Covid, superati i 100.000 morti: dalla poliziotta all'impiegato, ecco chi ha perso la vita. Tra i più colpiti i sanitari

Martedì 9 Marzo 2021
Covid, superati i 100.000 morti: dalla poliziotta all'impiegato, ecco chi ha perso la vita. Tra i più colpiti i sanitari

Centomila morti. Come in un anno della seconda Guerra mondiale, ma qui le vittime sono tutte civili. La soglia è stata superata ieri: 100.103 morti, per la precisione, e purtroppo il conto è solo provvisorio, il nuovo aggiornamento è previsto per questa sera,con il bollettino delle cinque e un quarto. La strage è cominciata ufficialmente il 22 febbraio, data in cui si è spento Adriano Trevisan, 78 anni, pensionato di Vo' Euganeo.

Da lì in poi, una decimazione quotidiana che ha colpito l'intero Paese senza distinzioni, anche se qualche categoria ha pagato un prezzo più alto: i medici per esempio, più di 330 hanno perso la vita. E soprattutto gli anziani, che sono la larghissima maggioranza delle vittime (l'età media dei deceduti è 81 anni), stroncati dal virus nelle loro case, negli ospedali, o nelle Rsa, come i 22 ospiti morti nella casa di riposo di Potenza i cui responsabili ieri sono stati arrestati: «Non è stato un focolaio, ma un altoforno» ha detto il pm che ha ordinato l'arresto.

 

Ma il virus non ha risparmiato i giovani: tra i morti si contano quasi 10 mila sessantenni, più di 3 mila cinquantenni, 800 quarantenni, 180 trentenni, 50 ventenni, 11 ragazzi tra i dieci e i diciannove anni e 10 bambini sotto i dieci anni. Tutti questi numeri poi registrano soltanto una parte della strage. Perché le vittime del Sars-Cov-2 sono state sicuramente di più, soprattutto nella prima fase dell'epidemia, quando i test riuscivano a rilevare la superficie di un iceberg la cui dimensione sommersa è sconosciuta.

I rapporti dell'Istat e dell'Iss dicono che nel 2020 in Italia c'è stato un record di mortalità, e la colpa è sicuramente del virus.

La strage continuerà ancora, per mesi probabilmente. Tra marzo e aprile ci si attendono altri 15-20 mila caduti. Poi forse, se la campagna vaccinale andrà veloce come deve, il virus si placherà.

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L'imprenditore

Si è ritrovato a 31 anni a guidare l’importante azienda di famiglia dopo lamorte del padre 59enne, Giuseppe Richetti, stroncato dal Covid. Torna indietro di tremesiilraccontodiFrancesco,cheoggisi divide tra la Sicilia e la provincia di Teramo dove si trova l’impresa specializzata nel settoredolciarioefingerfood.«Eradicembree tutto è successo molto rapidamente – dice Francesco -. Il 10 mio padre era ancora in azienda a Teramo. Quando è tornato a casa (loro vivono in Sicilia) ha iniziato ad avere qualche linea di febbre». Improvvisa, la fine. Francesco lavorava in azienda già da qualche anno,ma mai si sarebbe aspettato didover prendere il comando così in anticipo. La Richetti è una realtà produttivaimportanteconoltre140dipendenti tra stagionali e fissi. Ma Francesco ha confermato di voler mantenere gli impegni di suo padre. «Certo, con calma, ma l’azienda staandandobene».

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L'impiegato

Era l’inizio, per tutti. Medici e vittime. Ed Emanuele Renzi, 34 anni era forte e sano eppure è stato stroncato dal covid, di ritorno da un weekend in Spagna con gli amici, un salto al lavoro poi la febbre, i giorni in casa, forse troppi, fatali, senza sapere come curarsi. Era l’inizio, era un anno fa. Il giovane di Cave, padre di un bimbo di 6anni, lavorava in un call center a Settecamini. Non fumava, né beveva, non soffriva di alcuna patologia, era uno sportivo, un nuotatore hanno ripetuto i genitori forti dell’autopsia. Hanno smesso di farsi domande per non morire del tutto anche loro. È passato un anno da quando se ne è andato, nella terapia intensiva di Tor Vergata. «Ha chiamato il 118, il suo medico perché aveva febbre - raccontò la mamma- Gli hanno detto di stare a casa ma le sue condizioni peggioravano, una crisi respiratoria se l’è portato via». In autoisolamento, non ha mai più rivisto il figlio.

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Il medico

«Dottore, è sicuro? Guardi che se la veniamo a prendere dovrà fare ore di fila in ambulanza. E per il ricovero a Perugia non c’è posto, siva a Terni».È, in sintesi,quello che si èsentito rispondere nelle quattro richieste di aiuto al 118 Stefano Brando, il primo medico morto di Covid in Umbria lo scorso 19 novembre. Professionista apprezzato, contagiato per curare i suoi pazienti, portato via dal coronavirus in tre settimane a 62 anni. E per questa morte, la procura di Perugia ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, al momento ancora a carico di ignoti, dopo la denuncia della moglie Patrizia che vuole capire per quale motivo suo marito non sia stato ricoverato subito e non, per caso, dopo tre giorni di richieste di intervento «sempre sminuite», quandoil malessere lo ha fatto svenire e cadere a terra con un trauma cranico. Gli operatori, secondo quantoracconta la famiglia, dalla prima telefonata del 24 ottobre, hanno in qualche mododissuaso Brando:«Nonè veroche ha rifiutato il ricovero», afferma Patrizia con forza e disperazione.Anche per questoil procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini ha chiesto aicarabinieri del Nas diaccertare lo stato dei posti letto al Santa Maria della misericordia: di certo, hanno risposto i militari, nei giorni trail 24 ottobre e il 4 novembre in Terapia intensiva a Perugia c’erano posti disponibili.

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Il disabile

Era uno dei simboli della resilienza dell’Aquila dopo il drammatico terremoto del 6 aprile. Per quel suo strenuo lottare, paralizzato sopra una sedia a rotelle da uno sfortunato incidente giovanile su una pista di motocross, a favore dei diritti dei disabili. Adriano Perrotti, se l’è portato via il Covid-19, a 56 anni, in quel terribile autunno anche per una città, L’Aquila, che aveva passato senza gravi emergenze la primavera e l’estate della pandemia. La morte di un simbolo: un po’ per le tante sofferenze sopportate sempre col sorriso e un po’ per quel dedicarsi ai non fortunati. «Uno dei personaggi più incisivi e caratterizzanti della nostra comunità- secondo il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi-. Preziosi sono stati i suoi suggerimenti e stimoli nel percorso che ha portato all’istituzione del disability manager, figura che oggi rappresenta un patrimonio collettivo di questa terra. La sua scomparsa lascia un vuoto enorme».

E la senatrice dem Stefania Pezzopane: «Resta il suo sorriso, la sua voglia di vivere, le sue battaglie per le persone con disabilità». Il suo compagno, in carrozzella, di tante battaglie, Massimo Prosperococco: «Ho sperato che passasse anche questa e che entrasse a far parte degli Highlander; avevo già la battuta pronta per quando ci saremmo risentiti, ci ripetevamo “Adriano è invincibile” anche perché aveva vicino la forza della sua bellissima famiglia». Lo ha abbattuto il Covid.

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La poliziotta

Corre tutto il giorno, Alberto, contre figli piccoli da accudire. Da quando Manuela Scodes, la moglie di soli 42 anni, è stata portata via dal Covid in meno di un mese, le giornate sono diventate un percorso a ostacoli. L’azienda dove lavorava è fallita e non ha più un lavoro. I bambini - Diego di 8 anni, e i gemellini, Christian e Gioele di 4 - chiedono attenzioni, chiedono cure. Gli manca tanto la mamma e manca tanto anche a lui. «Manuela ha preso il virus in una forma molto aggressiva - ricorda commosso - Per dieci giorni è stata curata a casa, ma una mattina aveva la saturazione a 62. È entrata in ospedale e non ho avuto sue notizie per una settimana. Poi mi ha scritto sul cellulare:“sono stanca, tanto stanca”». Su sollecitazione del marito, i medici hanno deciso di trasferirla in un ospedale più attrezzato. Ha combattuto tanto. Il primo novembre sembrava quasi che fosse riuscita a debellare il virus, ma ormai i polmoni non filtravano più. Il Covid aveva fatto troppi danni. Ora Alberto dice con dolore: «Quando ci sono dei bambini così piccoli, se deve succedere una cosa terribile come questa, è meglio che muoia un papà piuttosto che una mamma.Manuela èstatal’unica donnadella mia vita, stavamo insieme da quando eravamo ragazzini. Il mio più grande rammarico è di non averle potuto darle una carezza».

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Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 07:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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