Spie russe, via alla guerra: espulsi 30 diplomatici. Ma la Lega sta con Mosca

Di Maio: «Sicurezza nazionale a rischio». Salvini: «La pace si ottiene con il dialogo». Mosca: decisione immotivata, reagiremo. Draghi: «Putin risponderà delle stragi»

Martedì 5 Aprile 2022 di Alberto Gentili
Spie russe, via alla guerra: espulsi 30 diplomatici. Ma la Lega sta con Mosca
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Tra la Russia e l’Europa esplode la guerra delle spie. Dopo Francia e Germania e altri Paesi dell’Unione, anche l’Italia ha espulso ieri trenta diplomatici russi. «Persone non gradite», che rappresentavano un rischio «per la sicurezza nazionale» secondo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Nella lista, alla cui stesura hanno collaborato i nostri apparati di intelligence, fonti riservate rivelano la presenza di «agenti segreti» di Mosca, ritenuti «responsabili di azioni di spionaggio» in Italia. O comunque «persone in grado di mettere a rischio la sicurezza del nostro Paese». La decisione di Mario Draghi, «presa in accordo con altri partner europei e atlantici» anche come risposta agli eccidi commessi dai soldati russi a Bucha e in altre città ucraine, ha innescato l’immediata protesta di Mosca. E anche l’aperta dissociazione della Lega: «La pace si raggiunge con il dialogo e la diplomazia, non con gesti estremi come l’espulsione di diplomatici», ha messo a verbale Lorenzo Fontana, braccio destro di Matteo Salvini e responsabile esteri del partito. Il segretario generale della Farnesina Ettore Sequi ha convocato di buon mattino l’ambasciatore russo Sergey Razov, per notificargli la decisione del governo italiano di espellere - in quanto «persone non grate» - trenta diplomatici russi in servizio presso l’ambasciata di Roma, da tempo sotto la lente dell’intelligence italiana.

E sospettati dai nostri Servizi di spionaggio e di carpire informazioni riservate. Perciò un potenziale pericolo «per la sicurezza nazionale».

La reazione di Mosca è stata pressoché immediata. «La Russia darà una risposta pertinente, espelleremo i diplomatici italiani», ha fatto sapere la portavoce del ministro degli Esteri russo Maria Zakharova. Poco dopo si è fatto sentire il Cremlino. Il portavoce Dmitry Peskov nel mirino ha inquadrato tutti i Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Svezia, Danimarca, Slovenia, Romania, Lettonia, Lituania e anche la Ue) che nelle ultime quarantott’ore hanno espulso circa 200 diplomatici russi: «Limitare le possibilità di comunicazione diplomatica» in una situazione «senza precedenti», è una «decisione miope». Secondo Peskov, le espulsioni «in primo luogo, complicheranno ulteriormente le nostre comunicazioni, necessarie per la ricerca di un accordo. In secondo luogo, porteranno inevitabilmente a misure reciproche». Duro, com’è nel suo stile, Sergey Razov. L’ambasciatore russo a Roma ha «protestato ufficialmente». Ha fatto sapere che la Farnesina «non ha fornito alcuna prova» sull’attività di spionaggio dei trenta espulsi. E ha tuonato: «Si tratta di una decisione «immotivata» che «porterà ad un ulteriore deterioramento delle relazioni bilaterali».

A questo punto, quando si attende ancora la condanna di Salvini degli eccidi di Bucha, è arrivata l’aperta dissociazione della Lega dalla decisione del governo. Con una sola cautela: prendersela con Di Maio e non con Draghi. «La Farnesina avrà fatto le sue valutazioni e siamo certi che i provvedimenti saranno giustificati in modo chiaro e completo. Di certo, la storia insegna che la pace si raggiunge con il dialogo e la diplomazia e non espellendo i diplomatici».

FdI difende il ministro

E pensare che con Di Maio si è schierato perfino Fratelli d’Italia, unico partito d’opposizione: «Condivido la linea di fermezza del ministro degli Esteri, in un momento così delicato e critico la sicurezza nazionale assume un valore imprescindibile», ha detto Edmondo Cirielli.

Poco più tardi, interpellato a Berlino a margine della Moldova Support Conference, Di Maio non è andato per il sottile: «Evito di rispondere alle provocazioni. L’azione del governo mira al raggiungimento della pace. Ci stiamo impegnando in questa direzione ogni giorno. Allo stesso tempo, abbiamo la necessità di tutelare i cittadini italiani. Abbiamo agito, infatti, per questioni di sicurezza nazionale». E quello che il responsabile degli Esteri non ha detto, l’ha messo nero su bianco il Pd con Alessia Rotta: «Troppi distinguo della Lega sull’invasione russa in Ucraina. Evidentemente i rapporti con Putin vengono prima della sicurezza del Paese. Ci risparmino almeno ipocrisie». Ma Salvini, in serata, ha confermato la linea: «Le guerre non le vinci con i carri armati, serve la diplomazia, il buon senso».

Draghi, com’è consuetudine, ha dribblato le polemiche. Si è limitato a chiarire da Torino che l’espulsione dei diplomatici russi è avvenuta d’intesa con i partner europei. E ha lanciato un nuovo monito al presidente russo: «A Putin dico ancora una volta di porre fine alle ostilità, interrompere le stragi di civili, di dare il cessate il fuoco». Ancora: «Le atrocità commesse a Bucha, Irpin e in altre località liberate dall’esercito ucraino scuotono nel profondo i nostri animi di europei e di convinti democratici e di italiani. Indagini indipendenti devono fare piena luce su quanto accaduto. I crimini di guerra devono essere puniti. Il presidente Putin, le autorità e l’esercito russo dovranno rispondere delle loro azioni».

Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 09:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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