Coronavirus, madre muore dopo le dimissioni dall'ospedale: infettata l'intera famiglia

Giovedì 4 Giugno 2020 di Tito Di Persio
Coronavirus, madre muore dopo le dimissioni dall'ospedale: infettata l'intera famiglia

Ha uno scompenso cardiaco che viene scambiato per Covid-19. I medici la ricoverano nel reparto di malattie infettive all’ospedale Mazzini di Teramo e iniziano a curarla con farmaci per il virus. Arriva il risultato del tampone è scoprono che è negativa. Nel frattempo la donna aveva contratto la malattia. La rimandano a casa e dopo cinque giorni Antonia Di Salvatore muore. Ma prima contagia tutta la famiglia. A raccontare la storia della paziente di 90 anni è il figlio Sandro Minchini, che si chiede «Perché i medici sono stati così superficiali? E perché il personale sanitario prima di dimetterla non mi ha detto che il reparto di medicina era diventato un focolaio dove molti di loro e alcuni pazienti si erano già infettati?».

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Poi spiega che la madre aveva un problema cardiaco da circa 20 anni. Il 19 marzo ha avuto un malore severo. Faceva molta fatica a respirare. Allora hanno chiamato il 118, che ha trasportato la donna al pronto soccorso. «Appena i medici vedono che respirava con difficoltà gli fanno subito una lastra al torace – racconta Sandro – e vedono che i suoi polmoni sono opachi. Senza indagare oltre la spediscono nel reparto di malattie infettive. Torno a casa, telefono al mio medico e gli racconto tutta la storia».

Il giorno seguente il medico che curava da tempo la madre chiama in ospedale e avverte i medici, dicendo che gli sembrava molto improbabile che la donna avesse contratto il coronavirus. Uno, perché usciva raramente da casa e due perché in quel periodo a Val Vomano, piccola frazione del comune di Penna Sant’Andrea a una decina di km da Teramo, non erano stati riscontrati casi di Covid-19. I medici gli rispondono che – come da protocollo – dovevano attendere il risultato del tampone. Due giorni dopo arriva il responso: negativo.

«In poche parole avevano scambiato un edema polmonare per una polmonite interstiziale acuta dovuta al Coronavirus. Ma non basta, – continua Sandro – invece di curarla per lo scompenso cardiaco gli stavano dando la terapia per il Covid. Mia madre sarebbe potuta morire già in quei giorni. Davvero non riesco a darmi pace del perché non è stato chiamato un cardiologo a farla visitare. Eppure io li avevo avvertito che era una cardiopatica. Comunque, poi la portano nel reparto di medicina donne. Gli fanno una Tac e scoprono che aveva avuto questo scompenso e iniziano a fargli la terapia adeguata. Il reparto di medicina si trova davanti al reparto di oncologia. In quei giorni il personale dell’ospedale girava continuamente da un reparto all’altro. Verso il 23 marzo, tramite terzi veniamo a sapere che quei reparti dovevano essere sanificati perché erano infatti alcuni medici e infermieri. Preoccupato, chiamo in ospedale e chiedo al dottore che la stava curando se la terapia che stava facendo la poteva fare anche a domicilio. Senza dirmi nulla di quello che stava succedendo mi ha detto “si, può venire con la sua auto che la dimettiamo subito». Mi precipito al nosocomio. In reparto parlo con un’infermiera e mi dice: «Ma dove va con la macchina? Sua madre deve essere trasportato con un’ambulanza».

«Chiamo la Croce Bianca e mi riporto la mamma a casa. Dopo una settimana, il primo aprile, mia madre muore per arresto cardicircolatorio. Il giorno successivo mio padre, 93enne, inizia ad avere la febbre alta e insufficienza respiratoria. Chiamo l’ambulanza e lo trasportano al Mazzini. Una volta lì gli fanno il tampone ed era positivo al virus. Ci eravamo infettati tutti. Compreso mia sorella Rita e suo marito che erano arrivati da Roma per assistere mamma. In poche parole io mi sono fatto dieci giorni di ospedale, cinque ad Atri e cinque a Teramo».

 
 

 
 
 

Ultimo aggiornamento: 13:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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