Stipendi più alti da gennaio e tassa piatta agli autonomi, sgravi alle imprese per le assunzioni di giovani e donne. Cosa cambia con la manovra

Interventi complessivi per 40 miliardi. Il taglio del cuneo da solo ne vale quasi 5

Sabato 24 Dicembre 2022 di Luca Cifoni
Stipendi più alti da gennaio e tassa piatta agli autonomi, cosa cambia con la manovra

Interventi per circa 40 miliardi, tra maggiori spese e minori entrate, di cui circa la metà vanno ad incrementare il deficit del 2023. Sostanziale via libera da parte della commissione europea, pur se con alcune osservazioni rilevanti (una delle quali ha portato alla marcia indietro sul tema delle sanzioni per il mancato uso dei Pos). Sul piano contabile e su quello politico sono queste le caratteristiche chiave della legge di Bilancio sulla quale il governo ha chiesto il voto di fiducia della Camera.

Una manovra condizionata in partenza dalla necessità di continuare a garantire sostegno a famiglie e imprese sul fronte del caro-energia, ma anche dalla scelta di prudenza fatta da Palazzo Chigi e ministero dell’Economia.

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LA CONFERMA

La singola misura più costosa (poco meno di 5 miliardi) è la riduzione dell’aliquota contributiva a carico dei lavoratori dipendenti, pari di norma al 9,19 per cento. Intervento che comprende la conferma per il prossimo anno del taglio di due punti già applicato dal governo Draghi a beneficio dei redditi fino a 35 mila euro lordi l’anno, ma anche l’abbattimento di un ulteriore punto (dunque saranno tre in tutto) per chi guadagna fino a 25 mila euro l’anno: la versione del testo entrata in Parlamento si fermava a 20 mila. A chi va il maggior beneficio? In termini netti, ossia tenendo conto del fatto che si applica l’Irpef sulla maggiore retribuzione lorda derivante dall’esonero, l’impatto più significativo è proprio sui lavoratori con retribuzione pari a 25 mila euro (ovvero 1.923 mensili su tredici mensilità): sui loro cedolini dello stipendio troveranno circa 38 euro in più al mese. Per chi ne prende 35 mila l’anno, con un taglio di due punti, il vantaggio netto mensile è di circa 30.

Un diverso meccanismo di decontribuzione ha invece l’obiettivo di favorire le assunzioni in particolare di lavoratrici e giovani fino a 35 anni di età. In questo caso lo sgravio sarà totale per dodici mesi per la parte di versamenti a carico del datore di lavoro, per un ammontare massimo di 80 mila euro: questo importo è stato incrementato nel corso dell’esame parlamentare rispetto ai 6 mila originariamente previsti.

I lavoratori autonomi potranno invece beneficiare di una tassazione forfettaria del 15%, estesa a chi ha ricavi fino a 85 mila euro (finora si arrivava a 60 mila) e della cosiddetta flat tax incrementale (al posto dell’Irpef ordinaria): prelievo sempre del 15% sulla quota di reddito che eccede quella del triennio precedente.

Sul fronte della previdenza, rispetto alle attese della vigilia, la manovra si caratterizza soprattutto per il pesante ridimensionamento della rivalutazione delle pensioni, per gli assegni di importo superiore a 2.100 euro lordi al mese: da questa voce arriveranno oltre due miliardi nel solo 2023. Per chi in pensione ci deve ancora andare, c’è una nuova formula di uscita flessibile introdotta solo per un anno in attesa di una riforma più complessiva: Quota 103 permetterà di lasciare il lavoro a chi ha 62 anni di età e 41 di contributi. Risulta invece fortemente limitata Opzione donna, il meccanismo che permetteva alle lavoratrici di conseguire il diritto alla (meno conveniente) pensione contributiva con 58 anni di età e 35 di contributo. Sulla carta ora potranno fare questa scelta solo disabili, persone impegnate nell’assistenza di parenti oppure dipendenti di aziende in crisi. Ma sul punto specifico non sono esclusi ritocchi in successivi provvedimenti. Così come dovrà essere rivisto con un apposito decreto governativo il tema del reddito di cittadinanza: un emendamento ha cancellato, ma in realtà non completamente, il riferimento alla congruità dell’offerta che - se rifiutata - fa venire meno il diritto al sostegno. L’idea dell’esecutivo è che gli interessati debbano accettare qualsiasi offerta, che non sia però ad una distanza eccessiva dalla residenza.

IL PAYBACK

Un altro capitolo sul quale potrebbero arrivare ulteriori affinamenti è quello della salute. La legge di Bilancio incrementa il Fondo sanitario nazionale di 2,15 miliardi nel 2023 e rispettivamente di 2,3 e 2,6 nei due anni successivi. Soldi che serviranno essenzialmente a fronteggiare gli effetti dell’aumento dei costi energetici. Non ci sono invece finanziamenti specifici per altre voci, come l’anticipo dell’indennità di pronto soccorso che era stata richiesta a gran voce dai sindacati dei medici. Così come non è stato affrontato il tema del payback, l’obbligo per le imprese (in particolare quelle del settore dispositivi medici) di accollarsi la metà degli sforamenti di spesa registrati dalle Regioni.

Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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