Per il governo non c'è nessun giallo e nessun dubbio.
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Oggi un'imbarcazione con 108 #migranti è stato soccorsa dalla Nave Asso 28, bandiera italiana, che si sta dirigendo verso Tripoli. Ci auguriamo che non si tratti di un precedente gravissimo: un vero e proprio respingimento collettivo vietato, e di cui ne risponderà l'Italia.
— nicola fratoianni (@NFratoianni) 30 luglio 2018
Potrebbe essere un nuovo corso per le politiche sull'immigrazione, dal momento che i profughi non entrano in acque italiane e vengono riportati nel porto di Tripoli, ma questa linea potrebbe aprire un conflitto con l'Europa. È comunque il segnale chiaro che gli accordi tra l'Italia e la Libia, per fermare i flussi, sono esecutivi. A sollevare i dubbi, mentre l'Ue attende chiarimenti, però, non è solo l'opposizione, per l'Unhcr, l'Oim e gli esperti di diritto internazionale, ci sarebbe stato un respingimento: soccorsi in acque internazionali, i migranti, a bordo di una nave italiana, si sarebbero di fatto trovati sul nostro territorio e avrebbero dovuto essere sbarcati in un porto sicuro, quindi non in Libia. Il giallo riguarda anche le informazioni giunte a Roma, Nicola Fratoianni di Leu, su una nave di Open arms sostiene che la Ong abbia contattato il Centro di coordinamento di Roma per segnalare i gommoni senza ottenere indicazioni, i libici, invece, avrebbero risposto che sarebbero intervenuti loro.
LA RICOSTRUZIONE
La nota dell'Augusta Offshore ricostruisce i fatti: alle 14.30 la Asso Ventotto si trovava nei pressi della piattaforma petrolifera Sabratha, gestita in joint venture tra Eni e la libica Noc, a 57 miglia marine da Tripoli, 105 da Lampedusa, 156 da Malta e 213 da Pozzallo. Alle 15, la nave ha ricevuto istruzioni dal Marine Dept di Sabratha di procedere in direzione di un gommone a circa 1,5 miglia sud est dalla piattaforma. Dopo aver imbarcato rappresentanti dell'Authority libica, la nave ha avvicinato il gommone «ricevendo, dal rappresentante dell'Authority che era a bordo, istruzioni di recuperare i migranti e procedere verso Tripoli». Alle 16.30 è iniziato il soccorso ai migranti (tra i quali c'erano cinque bambini e cinque donne incinte). «Al termine delle operazioni la nave italiana è stata scortata fino a Tripoli da una motovedetta libica. In porto, senza disordini, è avvenuto il trasbordo dei profughi su una nave libica. Lo scenario cambia. Per effetto di due novità: la linea dura anti-sbarchi del governo e il riconoscimento della zona Sar della Libia. Adesso non è più il Centro di coordinamento di Roma a gestire le operazioni di soccorso in mezzo Mediterraneo.
GLI INTERVENTI
Nelle acque Sar libiche adesso interviene il Centro di Tripoli e la Guardia costiera italiana, tutte le volte che riceve segnalazioni, le invia all'organismo libico, autorità competente sulla propria zona Sar, che assume il coordinamento dei soccorsi. «Se non conosciamo i dettagli dell'operazione di soccorso e sotto quale autorità la nave opera, non commentiamo il caso. Siamo in contatto con le autorità italiane per saperne di più». Da Bruxelles non arrivano altri commenti. Intanto è Marina Castellaneta, professore di Diritto Internazionale a sostenere che l'Italia possa incorrere in una condanna da parte della Corte europea, come avvenuto nel 2009. «La nave è italiana, quindi lo Stato è responsabile come se fosse il suo territorio» ragiona la docente.
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