Taglio parlamentari è legge, patto a cena Di Maio-Zingaretti per il doppio turno

Mercoledì 9 Ottobre 2019 di Simone Canettieri e Alberto Gentili
Taglio parlamentari è legge, patto a cena Di Maio-Zingaretti per il doppio turno
5

Il piatto forte: rilanciare la fase due del governo, dopo il sì definitivo al taglio dei parlamentari. Occasione ghiotta per iniziare a ragionare sulla futura legge elettorale. Un'esplorazione destinata a essere approfondita. Poi c'è stato il dessert: l'alleanza Pd-M5S su scala regionale. Come replicarla senza creare sconquassi interni. E così dopo l'Umbria, si è deciso che toccherà alla Calabria. Lunedì sera Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti si sono visti a cena in un ristorante del centro di Roma.

Taglio dei parlamentari, l'incognita referendum appesa alla nuova legge elettorale

È la seconda volta che i leader dei grillini e dei democrat si mettono a parlare davanti a una tavola imbandita. La prima fu lo scorso 23 agosto a casa dell'allora sottosegretario, e ora ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. L'altra sera, complice il clima caldo dell'ottobrata romana, tutto è scivolato senza traumi, né imbarazzi. D'altronde, come raccontano dai rispettivi quartier generali, «Luigi e Nicola ormai si comportano da alleati: si sentono e si scrivono in chat tutti i giorni».
Vien da sé che i convitati di pietra della cena siano stati due: il premier Giuseppe Conte e, soprattutto, Matteo Renzi. Proprio per questo motivo Di Maio e Zingaretti hanno gettato le basi per un'intesa sulla prossime riforme, senza tralasciare la manovra, viste le forti tensioni. Durante il tête-à-tête entrambi hanno concordato su un punto: «Dobbiamo coordinare la comunicazione». D'altronde il ministro degli Esteri lo ha già vissuto con Matteo Salvini: la rincorsa al titolo produce crisi politiche.
 

 


Sul tavolo, tra una portata e l'altra, sono rimasti sospesi diversi argomenti: dal Copasir alla sfida in Umbria («La partita è più aperta che mai») con il bis dello schema destinato a riproporsi in Calabria, mentre è complicata l'alleanza in Emilia Romagna. Conversando sulla fase due, la discussione è caduta sulla legge elettorale che verrà.
Il tema del nuovo meccanismo di voto è estremamente delicato e sensibile, visto che da questo dipende la sopravvivenza di almeno due forze di maggioranza: Leu e Italia viva di Renzi, schierate per il proporzionale. Ma forti dell'accordo stretto in Umbria, secondo fonti autorevoli, Pd e 5Stelle stanno esplorando l'ipotesi di virare su un sistema a doppio turno su base nazionale. Non di collegio. Prima di abbracciare questo sistema, Di Maio e Zingaretti vogliono però capire se gli elettori dei due partiti possono coabitare e sommarsi. Se le elezioni umbre diranno di sì e il governo di Giuseppe Conte crescerà in solidità e popolarità, i due partiti potrebbero puntare su un'alleanza strutturata (lanciata il mese scorso da Dario Franceschini) tra centrosinistra e 5Stelle. «Così Salvini verrebbe relegato sine die all'opposizione e Renzi reso marginale, se non addirittura stritolato», si frega le mani una fonte di rango del Pd che segue il dossier.
Da come finirà la trattativa sulla legge elettorale dipende anche la sorte del referendum confermativo sul taglio degli onorevoli. La Costituzione dà tre mesi di tempo - e in questi tre mesi non si può andare a elezioni - a 5 consigli regionali, 1/5 dei parlamentari e a 500mila elettori per promuove la consultazione. Dunque, a inizio gennaio si saprà se il referendum si celebrerà o meno. Ma al momento, visti i 553 sì incassati ieri dalla riforma, nessuno (a parte Giachetti) appare intenzionato a promuoverlo. Tanto più che cavalcare il no appare decisamente impopolare. «Tutto dipenderà però da come si chiude l'accordo sulla legge elettorale», dice il capogruppo di Leu, Federico Fornaro e concordano Enrico Costa e Matteo Orfini, «se l'intesa non piacerà a qualcuno nulla gli impedirà di buttarsi sul referendum».

SOSPETTI E VELENI
Tre mesi di stop elettorale e non sei, come accadrebbe se scattasse la consultazione, fanno tirare un respiro di sollievo a Conte. Tanto più che Renzi, in piena sessione di bilancio e con margini di tempo così stretti, difficilmente potrebbe tentare l'azzardo di far cadere Conte (suo rivale nella lotta per la conquista dell'elettorato moderato) per provare a sostituirlo con un altro premier. Ciò non toglie che la tensione resta alta. Sentite un esponente molto vicino a Renzi: «Perché dovremmo fare noi il lavoro sporco? Ci penserà Di Maio a mandare a casa Conte...». E ascoltate cosa filtra da palazzo Chigi: «Anche Franceschini teme Renzi, non a caso aveva proposto di far slittare il taglio dei parlamentari per rinviare il trimestre o semestre bianco di qualche mese. Ma ora Renzi dice che potrebbe essere Di Maio... Quanto è brutta questa politica!». I dem, però, gettano acqua sul fuoco. Ecco Andrea Orlando: «Renzi tirerà sempre la corda, ma non la spezzerà. Se facesse cadere Conte pagherebbe un prezzo altissimo». E poi Graziano Delrio: «Tranquilli, non si va a votare». Anche perché nel 2022 c'è da eleggere il nuovo capo dello Stato e sia il Pd che i 5Stelle, oltre allo stesso Renzi, vogliono sceglierlo con questo Parlamento dove hanno la maggioranza. In quello futuro, chissà.
 

Ultimo aggiornamento: 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci