Carabiniere ucciso, l'ordinanza: «Varriale all'1.19 in piazza Mastai, identificò Brugiatelli un'ora prima della telefonata»

Lunedì 29 Luglio 2019
Carabiniere ucciso, l'ordinanza del gip: «Assenza di autocontrollo degli indagati e immaturità eccessiva»
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Come la sceneggiatura di un film. L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, ricostruisce attraverso le varie testimonianze e le indagini degli investigatori quello che è accaduto quel maledetto venerdì notte. 

È L'1,19 DI NOTTE
«Dall'annotazione del carabiniere Varriale emerge che poco tempo prima di ricevere l'incarico di effettuare l'operazione in abiti civili, alle ore 1.19, era intervenuto in piazza Mastai su ordine del maresciallo Pasquale Sansone che gli riferiva di trovarsi sul posto insieme ad altri operanti per la ricerca di un soggetto che si era sottratto all'identificazione dandosi alla fuga dopo aver consegnato ai militari un involucro di colore bianco contenente una compressa di tachipirina».

LA VITTIMA DEL BORSEGGIO
«Sul posto - continua il giudice - veniva identificato Sergio Brugiatelli (un'ora prima della telefonata al 112 che veniva registrata daopo le 2 di notte) che riferiva di essere stato vittima di un borseggio operato da due persone che dopo il furto si allontanavano a piedi in direzione lungotevere altezza ponte Garibaldi. Precisava inoltre che all'interno della borsa che gli avevano asportato era presente il suo cellulare documenti ed altri effetti personali. Al momento gli operanti invitavano Sergio Brugiatelli a sporgere denuncia presso un qualsiasi ufficio di polizia e riprendevano il normale servizio».

L'IDENTIKIT DEI DUE SCIPPATORI
«Entrambi avevano un accento inglese, credo americano». È la descrizione fornita agli investigatori da Sergio Brugiatelli, l'uomo derubato dello zaino, la notte dell'aggressione mortale al vice brigadiere Mario Cerciello Rega e contenuta nell' ordinanza in cui il gip di Roma ha confermato il carcere per i due californiani. Una notizia che gli investigatori avevano ricevuto ancora prima dell'omicidio, diversa da quella fatta trapelare successivamente, che descriveva due nordafricani come i responsabili del delitto. «Il primo ragazzo aveva i capelli biondi, era alto circa 1,80 metri, indossava una camicia color crema a quadri e pantaloni jeans scuri - riferì l'uomo -. Mentre il secondo aveva i capelli mossi con delle meches di colore viola, alto circa 1,80 metri, aveva un tatuaggio sull'avambraccio destro di grosse dimensioni, indossava una maglietta di colore chiaro e jeans di colore scuro. Quest'ultimo ragazzo sembrava tipo intontito. Aggiungo che entrambi avevano un accento inglese, credo americano».

​L'INNESCO DELLA TRAGEDIA E L'ESTORSIONE
Nel' ordinanza del Gip di Roma Chiara Gallo il delitto del carabiniere eroe viene ripercorso attraverso le dichiarazioni di Sergio Brugiatelli, il primo a entrare in contatto con i due ventenni americani alle 23.30 di giovedì sera. «Mi trovavo in piazza Trilussa in compagnia del mio amico di nome Meddì - racconta - quando venivamo avvicinati da due ragazzi stranieri, i quali ci chiedevamo se avevamo della sostanza stupefacente, in particolare della cocaina, da vendergli. Io gli rispondevo che non avevo lo stupefacente con me, ma che ero in grado di recuperarlo. I due ragazzi, convinti dell'acquisto, riferivano che volevano acquistare circa 80 euro di cocaina, andando a prelevare denaro contante presso un vicino bancomat». Tornati con i soldi, insieme si incamminano in direzione dello spacciatore che viene chiamato al telefono da Brugiatelli e invitato a raggiungerlo con la droga. 

Lo spacciatore che venderà l'aspirina al posto della coca ai due americani, scatenando così l'estorsione prima e la rabbia dei due poi contro i carabinieri, racconta di aver incontrato Brugiatelli alle 20 di giovedì in piazza Mastai dove si trovava insieme a uno straniero che conosce col nome di "Medi". All'1,30 lo incontra di nuovo, ma stavolta nei pressi del cinema 'Alcazar' dove si trovava con un egiziano di nome Tamer.

IL "FRATELLINO" 
Brugiatelli in quell'occasione gli presenta «una persona mai vista prima con la frase "è un mio fratellino"». É quasi certo che si tratti dell'americano che va all'appuntamento con Brugiatelli dal pusher per prendere la droga. «In quel momento e sempre nei pressi di piazza Mastai, giungeva un motociclo di colore nero con a bordo due persone che si qualificavano come appartenenti all'Arma dei carabinieri - si legge nel l' ordinanza del Gip Chiara Gallo - che procedeva al controllo dello spacciatore mentre Brugiatelli e gli altri due stranieri (l'egiziano Tamer e il 'fratellinò) si allontanavano senza essere controllati dai militari».

 



Lo stesso pusher (evidentemente lasciato andare perché non in possesso di stupefacente al momento del controllo, ndr) racconta di aver incontrato Sergio mezz'ora dopo che gli diceva di essere stato derubato della propria borsa e che «l'amico (il cosiddetto fratellino) era in compagnia di un altro soggetto, non conosciuto né notato dallo stesso pusher (l'altro americano era rimasto infatti in attesa su una panchina dove Brugiatelli aveva lasciato il proprio zaino e la bicicletta, ndr).
Lo stesso Tamer ha poi riferito di aver notato Sergio intorno a mezzanotte e un quarto che, mentre spingeva la sua bicicletta, parlava ai due ragazzi dall'accento inglese.


LA TRAPPOLA DEI MILITARI
Quando la pattuglia dei carabinieri in borghese raggiunge Sergio Brugiatelli, i due americani vengono richiamati al numero del cellulare rubato. Mario Rega Cerciello e il suo collega Andrea Varriale dicono all'uomo di prendere appuntamento con l'estorsore. All'incontro in via Federico Cesi, nel quartiere Prati, Brugiatelli si presenta alle 3.15 insieme ai due carabinieri. «Parcheggiata la macchina, i militari mi dicevano di rimanere vicino al mezzo, mentre loro si sarebbero recati a prendere contatti con i malviventi».

 


ARRIVANO GLI AMERICANI
«I due soggetti, notati di un atteggiamento palesemente guardingo e sospettoso, venivano da noi repentinamente avvicinati. Contestualmente ci qualificavamo come appartenenti all'Arma dei carabinieri attraverso anche l'esibizione dei nostri tesserini di riconoscimento». È la ricostruzione degli istanti dell'aggressione mortale fornita da Andrea Varriale il collega del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, contenuta nell' ordinanza. «Ma i due - aggiunge - ancor prima di procedere a una qualsiasi forma di regolare controllo ci aggredivano fisicamente per vincere un nostro tentativo di bloccaggio».

 


IL GRIDO DI VARRIALE
«Fermati, siamo carabinieri. Basta!». É Andrea Varriale, collega del vicebrigadiere Mario Rega Cerciello, a ricordare gli ultimi istanti di vita del militare della stazione piazza Farnese, con lui in servizio la notte tra il 25 e il 26 luglio scorsi per recuperare lo zaino di Sergio Brugiatelli rubato dai due americani. Il militare di Somma Vesuviana urlava e intanto veniva colpito con undici coltellate.

«Mi hanno accoltellato» é riuscito a dire prima di accasciarsi. I due già fuggivano, Cerciello sarebbe morto di lì a pochi minuti per emorragia al pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito. É tutto nell'annotazione del carabiniere che in borghese era intervenuto insieme alla vittima in via Federico Cesi, nel quartiere Prati, per il tentativo di estorsione fatto da Elder Fiinegan Lee, autore dell'omicidio e dall'amico anche lui di San Francisco, Gabriel Christian Natale Hjorth.

L'EPILOGO
Elder Finnegan Lee, in sede di udienza di convalida del fermo, si é avvalso della facoltà di non rispondere, l'amico Natale Hjorth ha precisato di non aver aggredito il carabiniere che gli si era avvicinato in via Cossa (Varriale, ndr), ma di essersi limitato a «togliergli le mani dalle spalle» e a spintonarlo «per fuggire dopo che lo stesso lo aveva buttato per terra. »Ha ribadito - scrive ancora il Gip - di non aver creduto che i due che si erano avvicinati fossero carabinieri non avendo esibito un tesserino ed essendo in borghese, nonché di non essere stato consapevole che Elder avesse con sé un coltello né di aver capito che lo aveva usato contro il carabiniere in quanto era egli fuggito dopo tre o quattro secondi«.

Mentre é chiaro il concorso dei due nella tentata estorsione aggravata, »quanto al reato di omicidio aggravato - sottolinea il giudice nell' ordinanza - é pacifico che l'autore materiale delle coltellate che hanno cagionato la morte della persona offesa sia Elder Finnegan Lee. Né vi é dubbio, alla luce delle modalità della condotta, del numero di colpi inferti, della sede prescelta e del tipo di arma utilizzata che lo stesso abbia cagionato la morte in modo volontario«. Ma non solo, perché secondo il gip Chiara Gallo »non appare compatibile con gli elementi di fatto emersi dalle indagini il tentativo difensivo di ipotizzare una sorta di legittima difesa putativa, sostenendo di aver avuto paura per la propria vita e di essersi difeso«. Non vi é nemmeno alcuna evidenza di quanto dichiarato da Elder che ha riferito di aver reagito accoltellando la vittima, dopo aver percepito una »compressione al collo tipo strangolamento«, non presentando lo stesso ragazzo alcun segno compatibile con quanto raccontato.


BRUGIATELLI  FERMO NELL'AUTO DEI CARABINIERI

«Sceso dall'auto civetta notavo i militari allontanarsi lungo una strada adiacente perdendoli così vista. Dopo pochi minuti sentivo provenire delle urla da una strada limitrofa», continua la ricostruzione fornita da Brugiatelli. «Io rimanevo sempre vicino al mezzo - avrebbe aggiunto - in questi frangenti notavo sopraggiungere altre macchine dei carabinieri e un'autoambulanza. Dopo circa 15 minuti tornava uno dei carabinieri con cui ero arrivato e mi diceva di seguirlo. Venivo portato presso la stazione dei carabinieri di Roma Prati».



 

Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 01:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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