Di Maio contro Bruxelles, il duello del copyright E si apre caso dazi

Mercoledì 27 Giugno 2018 di Antonio Pollio Salimbeni
Luigi Di Maio
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Dal fronte del diritto d'autore alla politica commerciale: nella strategia di difesa degli interessi nazionali, secondo la visione del governo, il vicepremier Luigi Di Maio ha fatto partire due bordate parallele: una riguarda la direttiva proposta sul copyright in discussione al Parlamento, l'altra i dazi. Cominciamo dalla prima. Vogliono «mettere il bavaglio alla rete, vogliono delegare alle multinazionali il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato, stiamo correndo un grave pericolo.

La scorsa settimana in Parlamento è passata con la nostra opposizione una linea controversa, proposta dalla Commissione con due articoli che potrebbero mettere il bavaglio alla Rete: il primo prevede un diritto per i grandi editori di giornali di autorizzare o bloccare l'uso digitale delle loro pubblicazioni introducendo una nuova remunerazione per l'editore, la cosiddetta Link Tax; il secondo è più pericoloso del primo perchè impone alle società che danno accesso a grandi quantità di dati di adottare misure per controllare ex ante i contenuti caricati dagli utenti. Se la direttiva dovesse passare così com'è, dovremo fare una seria riflessione sulla possibilità o meno di recepirla».

Da notare che l'incorporazione nella legislazione nazionale di una legge Ue non è una libera scelta, bensì un obbligo giuridico. Di Maio parlava a #Internet Day 2018 a Roma e subito si sono scatenate forti polemiche. In Italia dall'industria creativa alla Confindustria, agli editori. Dura la reazione del presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani: «Non sono d'accordo con Di Maio, noi vogliamo difendere autori e artisti dallo strapotere delle piattaforme che sfruttano le loro opere senza una giusta remunerazione. Oppure consentono contraffazioni di proprietà intellettuale su moda e design. I diritti d'autore vanno protetti». Poi è toccato alla Commissione: «Non sono previste né censure né una tassa sui link».
Gli eurodeputati della commissione affari giuridici hanno appena votato un testo (sotto tiro del M5S) e all'inizio di luglio la plenaria voterà la posizione per il confronto con i governi. Si tratta di rafforzare la posizione dei titolari dei diritti quando negoziano condizioni e remunerazione per lo sfruttamento online dei loro contenuti su piattaforme per la condivisione di contenuti (Youtube, Google, Facebook).

IL NODO
La questione riguarda direttamente anche giornali e riviste, che beneficiano della comunicazione online e tuttavia patiscono in termini di introiti pubblicitari e risulta loro difficile, se non impossibile, vedere riconosciuti i loro diritti relativi ai. Di qui la proposta di riconoscere agli editori gli stesi diritti di cui godono i produttori di film e discografici.

Gli articoli contestati sono l'11 e il 13. L'11 prevede il diritto degli editori «di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente in qualunque modo o forma» dei loro contenuti. Lo scopo è dare più potere negoziale verso le piattaforme Web per definire la remunerazione per l'uso degli articoli pubblicati sulla stampa. La Commissione spiega che «si tratta di un diritto che non ha alcun impatto sulla libertà di link da parte degli utenti».

Il tortuoso articolo 13 riguarda i prestatori di servizi che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere caricati dagli utenti, i quali «adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l'uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte ad impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi». Si tratta di tecnologie per il riconoscimento dei contenuti, devono essere «adeguate e proporzionate». Filtri per individuare il caricamento di testi, video o immagini protetti da diritto d'autore, che secondo i critici potrebbero mettere in causa la libertà di espressione. La Commissione ribatte che l'obiettivo è «rafforzare la posizione dei titolari dei diritti». Nessun timore per «la libertà di parola sulle piattaforme generate dagli utenti».

Quanto ai dazi, il vicepremier ha detto che non si deve «aver paura di parlarne, non dico che voglio metterli, ma che se ne può parlare. Se servono a proteggere i nostri prodotti è giusto parlarne, è un altro tabù da infrangere, ci sto riflettendo». Riflessioni a parte, la politica commerciale europea è di competenza della Ue: nell'articolo 207 del Trattato è scritto chiaramente che «la politica commerciale comune è fondata su principi uniformi» che valgono anche per «le misure di protezione commerciale». Viene condotta «nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione». Dazi nazionali non sono possibili.
 

Ultimo aggiornamento: 23:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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