La foto ricordo delle elezioni a Torino, stravinte dal geologo ed ex arbitro di calcio per passione Stefano Lo Russo, è un distillato dell’Amministrazione comunale locale: il neo eletto primo cittadino abbracciato agli ex sindaci Valentino Castellani, Sergio Chiamparino e Piero Fassino, con gli occhi umidi per la commozione. «Li devo ringraziare.
Gualtieri sindaco, centrosinistra a valanga. Lo Russo vince a Torino. E quasi il 60% non vota
Però il ministro Franceschini era qui per il Salone del libro e non è passato a salutarla. Ci è rimasto male, sindaco?
«Ma no, figuriamoci. E comunque ho sentito il segretario Letta molto vicino, ha scelto Torino per la chiusura della campagna elettorale ed è stato un segnale molto positivo per noi. Questo è il momento della pacificazione. I rapporti con il Pd nazionale sono sempre stati straordinariamente positivi, in una dialettica democratica è normale che alcuni dirigenti possano avere idee diverse. Anzi, devo ringraziare i vertici del partito per l’autonomia concessa al territorio. Qualsiasi discussione affonda di fronte ai risultati di oggi».
Notevoli, se non fosse che domenica c’erano più persone a far la coda in farmacia per il tampone che alle urne. Preoccupato?
«L’astensionismo è un dato nazionale al quale Torino non fa eccezione. Mi hanno votato due cittadini su dieci, questo è il cruccio vero, che dimostra la disaffezione verso la politica».
Un altro numero: per vincere le sono bastati solo 117 voti in più rispetto a Fassino sconfitto nel 2013 da Chiara Appendino.
«C’è molto lavoro da fare, non sarà una cosa semplice né immediata, ma con l’ascolto e il dialogo vogliamo riavvicinare i cittadini alle istituzioni locali. Noi politici dobbiamo incaricarcene, con azioni concrete e una buona amministrazione. Bisogna ricucire la crisi di fiducia tra gli italiani e il sistema politico. Rispetto al primo turno abbiamo ottenuto 21 mila voti in più, oggi è il momento della ricostruzione della città: chiederò la collaborazione delle forze di minoranza, ho già parlato al telefono con il mio sfidante Damilano e Appendino, ci vedremo nei prossimi giorni. Mi assumo la responsabilità di ciò che trovo da sindaco, le cose belle e anche quelle brutte, siamo di fronte a sfide troppo complesse per litigare».
In campagna elettorale ha portato una sedia in giro per i quartieri invitando i torinesi a sedersi accanto a lei.
«La sedia simboleggia una politica di ascolto e dialogo, che sarà il nostro stile nei prossimi cinque anni di governo. Ciò che i cittadini mi chiedevano lì seduti era una maggiore attenzione alle questioni di decoro urbano, al verde, alla sicurezza. Ma soprattutto la necessità di far ripartire l’economia, per creare posti di lavoro e opportunità di occupazione per i giovani. Torino ha bisogno di pacificazione, di costruttori, ci aspetta una sfida importante che è la ripresa. La mia prima azione sarà chiamare a raccolta le forze vitali della città: le imprese, i sindacati, il terzo settore, tutti insieme per riagganciare il rilancio».
Dove andranno i soldi del Pnrr?
«Alla rigenerazione delle periferie ma anche per dare un nuovo volto al centro, che da un po’ è abbandonato. Lunedì annuncerò la giunta, entro la prossima settimana si comincia a lavorare: la mia vice sarà una donna e metà del governo cittadino sarà femminile, anche dalle politiche di genere arriveranno segnali nuovi. Non appena avrò occasione valorizzerò le competenze delle donne».