Farmaco testato contro il Covid introvabile, incubo per i malati cronici: aiutateci

Lunedì 9 Novembre 2020 di Ilaria Bosi
Farmaco testato contro il Covid introvabile, incubo per i malati cronici: aiutateci
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PERUGIA Interventi chirurgici col contagocce, medici catapultati nell’emergenza e ora anche farmaci introvabili. Tra gli effetti collaterali del Covid-19, ce n’è uno, di impatto anche sociale, che non può essere trascurato: le difficoltà crescenti di chi ha altre patologie ad avere gli stessi livelli di assistenza garantiti prima del coronavirus.

Le storie sono tante e tra queste c’è quella che riguarda i pazienti cronici affetti da Artrite reumatoide. Una malattia dolorosa, cronica e progressiva, che danneggia le articolazioni, causando rigidità e deformazione, con un notevole impatto in termini di disabilità e qualità della vita. Cosa accomuna Artrite e Covid-19? Il Plaquinil, farmaco utilizzato per l’artrite, ma impiegato in questi mesi, in via sperimentale, come anti-covid. Risultato: la corsa all’assalto dell’idrossiclorochina (il nome del principio attivo) ha reso il farmaco introvabile.

Con tutte le conseguenze per quei pazienti che ne hanno bisogno e in molti casi sono già disorientati dalle improvvise chiusure di diversi ambulatori.

L’idrossiclorochina, che costa pochissimo (si va dai 4 euro del generico ai 6 del Plaquenil), può essere distribuita solo dietro ricetta medica. “Ho l’artrite reumatoide – racconta una donna – e una prescrizione mi basta un mese. Il farmaco, però, è introvabile perché ci sono persone che ne stanno facendo incetta, ritenendo che sia una efficace cura preventiva contro il Covid. La situazione è pesante ed è importante dare voce a questo grave e pesante disagio che tanti malati nelle mie condizioni stanno affrontando”. Facendo un giro per le farmacie dell’Umbria, arriva la conferma. “Il Plaquenil, di cui abbiamo qualche rimanenza, risulta non disponibile – spiega il dottor Riccardo Scoccianti, consultando il terminale – mentre può essere ordinato l’equivalente”.

A Perugia, Afas (l’azienda delle farmacie comunali) fa sapere che “il farmaco è presente, seppure in piccoli quantitativi, mentre per il futuro ci potrebbe essere un problema legato agli approvvigionamenti, nei magazzini dei fornitori”. Le scorte, insomma, sono in esaurimento. Colpa dei medici di famiglia che lo prescrivono impropriamente? Assolutamente no, secondo il dottor Paolo Papi, medico di base di lungo corso. “Chi può avere interesse a far sparire dal mercato un farmaco che costa pochissimo ed è efficace (pur avendo effetti collaterali molto gravi)? Mi è difficile pensare ai medici che lo prescrivono o ai pazienti che ne fanno incetta”. Un “gioco” di mercato? Forse. “Si tratta di un farmaco talmente vecchio – spiega ancora Papi – che è impossibile che non ce ne possa essere una produzione massiccia. Che poi non sempre se ne faccia un uso corretto, questa è un’altra cosa e dipende molto dall’approccio dei singoli colleghi. Ma non dimentichiamo che si tratta di un farmaco anche molto pericoloso, va monitorato, dà problemi oculari”. E Federfarma? Il presidente umbro, dottor Augusto Luciani, conferma: “Ho venduto adesso l’ultimo Plaquenil a una signora che era disperata perché non lo trovava e ha l’artrite reumatoide. È possibile che in questo periodo sia stato prescritto anche per il Covid, ma è strano perché non si tratta poi di un prodotto così decisivo per la cura del virus. Questo farmaco, come accade per tutti quelli a produzione standard e di cui c’è richiesta alta, è diventato contingentato: ne ordini 20, te ne mandano 2, 3, al massimo 5. Ai colleghi consiglio, in questi casi, di rivolgersi direttamente a chi lo produce”. Ok, ma come si può superare questo problema che penalizza i pazienti cronici? “Con la chiarezza. Medici e virologi – osserva Luciani - dovrebbero chiarire, in modo anche drastico, che l’idrossiclorochina serve solo per le patologie croniche e non per il Covid.

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Ultimo aggiornamento: 09:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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