«Il virus è mutato a giugno in Spagna». Così è nata la seconda ondata europea

Sabato 31 Ottobre 2020 di Elena Marisol Brandolini
«Il virus è mutato a giugno in Spagna». Così è nata la seconda ondata europea
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BARCELLONA Il mondo, con i suoi 45 milioni di casi diagnosticati e circa 1.200.000 decessi, si trova nel pieno della seconda ondata della pandemia da Coronavirus; particolarmente investita ne risulta l'Europa, che sembra anticiparne come a marzo la diffusione.

Si moltiplicano gli studi degli scienziati nel tentativo d'interpretare cosa abbia determinato, oltre l'imperizia dei governi, la velocità di propagazione del virus, tanto da obbligare la gran parte dei paesi europei a nuovi confinamenti. E si scopre che il Covid sarebbe mutato in più direzioni spiegandone da un lato l'origine, dall'altro la rapidità del contagio. 


Secondo uno studio internazionale di scienziati capeggiato dall'università di Basilea, la seconda ondata del virus sarebbe nata e cresciuta in Spagna, tra i lavoratori giornalieri impegnati nella raccolta della frutta.
Cominciò alla fine di giugno, estendendosi nei mesi di luglio e agosto, subito dopo l'uscita dallo stato di allarme, quando nel resto dei paesi europei l'epidemia sembrava offrire una tregua per l'estate. I primi focolai di Covid originarono tra i lavoratori dell'agricoltura occupati nella frangia tra la Comunità di Aragón e la Catalogna, interessando rispettivamente le città di Saragoza e di Lleida e diffondendosi perciò alle popolazioni locali. Lo studio, pubblicato sul quotidiano britannico Financial Times, ma ancora in attesa della verifica di altri scienziati per garantirne il rigore, avrebbe evidenziato una variante del coronavirus, chiamata 20A.EU1, nata ed estesa tra questi lavoratori, in precarie condizioni igienico-sanitarie di lavoro e di vita. Questa variante rappresenterebbe oltre l'80% dei casi in Spagna e Regno Unito, il 60% in Irlanda e il 40% in Francia e Svizzera. 


LA TRASMISSIONE

Questa mutazione sarebbe stata identificata in 12 paesi europei e da lì trasmessa ad altri continenti. Sarebbero state dunque le persone in uscita e in entrata in Spagna per turismo ad averlo propagato al resto dell'Europa. La genetista Emma Hodcroft, dell'Università di Basilea, sottolinea la rapidità della propagazione del virus impressa da questa variante che contiene sei diverse mutazioni genetiche. Come conferma uno dei co-autori dell'indagine, Iñaki Comas, ricercatore del Consejo Superior de Investigaciones Científicas, secondo cui il focolaio nato tra i lavoratori della frutta e diffusosi rapidamente a livello comunitario, sarebbe cresciuto in fretta a livello locale fino a diffondersi al resto della Spagna. Qualcosa che era già accaduta nella prima ondata epidemica della primavera, rendendo difficile quando non impossibile la tracciabilità delle catene di contagio: da qui l'importanza di circoscrivere i focolai fin dal principio per evitarne la perdita di controllo.


Un'altra mutazione del virus, chiamata D614G, avrebbe modificato la proteina S, quella che il virus utilizza per agganciarsi alle cellule umane contagiandole, rendendo più efficiente l'intrusione del virus nel corpo umano. E' quanto si apprende da uno studio dell'Università del Massachusetts, pubblicato sul server bioRxiv. Secondo la rivista Nature, questa mutazione non interesserebbe i polmoni, fermandosi la diffusione del contagio alle vie respiratorie più alte. Sarebbe questo genere di virus modificato ora a essere il più diffuso nel mondo, capace di trasmettersi con molta più velocità ed estensione, ma con meno virulenza rispetto a marzo. Una variante che avrebbe cominciato ad appropriarsi del virus già alla fine di marzo, arrivando ad occuparlo completamente alla fine di giugno, con una rapidità che gli scienziati attribuiscono per lo più a una sorta di selezione naturale. L'Università del Texas ha condotto una serie di esperimenti, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature, mettendo a confronto l'azione del Sras-Covid2 con mutazione D614G con quello senza variante, da cui si è visto che quello modificato moltiplica nuovi virus per 2,4 volte in più rispetto a quello originario. Anche sulle cavie, il virus con mutazione ha interessato molto di più le vie respiratorie alte, lasciando sostanzialmente inalterata la carica virale nei polmoni; inoltre, il virus mutato riuscirebbe sempre ad avere la meglio su quello senza variante, occupando rapidamente tutto lo spazio dell'infezione.

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