Regionali Umbria, crollo M5S e processo a Di Maio: «Esperimento fallito»

Lunedì 28 Ottobre 2019 di Simone Canettieri
Regionali Umbria, crollo M5S e processo a Di Maio: «Esperimento fallito»
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«Una sconfitta amara». Luigi Di Maio non va a Perugia, ma alla festa di laurea di Paola Taverna in un locale cool della Capitale. Le dimensioni della sconfitta in Umbria, l’incubo di scendere sotto la doppia cifra lo inseguono per tutta la giornata. E si materializzano: rispetto alle Europee passa dal 14,6% al 7,7%. Alle politiche del 2018 qui prese il 27,5. Un tracollo sistematico.

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 «Questa volta - confidava ieri il leader del M5S - non starò zitto». Ecco, perché questa mattina andrà in tv per cercare di giocare d’anticipo, per bloccare le mille fronde interne al Movimento che lo contestano ma che non riescono ancora a saldarsi. Salvo invocare un intervento di Beppe Grillo. «Ai parlamentari che mi criticano vorrei ricordare che l’Umbria si trova a un’ora da Roma, eppure non si sono mai visti. E come sempre l’unico a metterci la faccia sono stato io», è il ragionamento che trapela dal cerchio ristretto di Di Maio. «Il patto è un esperimento e non ha funzionato. Torna il progetto di una terza via che non si schieri con nessuno dei due poli», recita una nota del M5S. 

Che però a questo punto ha due problemi: il primo è di prospettiva. Cosa fare in Emilia Romagna e in Calabria, cioè nei prossimi due appuntamenti elettorali previsti a gennaio? In queste ore i vertici del M5S stanno valutando l’ipotesi di non presentarsi in Emilia Romagna. Dunque né da soli (ipotesi velleitaria: da un sondaggio interno i grillini sono stimati sotto le Due Torri intorno al 6%) né a sostegno del governatore dem uscente Stefano Bonaccini. «Lo abbiamo visto in Sardegna - è la riflessione che prende forza ora - se non siamo pronti è meglio dirlo e non presentarsi».
 


Un modo, quello di ritirarsi dalla contesa, che viene usato anche per prevenire le critiche di queste ore sull’accordo con il Pd. I falchi sono pronti ad alzarsi in volo. Due gli appuntamenti abbastanza decisivi: oggi l’assembla del gruppo della Camera per superare lo stallo a Montecitorio per l’elezione del nuovo capogruppo (Raffale Trano e Francesco Silvestri in lizza) e domani quella del Senato. 

LA FRECCIATA
Aspettando i dati scorporati, ma consapevole di una disfatta Di Maio rilegge anche la campagna elettorale in Umbria. Dicono dal suo staff: «Queste elezioni dimostrano che Conte non è un soggetto politico, ma solo istituzionale, funziona nel Palazzo, ma non nelle urne». Una frecciata che acuisce le distanze e le tensioni tra il premier e il ministro degli Esteri. Il leader politico è stato sempre contrario a un’alleanza strutturale con il Pd (al contrario di Beppe Grillo) e in Umbria è stato proprio Conte, secondo quanto raccontano i vertici pentastellati, a spingere su Bianconi come candidato unitario.

Da qui il braccio di ferro del titolare della Farnesina con Palazzo Chigi per spingere il presidente a «metterci la faccia». Così è stato, ma il giocattolo si è rotto. 

La tensione sul fronte governativo è niente rispetto a quella che si respira tra i parlamentari grillini.
La leadership di «Luigi» è nel mirino. Si rincorrono voci di una lettera a Davide Casaleggio per modificare lo statuto del M5S (che prevede la sfiducia del capo politico solo su input di Beppe Grillo o dello stesso Casaleggio), è guerra aperta tra il consigliere regionale grillino Stefano Liberati e il senatore Stefano Lucidi. Giorgio Trizzino, deputato dell’«ala dei competenti» eletti nei collegi uninominali, chiede una «svolta» adesso che si entrerà nel vivo della riorganizzazione interna per valorizzare le professionalità e non gli yes man. «Ricordo che avere lasciato le proprie navi da guerra dentro il porto è costata all’America la disfatta di Pearl Harbor». La resa dei conti sta per iniziare.

Ultimo aggiornamento: 08:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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