Coronavirus Napoli, Raffaele morto a 42 anni. L'anestesista: «Ho lottato per lui. Ricoverato troppo tardi»

Domenica 29 Marzo 2020 di Francesca Mari
Coronavirus Napoli, Raffaele morto a 42 anni. L'anestesista: «Ho lottato per lui. Ricoverato troppo tardi»

Lo aveva strappato alla morte tre giorni prima, in una corsa contro il tempo in ambulanza dall’Ospedale del Mare al Centro Covid di Maddaloni. Era felice perché «a soli 40 anni non si può morire di Coronavirus, lontano dalla famiglia: ho vinto io». Ma ieri Gennaro Sulipano, il medico anestesista di Ercolano che mercoledì sera aveva soccorso un giovane paziente all’Ospedale del Mare e lo aveva ventilato a mano per salvargli la vita, ha appreso della sua morte. Ed è stato come ricevere addosso una secchiata d’acqua bollente. «È una domenica triste per me», sospira con un filo di voce Sulipano. «Credevo che Raffaele potesse farcela per le riserve funzionali dovute alla sua età. Ma questa è una patologia che sfugge a ogni controllo, è subdola», dice il medico rianimatore. Che non riesce a reprimere la rabbia. «Non ci sono responsabilità per il suo decesso, era già molto grave, ma per quello che è accaduto prima del suo arrivo al pronto soccorso io dico che sì, si poteva e si doveva fare di più. Questa malattia degenera nel giro di poche ore, una forte tosse diventa all’improvviso una polmonite letale. Tante telefonate al 118 e ti rispondono che “non è grave”, il paziente si preleva quando ormai è troppo tardi». 

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È questo, secondo il racconto di Solipano, quanto accaduto a Raffaele Parisi, 42 anni, operatore delle Poste di Napoli sposato con due figli di 13 e 6 anni, che è morto sabato notte all’ospedale di Maddaloni dove è arrivato, passando dal pronto soccorso dell’Ospedale del Mare, dopo aver atteso invano a casa, per diversi giorni, una visita dei medici e un tampone. E adesso, dramma nel dramma, sua moglie Concetta e i bambini sono chiusi in casa, senza poter ricevere conforto dai familiari e in attesa di un tampone che tarda ad arrivare. «I tamponi, un altro problema. Gli esiti arrivano dopo 48 ore, e spesso sono lasciati su una scrivania per tanto tempo che i risultati non sono nemmeno più attendibili. Capisco che il sistema è in difficoltà, ma se ci sono tutti questi morti vuol dire che c’è una falla. Il mio monito - insiste il medico, che lavora nelle Rianimazioni da trent’anni e, dice, «non ho mai visto una malattia così sconvolgente» - è che la centrale operativa quando viene allertata non deve minimizzare e non può dare consigli per telefono ma deve inviare medici a casa delle persone che facciano verifiche dal vivo, altrimenti conteremo altri i morti. Non si fa diagnosi per telefono. Ora questa famiglia è distrutta, a pagare sono sempre i più deboli e coloro che non hanno voce. Spero che questa mamma con i due bambini non siano lasciati soli». 
 


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Rabbia e dolore per i familiari di Raffaele che hanno appreso per telefono della sua morte e ora non sanno che fare. È stato richiesto più volte il tampone per Concetta Bucciano, chiusa in casa con i bambini, ma a quanto raccontano i parenti finora non c’è stata risposta. «Siamo devastati dal dolore – dice in lacrime Dora Vitale, cugina di Raffaele – e sporgeremo denuncia perché non si può morire così. Raffaele ha cominciato ad avere febbre alta e vomito una decina di giorni fa, abbiamo contattato il medico di base che gli ha dato una cura, ma non funzionava. Peggiorava sempre di più e, nonostante le decine di telefonate al 118, ci dicevano che non era grave. Per telefono, si rende conto? Hanno chiesto persino alla moglie di passarglielo al telefono. Poi, visto che peggiorava, lui si è messo in macchina ed è andato prima al Cardarelli e poi al Cotugno dove gli hanno fatto il tampone e mandato a casa con una saturazione bassissima. Poi il giorno dopo gli hanno comunicato la positività. Ancora la trafila con il 118, da cui continuavano a dire che non era grave, finché sono venuti a prenderlo e l’hanno portato all’Ospedale del Mare. Il resto lo conoscete. L’altra notte, quando ci hanno comunicato la sua morte, Concetta e i figli si sono affacciati al balcone e c’era tutto il quartiere, con le mascherine, a darle conforto. Aspetta il tampone, non lasciateci soli in questa surreale tragedia. Ci hanno abbandonato».
 

Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 11:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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