Il governo contro i violenti: lo Stato non si fa intimidire, tolleranza zero per le teste calde

Rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine nelle nostre ambasciate

Martedì 31 Gennaio 2023 di Francesco Bechis
Il governo contro i violenti: lo Stato non si fa intimidire

Linea della fermezza. Che non vuol dire inerzia, ma una risposta dura, esemplare dello Stato ai violenti che minacciano con la forza le istituzioni. Da un lato il rafforzamento dei presidi delle forze dell'ordine intorno ai palazzi istituzionali e alle ambasciate italiane all'estero. Dall'altro la difesa strenua del 41-bis per i terroristi, nel rispetto dei diritti di chi si trova in carcere, a partire dall'assistenza medica. E tolleranza zero per le teste calde tentate di emularne le gesta.
L'INFORMATIVA
È questo il quadro emerso dall'informativa dei ministri Antonio Tajani (Esteri), Matteo Piantedosi (Interni) e Carlo Nordio (Giustizia) durante il Cdm ieri sera davanti alla premier Giorgia Meloni.

Conclusa con un impegno corale, ribadito nel comunicato finale: «La volontà di non scendere a patti con chi usa violenza e minaccia come strumento di lotta politica». «Lo Stato non si fa intimidire da chi minaccia i suoi funzionari», è del resto la linea dettata ieri dalla presidente del Consiglio. Riecheggiata in giornata dai vertici dell'esecutivo. Tajani: «Il governo non è disposto a trattare con chi usa la violenza». Piantedosi da parte sua avvisa i facinorosi che minacciano i funzionari pubblici: le loro azioni «non condizioneranno le scelte future» del governo. Nessun passo indietro, dunque. Così, ha riferito Nordio in Cdm, non c'è motivo di interrompere il carcere duro per un detenuto condannato per terrorismo. Neanche se le condizioni di salute sono precarie, finché le cure mediche sono garantite.

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Altro conto è sottovalutare attacchi e provocazioni. In settimana Piantedosi farà il punto con il capo della Polizia Lamberto Giannini e i vertici degli apparati di sicurezza. È in programma mercoledì una riunione del Comitato di analisi strategica anti-terrorismo. Nel frattempo il Viminale alza l'asticella della sicurezza nelle città a presidio delle sedi istituzionali. In campo, da Roma a Milano e Torino, un rafforzamento dei reparti mobili di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Stretta in arrivo per le misure di sicurezza di ministeri, tribunali ma anche stazioni, aeroporti e caselli autostradali. Deterrenza necessaria, ha spiegato Piantedosi, per evitare che «gruppuscoli» di criminali «possano compattarsi». Ma un vademecum arriva anche dalla Farnesina per le sedi diplomatiche all'estero. Nella nota inviata l'annuncio di un rafforzamento dei presidi - affidati all'Arma - per ambasciate, consolati e istituti di cultura. Berlino, Atene, Barcellona, La Paz e Santiago le città osservate speciali alla luce di precedenti azioni dei violenti. Ma anche Madrid, dove oggi è attesa una protesta di fronte all'ambasciata italiana. Nella nota spedita alle feluche da Roma, l'invito a controllare con più attenzione i pacchi consegnati. Non solo: ai diplomatici viene consigliato di tenere un basso profilo nelle prossime settimane «fuori dall'orario di lavoro». Evitando ad esempio di rientrare a tarda notte in ambasciata o al consolato o di confessare a sconosciuti la professione svolta. Insieme alla nota, ai governi ospitanti Roma ha chiesto di rafforzare i controlli nei dintorni delle sedi diplomatiche e verificare movimenti sospetti.

 


LA LINEA
Fermezza, ma anche prudenza. C'è un motivo dietro alla sobrietà di ministri e Forze dell'ordine chiamati a commentare assalti e provocazioni degli ultimi giorni. E si può riassumere così: vietato cedere agli allarmismi. Questione di merito: chi vuole mettere a ferro e fuoco auto, stazioni di polizia e ambasciate non deve avere l'impressione di dettare in questo modo l'agenda politica e istituzionale. Così non è. Poi c'è un problema di metodo, ben presente ai vertici delle Forze dell'ordine e dell'intelligence impegnati a costruire una rete di sicurezza nelle città. L'emulazione: ingigantire le gesta dei riottosi - una scritta o una molotov non fa differenza - è un modo per offrire loro un palcoscenico. Con il rischio, ritenuto concreto, che l'atto dimostrativo di un criminale isolato faccia proseliti. Specie tra le fasce più giovani. A partire dalle scuole, dove il confine tra gioco e realtà può farsi sottile. Il messaggio ribadito ieri da Meloni a Palazzo Chigi ai suoi ministri va in direzione opposta: «Lo Stato non arretra. E non si farà condizionare».
 

Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 15:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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