Coronavirus, Lombardia, 161 morti (meno 42). A Bergamo nati 600 bimbi dall'inizio della pandemia

Mercoledì 22 Aprile 2020
Coronavirus, Lombardia, 161 morti (meno 42). A Bergamo nati 600 bimbi dall'inizio della pandemia

Coronavirus: in Lombardia ci sono stati da ieri 161 nuovi morti, in calo dai 203 di ieri. Calano ancora i ricoveri, secondo i dati della Regione: in terapia intensiva si liberano 34 posti per un totale di 817 occupati, in ospedale se ne liberano 113. I dimessi rispetto a ieri sono 736. 

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«Ormai da 18 giorni c'è un costante calo dei ricoveri sia in terapia intensiva che nei reparti ordinari di medicina generale, questo conferma il trend epidemiologico in calo», dice nella video diretta l'assessore regionale all'Istruzione Melania Rizzoli, che è anche un medico. «Questo non vuol dire che dobbiamo diminuire la nostra attenzione, non stiamo ancora andando verso la fine dell'epidemia», afferma.

Il nostro piano per il rilancio economico-produttivo della Lombardia va nella direzione di sostenere i sindaci in un momento davvero difficile. Risorse concrete che potranno essere utilizzate per la realizzazione di opere pubbliche di sviluppo per gli enti locali» il presidente della Lombardia Attilio Fontana lo ha ribadito soddisfatto dell'apprezzamento del presidente di Anci Lombardia Mauro Guerra che ha definito quello garantito dalla Regione Lombardia «un importante sostegno agli investimenti dei Comuni per far ripartire cantieri e lavori».

 



Bergamo
Ma dalla Lombardia arrivano anche notizie di altro tenore. Dall'inizio dell'epidemia, all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sono già quasi 600 i bimbi venuti al mondo, di cui 25 da mamme malate di Covid. «Nella città dove si è registrato un boom di contagi e decessi si è cercato di preservare la naturalità del momento della nascita, con parto spontaneo, papà in sala parto e allattamento al seno».



A raccontarlo all'Ansa è Giovanna Mangili, che dirige il reparto di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale, del primo primo ospedale in Italia per numero di bimbi nati da mamme positive al Covid.

Nel reparto in cui la dottoressa lavora da 30 anni e che dirige da 10, il primo neonato positivo al Sars-Cov-2 è arrivato il 2 marzo e aveva 20 giorni di vita. «Siamo stati i primi ad avere un bimbo infetto così piccolo in Italia. Da allora ne abbiamo altri 6 e nessuno ha avuto forme gravi. Ma all'inizio però non potevamo saperlo». Quarto punto nascita in Italia e il secondo in Lombardia, all'ospedale di Bergamo nascono quasi 4.000 neonati l'anno. Un ritmo mantenuto anche in tempi di pandemia, con oltre 323 nascite solo a marzo e 585 dal 23 febbraio, giorno del primo caso Covid ad Alzano, nella bergamasca.

«I pazienti adulti con problemi respiratori che arrivavano in pronto soccorso - racconta Mangili - erano un numero spropositato, le terapie intensive tutte piene e l'intero presidio ospedaliero smobilitato, con punte dell'80% dei ricoverati che erano pazienti Covid. È un'esperienza che si è abbattuta come un cataclisma sulla città e che nessuno, al di fuori dei bergamaschi può fino in fondo capire». Nonostante il dramma che li circondava, ginecologi, neonatologi, ostetriche e infermieri hanno continuato a lavorare a pieno regime. Il personale è stato subito addestrato all'uso di materiale di protezione, le visite dei parenti drasticamente ridotte e sono stati creati percorsi ad hoc, con sale parto e sale degenza dedicate.

«Temevamo il peggio. Finora - prosegue Mangili - abbiamo avuto 25 mamme con Sars-Cov-2, siamo stati l'ospedale con il numero più alto in Italia. La maggior parte era in buone condizioni». Tutti negativi al tampone, invece, i nati da mamme positive, tranne uno. A tutti è stata garantita una nascita il più possibile naturale. «Ad eccezione di 5 casi, le donne hanno avuto parto spontaneo, diversamente da quanto è stato fatto in Cina, dove le mamme Covid incluse negli studi erano state sottoposte a cesareo». E, ancora, garantita la presenza del papà in sala parto, il bimbo in camera con la mamma in regime di rooming-in per favorire l'allattamento al seno e poi dimesso con lei, ma con tutte le precauzioni del caso.

«Questo aspetto poteva esser rischioso, ma stiamo seguendo tutti i dimessi ripetendo i tamponi.
E finora, a 30 giorni dal parto, non abbiamo avuto nessuna positività. Il che vuol dire che le mamme sono state attente e sono state ben istruite su come proteggere i propri bimbi». Tutto questo, aveva descritto Mangili su Pediatria, il magazine della Società Italiana di Pediatria (Sip), «ha fatto di noi una sorta di isola 'felice' nella tempesta che ha sconvolto la città»

Ultimo aggiornamento: 18:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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