Colf romene e rischio Covid. Le famiglie italiane: ora regole

Martedì 21 Luglio 2020 di Francesco Malfetano
Colf romene e rischio Covid. Le famiglie italiane: ora regole

Niente lockdown, un nuovo record di contagi e pazienti infetti dimessi senza controlli. La Romania ha scelto di essere il Brasile d’Europa e ora spaventa i Paesi del Vecchio Continente. A temere più di tutti eventuali contagi di ritorno da Bucharest è l’Italia dove i romeni non solo sono la principale comunità straniera, con più di un milione di residenti, ma lavorano anche spesso con le persone più deboli come anziani, disabili o bambini. Ad oggi infatti colf e badanti che rientrano dal Paese balcanico per riprendere il proprio posto di lavoro dopo le ferie o dopo essere scappate nei mesi scorsi temendo di restare bloccate nella Penisola, non vengono sottoposte ad alcun controllo. 

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NIENTE RESTRIZIONI
Sebbene la Romania non sia parte integrante dell’accordo di libera circolazione di Schengen pur essendo parte della Ue, non ci sono restrizioni per chi viaggia verso il Belpaese (a differenza di quanto avviene con Serbia, Montenegro e Kosovo). «Non ci sono norme che tutelano le famiglie e questi lavoratori sono a contatto con soggetti fragili» spiega Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf, Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Al momento è previsto solamente che colf e badanti siano dotati di mascherine, mantengano il distanziamento sociale - per quanto sia impossibile date le mansioni - e siano ammissibili sul luogo di lavoro, cioè che la loro temperatura non superi i 37,5 gradi. «Una famiglia però non è un’impresa - continua l’esperto - Fornire Dpi e rilevare la temperatura va bene ma sottoporli ai test ha un costo» che dovrebbe sostenere il «ministero della Salute, a cui abbiamo già chiesto di monitorare la situazione».

Ad inizio luglio, sull’onda di un’ordinanza del governatore del Veneto Luca Zaia che ha imposto isolamento e test a carico del sistema sanitario per i lavoratori domestici extra-europei (non i romeni quindi), l’associazione aveva chiesto che la prassi fosse estesa a tutte le Regioni e a tutte le provenienze. «Siamo preoccupati - dice Zini - non c’è una soluzione chiara» nonostante la portata del fenomeno. In Italia infatti, secondo l’Istat e l’Inail, ci sarebbero almeno 2 milioni di lavoratori domestici (solo 848mila regolarizzati), di cui quasi la metà provenienti dall’est Europa. Un vuoto normativo che preoccupa non poco. Negli ultimi giorni il numero di casi registrati dalle autorità di Bucharest sta continuando a salire e già sfiora gli 800 nuovi contagi ogni ventiquattro ore (38mila in totale). Un boom rispetto al calo di giugno dovuto tanto alla revoca delle restrizioni voluta dal Governo di Ludovic Orban quanto al caos burocratico causato dalla Corte Costituzionale. 

LA DECISIONE
All’inizio di luglio i giudici romeni hanno stabilito che quarantena obbligatoria, isolamento o trattamento ospedaliero non potessero essere imposti da un Dpcm ai cittadini ma che vi fosse bisogno di una discussione parlamentare. Intanto però secondo il ministro della salute Nelu Tatar «almeno 30mila persone, tra sospetti e confermati, hanno lasciato l’isolamento». Pazienti che, ad oggi, «sono ancora molto contagiosi - ha spiegato domenica alla stampa locale Dragos Garofil, segretario di Stato presso il Ministero della Salute - Ma non esiste un modo istituzionale per fermarli». Il rischio quindi è che i focolai si moltiplichino a dismisura anche se, proprio da stamattina è arrivata la risposta del governo romeno.

«La nuova legge sulla quarantena e l’isolamento è stata approvata dal Parlamento della Romania ed entra in vigore il 21 luglio 2020 - commenta l’ambasciatore romeno in Italia, George Bologan - Offrirà alle autorità gli strumenti necessari per gestire l’epidemia di Coronavirus in maniera adeguata, coprendo il vuoto legislativo che si è verificato».

L’allerta quindi, si spera possa rientrare fin dai prossimi giorni anche perché, conclude Bologan, «la maggior parte delle persone attualmente positive al Covid19 in Romania sono asintomatiche o con sintomi lievi e il sistema sanitario è pronto per offrire cure a tutti i pazienti». 

Ultimo aggiornamento: 19:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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