Il Pakistan sta sempre peggio ma prova a nasconderlo. Oggi il Paese asiatico è il secondo per numero di casi di Covid19 registrati nell’area (256mila) e, davanti all’Italia, dodicesimo tra i più colpiti al mondo. Una situazione difficile che però sembra non preoccupare granché gli esperti internazionali perché, guardando all’incidenza del virus sulla popolazione (circa 221 milioni di persone), i numeri appaiono più confortanti: solo 24 morti per ogni milione di cittadini a fronte, ad esempio, dei 579 italiani o dei 662 britannici.
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IL QUADRO
Un quadro sanitario che tutto sommato appare accettabile date le condizioni e che ha permesso ai pakistani di continuare a spostarsi, senza che altri Paesi imponessero particolari limitazioni. È quello che è accaduto in Italia pochi giorni fa, quando il governo Conte non ha incluso Islamabad nella lista “nera” di 13 punti di partenza off limits.
DATI FALSATI
Secondo le opposizioni il governo ha ridotto il numero di test intenzionalmente per migliorare i risultati e quietare le preoccupazioni delle altre nazioni. D’altronde anche guardando ai dati ufficiali resi disponibili dall’esecutivo, il calo del numero di test è piuttosto evidente. Almeno il 30% in meno rispetto alla metà di giugno. Il giorno 15 del mese scorso infatti i tamponi effettuati in ventiquattr’ore erano stati circa 32mila, nella giornata di ieri invece ne sono stati effettuati appena 21mila. Numeri alla mano quindi, le autorità pakistane stanno sottostimando il tasso di infezioni registrate. Non solo, secondo alcuni esperti stanno anche controllando il bilancio delle vittime causate dal Coronavirus. Accuse pesanti che sono già state mosse il mese scorso da Atta ur Rahman. Vale a dire dal presidente della task force istituita proprio dal Governo. «I numeri effettivi saranno da due a tre volte più di quanto riferito» ha detto Rahman a Bloomberg quando i contagi nel Paese non avevano ancora raggiunto il picco di oggi. Non solo, l’esperto ha anche precisato come ragioni diverse dall’insufficienza respiratoria non vengano conteggiate nelle morti ufficiali. Un modus operandi rischioso su cui ora dovranno interrogarsi anche gli altri Paesi.