risposta sanitaria internazionale alla pandemia da Covid. Secondo la relazione, un «cocktail tossico» di negazione, scelte sbagliate e mancanza di coordinamento ha fatto precipitare il mondo in una pandemia che «avrebbe potuto essere evitata».


ANELLI DEBOLI
«Ci sono stati ritardi evidenti in Cina, ma si sono verificati ritardi ovunque», è la conclusione a cui giungono le coordinatrici del panel, l'ex primo ministro neozelandese Helen Clark e l'ex presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf. Per otto mesi hanno esaminato la diffusione del contagio, le contromisure adottate dall'Oms e dagli Stati per affrontarla, trovando «anelli deboli in ogni punto della catena». Oms compresa: è trascorso «troppo tempo» tra la notifica di un focolaio di polmonite sconosciuta a metà dicembre 2019 e la dichiarazione il 30 gennaio dell'emergenza sanitaria. Ma anche agendo una settimana prima, le cose difficilmente sarebbero cambiate di fronte «all'inazione di così tanti Paesi». Il rapporto, spiegano le responsabili, dimostra come «una serie di fallimenti abbia portato al più grande disastro sanitario, sociale ed economico a memoria d'uomo». Fatalmente lungo è stato il tempo trascorso dalla denuncia di un gruppo di casi di polmonite di origine sconosciuta a fine dicembre 2019, alla dichiarazione di un'emergenza sanitaria pubblica internazionale. «Febbraio 2020 è stato anche un mese perduto per contenere la diffusione del virus. Azioni rapide e coerenti fin dall'inizio avrebbero potuto rendere il nostro mondo oggi molto diverso». Non solo. «Il nostro studio in 28 Paesi su una serie di risposte nazionali - rimarcano Clark e Sirleaf - ha mostrato che c'erano leader che svalutavano la scienza, negavano la gravità del Covid, ritardavano le risposte e incoraggiavano la sfiducia tra i cittadini». Il rapporto è stato commissionato dal direttore generale dell'organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, su sollecitazione degli Stati membri che chiedono cambiamenti radicali: un'Oms che si muova più velocemente e con migliori risorse, l'impegno da parte dei leader dei Paesi ricchi a fornire vaccini per il resto del mondo. I risultati della relazione rilevano infatti come il sistema sanitario pre Covid fosse incoerente e sottofinanziato, i meccanismi di allerta lenti e inefficaci, mentre la risposta al contagio ha esacerbato le disuguaglianze. «La leadership politica globale era assente», stigmatizza il panel. Molti Paesi, a febbraio 2020, hanno colpevolmente scelto di «aspettare e vedere», entrando in azione «solo quando i posti in terapia intensiva hanno iniziato a riempirsi». Ma a quel punto «era tardi per evitare l'impatto della pandemia, ciò che è seguito è stata una corsa ad accaparrarsi dispositivi di protezione e cure». Il risultato è il dilagare di un'epidemia «catastrofica» con 3,32 milioni di morti, innescata da «una miriade di fallimenti, lacune e ritardi nella preparazione e nella risposta». Con precedenti ignorati. «Ci sono molte valutazioni di crisi sanitarie che includono raccomandazioni sensate. Eppure raccolgono polvere negli scantinati delle Nazioni unite e sugli scaffali dei governi. Il nostro rapporto mostra che la maggior parte dei Paesi semplicemente non era preparata per una pandemia», sottolineano le relatrici.


RIFORME RADICALI
Clark e Sirleaf sono critiche nei confronti degli Usa dell'era Trump e del Brasile di Bolsonaro, che hanno «svalutato e smontato» la scienza, negando la gravità della malattia, con «conseguenze mortali». Alla luce del danno arrecato, il gruppo sollecita riforme radicali tali da assicurare, in analoghe circostanze, risposte più efficaci. Più risorse per la prevenzione e la comunicazione dai governi e dall'Oms, la creazione di un «Consiglio per le minacce alla salute globale», guidato dai capi di Stato, per mantenere alta l'attenzione sulle minacce alla salute e garantire una rapida azione collettiva. E una sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite entro la fine dell'anno per concordare una dichiarazione politica in questa direzione.

Ultimo aggiornamento: 10:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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