Covid manda in tilt il nostro cervello: tendiamo a sopravvalutare i rischi e facciamo scelte sbagliate

Un nuovo studio realizzato dalla McGill University e dal Montreal Neurological institute-hospital rileva che la pandemia può aver compromesso le capacità cognitive delle persone

Lunedì 3 Gennaio 2022 di Claudia Guasco
Covid manda in tilt il nostro cervello: tendiamo a sopravvalutare i rischi e facciamo scelte sbagliate
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La pandemia di Covid è una sfida non solo per i medici che devono curare i malati e per i ricercatori che aggiornano i vaccini inseguendo le mutazioni, ma è anche un banco di prova dei nostri limiti psicologici. Alcune persone sono state colpite più di altre dallo stress causato dal rischio di contagiarsi e dalla confusione tra informazioni sanitarie in costante cambiamento e progressive restrizioni. Un nuovo studio realizzato dalla McGill University e dal Montreal Neurological institute-hospital rileva che l’epidemia di coronavirus può aver compromesso le capacità cognitive delle persone e alterato la percezione del rischio, in un momento in cui fare le giuste scelte di salute è di fondamentale importanza.

Il Covid, insomma, è anche un test dei nostri limiti psicologici.

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SCELTE SBAGLIATE

La ricerca evidenzia come la preoccupazione per il virus induca a fare scelte sbagliate e ad avere scarsi risultati in semplici test cognitivi: chi è più ansioso nei confronti della malattia, infatti, ha ottenuto risultati peggiori nei test di elaborazione delle informazioni e ha una visione distorta dei rischi. Nel complesso, le persone sono diventate più sensibili alle situazioni potenzialmente pericolose e più lente nell’elaborazione delle informazioni con il progredire della pandemia. I ricercatori hanno sondato 1.500 americani tra aprile e giugno 2020 e hanno scoperto che coloro che sono preoccupati per la pandemia sono meno brillanti nella valutazione delle informazioni, faticano a ricordare quelle essenziali e hanno maggiori probabilità di sopravvalutare le probabilità negative rispetto alle loro controparti meno ansiose. Gli autori hanno concluso che le persone più preoccupate per il coronavirus e i suoi effetti hanno ottenuto risultati peggiori nei test di elaborazione delle informazioni e avevano una visione distorta dei livelli di rischio.

CAPACITA’ ALTERATE

I ricercatori hanno scoperto che le persone intervistate nel giugno 2020 - nel momento in cui i governi avevano adottato rigide misure di blocco e la copertura delle notizie sulla pandemia era costante - si sono comportate peggio dei gruppi pre-pandemia e hanno mostrato «velocità di elaborazione più lenta, minore accuratezza nel cambio di attività» ed erano più sensibili al rischio. «Le abilità cognitive di base misurate sono cruciali per una vita quotidiana sana e per il processo decisionale», affermano i ricercatori. «Le criticità associate alla preoccupazione osservate nello studio suggeriscono che in periodi di forte stress, come una pandemia globale, la nostra capacità di pensare, pianificare e valutare i rischi è alterata. Comprendere questi cambiamenti è fondamentale poiché la gestione di situazioni stressanti spesso si basa su queste capacità».

L’indagine è stata pubblicata dalla rivista Plos One. Ai partecipanti è stato chiesto di valutare il proprio livello di preoccupazione e di completare un test di elaborazione delle informazioni in cui dovevano abbinare coppie di cifre e simboli secondo una regola fissa. Per misurare la propensione al rischio, i ricercatori hanno utilizzato un «compito di scelta economica classico» in cui i partecipanti dovevano fare una serie di scelte ipotetiche tra un’opzione «certa», come vincere 75 dollari, e un’opzione «rischiosa», con una probabilità del 25% non vincere nulla e una del 75% di vincere 100 dollari. «Gli individui che hanno segnalato una maggiore preoccupazione legata alla pandemia sembravano più sensibili al livello di rischio descritto», affermano gli autori. «Abbiamo scoperto che l’ansia per la diffusione del Covid indiceva la tendenza degli individui a distorcere i livelli di rischio descritti, sottovalutando le probabilità più sicure e amplificando quelle a maggiore incertezza».

AMPLIFICAZIONE DEL PERICOLO

Secondo gli esperti, la spiegazione sarebbe da ricercare nel fatto che i soggetti più ansiosi possano essere più sensibili al rischio perché sono più propensi a cercare informazioni, con conseguente maggiore esposizione ai dibattiti che spesso amplificano le situazioni di pericolo. I dati raccolti durante la pandemia sono stati confrontati con i risultati degli stessi test completati da persone diverse prima del contagio: con il progredire del virus i partecipanti al test nella terza ondata - intorno a giugno 2020 - hanno mostrato velocità di elaborazione più lente, una minore capacità di mantenere gli obiettivi in mente ed erano più sensibili al rischio rispetto a quelli della prima ondata. «Le prestazioni costantemente compromesse possono riflettere l’impatto di un’esposizione prolungata (cioè cronica) allo stress o un cambiamento nelle fonti di preoccupazione», sottolinea lo studio. «L’impatto dello stress e della preoccupazione sulla funzione cognitiva è ben noto, ma viene tipicamente studiato in laboratorio», spiega l’autrice della ricerca, la dottoressa Madeleine Sharp, ricercatrice e neurologa presso il Montreal Neurological institute-hospital. «Qui siamo stati in grado di estendere questi risultati studiando gli effetti di un fattore di stress del mondo reale sun ampio campione. Un’importante direzione futura della ricerca sarà quella di esaminare perché alcune persone sono più sensibili di altre allo stress e di identificare strategie che aiutino a proteggersi dagli effetti».

Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 08:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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