Sicurezza, M5S in rivolta. E ora Salvini chiama Forza Italia

Martedì 20 Novembre 2018 di Barbara Acquaviti e Francesco Lo Dico
Sicurezza, M5S in rivolta. E ora Salvini chiama Forza Italia
Diciannove non son pochi, ma non è un problema di numeri perché alla Camera la maggioranza può contare su circa trenta voti di scarto. Il punto è il segnale, piccoli De Falco crescono. Finora striscianti, anche a Montecitorio sono esplosi i dubbi dei pentastellati ortodossi contro il decreto sicurezza. Al Senato ci è voluta la fiducia e comunque non è servita a evitare lo spettacolo di cinque dissidenti che si sono dissociati non partecipando al voto. Anche alla Camera la fiducia potrebbe essere inevitabile, ma prima che si arrivi a quel punto 19 deputati hanno deciso di inviare una lettera al capogruppo, Francesco D'Uva, lamentando una «discussione interna carente» e annunciando la presentazione di otto emendamenti. Il destinatario dell'email replica che di fatto i giochi sono chiusi perché il provvedimento, il più simbolico di questi mesi di Matteo Salvini al Viminale, «è già stato migliorato al Senato e presto verrà approvato alla Camera».

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MOLTE CRITICITÀ
Lo stesso leader della Lega liquida la questione con poche parole: «Il decreto sicurezza deve essere approvato, e in fretta, per il bene degli italiani. Lotta all'immigrazione clandestina e alla mafia non possono aspettare». I 19 spiegano di non voler mettere in crisi l'esecutivo ma per loro nel decreto restano «molte criticità»: è «un testo scrivono - che non trova, in molte sue parti, presenza nel contratto di governo ed è, in parte, in contraddizione col programma elettorale del Movimento 5 Stelle». Nel dettaglio, le modifiche proposte ricalcano già quelle presentate senza successo dai colleghi ortodossi a Palazzo Madama: l'intento di ridimensionare lo stop agli Sprar, più chance di ottenere la protezione umanitaria per i migranti, l'ammorbidimento di misure come quelle sull'accattonaggio molesto. Sì, sono alcuni dei temi cari all'ala vicina a Roberto Fico. Ma in quella lettera c'è qualcosa di più che meri dubbi di merito. C'è anche una critica aperta alla gestione politica, al modo in cui in generale vengono prese le decisioni. «Ci sarebbe piaciuto confrontarci in tempi e modi adeguati affinché una posizione condivisa emergesse», «concludiamo, non più sperando in maggior collegialità e condivisione, come facciamo da tempo, ma chiedendola con forza».

LA SOLITA MANINA
Nella sua riposta D'Uva prova a sminuire, a spiegare che è «prassi consolidata» quella di «confrontarsi quotidianamente sui temi e sui lavori parlamentari». «Considerato il mio ruolo, non è la prima né sarà l'ultima richiesta che mi può arrivare dal gruppo parlamentare». La missiva, in realtà, non avrebbe mai dovuto diventare una notizia. Nelle intenzioni dei firmatari sarebbe dovuta restare confidenziale. «Ma poi qualcuno ha deciso di darla in pasto ai taccuini, insieme ai nostri nomi e cognomi», commenta uno dei cosiddetti ribelli.
Velina? C'è di mezzo una manina? «La verità è che si è usato lo stesso metodo utilizzato con i cosiddetti dissidenti al Senato: sono stati gli stessi vertici a dare in pasto le loro posizioni a tutti, in modo che anche noi finissimo nel tritacarne proprio come i senatori Nugnes, De Falco, Fattori, Mantero e La Mura che poi sono stati costretti a difendersi sui giornali, assaliti dai militanti sui social», dice amareggiato un parlamentare. L'ennesima falla che si è aperta nel Movimento preoccupa Luigi Di Maio, il suo appello a difendersi come una testuggine romana è ormai caduto nel vuoto troppe volte. Mentre dall'altra parte, il partner di governo riesce a parlare sempre e comunque a una sola voce e, se occorre, anche a giocare di sponda con gli (ex) alleati di Fratelli d'Italia e Forza Italia. E infatti alla chiamata di Antonio Tajani, che sul Messaggero aveva ipotizzato il ritorno di un governo di centrodestra dopo le Europee, risponde: «Abbiamo governato insieme tanti anni. Spero che torneremo a lavorare insieme per altrettanti anni».

Il vicepremier pentastellato prova a richiamare i suoi all'ordine: «Credo vogliano fare un'azione di testimonianza ma mi aspetto lealtà a governo e maggioranza. Il governo esiste finché la maggioranza è autonoma».
Il decreto sicurezza approderà nell'aula della Camera venerdì. Domani la maggioranza dovrebbe dare il via libera ad un altro provvedimento che ha causato molti mal di pancia: il ddl anticorruzione. Quello cioè che contiene anche lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio a partire dal 2020 e le norme sulla trasparenza dei contributi ai partiti su cui M5s e Lega si sono scontrate in commissione. Alla fine pare si profili un nuovo accordo di mediazione. Per il momento, il Carroccio ha infatti depositato otto emendamenti ma nessuno modifica la soglia minima di 500 euro per le donazioni voluta dai pentastellati, oltre la quale scatta l'obbligo di pubblicare il nome di chi ha effettuato il versamento.
 
Ultimo aggiornamento: 09:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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