Rousseau, Di Maio furioso: «Io lasciato solo». E Grillo si precipita a Roma

Venerdì 22 Novembre 2019 di Simone Canettieri
Rousseau, Di Maio furioso: «Io lasciato solo». E Grillo si precipita a Roma
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ROMA E' l'ora più buia di Luigi Di Maio. Appena il leader M5S legge i risultati di Rousseau si sfoga con i suoi collaboratori più stretti, una ridotta di fedelissimi che lo seguono come un'ombra. E' appena uscito dal Cdm per andare in pasto alle telecamere e perde la pazienza: «Incredibile. Gli altri big del Movimento, da Taverna a Fico, mi hanno lasciato solo. Anche loro. Siccome era troppo impopolare dire quello che pensano tutti nessuno ha avuto il coraggio di uscire pubblicamente. Ma qui c'è in ballo anche il governo».

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Il ministro degli Esteri è solo. Dalla sua parte, ormai, ha solo un pugno di parlamentari che per stima e, forse calcolo utopistico, lo seguono con devozione cieca. L'altra notte infatti in un ristorante del centro storico si sono visti quasi esclusivamente deputati e senatori del Sud, novizi al primo mandato. Eppure era una festa organizzata dalla fidanzata di Di Maio, Virginia Saba per fare un po' di relazioni. In altri tempi ci sarebbe stata la fila a un evento del genere, seppur conviviale. Questa volta, appunto, si contano pochi parlamentari (trenta su 300) nessun ministro. E sì che la decisione di mettere ai voti la linea sulle regionali era stata discussa in summit super segreto, lunedì sera in una casa privata nel cuore di Roma, con tutti i big inclusi Grillo e Casaleggio, in collegamento telefonico.

DIMENSIONI ENORMI
La disfatta sul voto on line ha dimensioni enormi. Non solo per il 70 a 30 finale, ma soprattutto per l'affluenza: meno di 30mila persone. Un quarto della platea. Un record negativo per una mossa giocata di tutta fretta mercoledì sera. Forse per anticipare un altro post, quello di Beppe Grillo.
In queste ore complicate Di Maio si aggrappa al Garante e al fondatore del Movimento rimarcando pubblicamente che la scelta di non presentarsi in Emilia Romagna (e Calabria) è stata benedetta anche da Beppe. Ieri lo ha citato tre volte. Ma nemmeno lui si è esposto. Forse lo farà oggi ma in senso opposto: l'elevato infatti è atteso nella Capitale. Balla un incontro con Di Maio che però salvo stravolgimenti - deve poi partire per un tour in Sicilia tra i comuni colpiti dal maltempo.
 


In questi giorni Grillo è stato invocato da tutto il Movimento, ma anche dal premier Giuseppe Conte e dai vertici del Pd. Un suo intervento in questa fase viene auspicato da tutti: per dare la linea ai pentastellati ormai senza bussola e mettere in salvo l'esperienza di governo. Ma soprattutto per ritornare in sella al M5S. Anche se gli uomini di Di Maio confidano: «Ci state chiedendo se Luigi si dimette da capo politico? Ma per favore: mai, non se ne parla». Beppe viene dipinto stanco e infuriato, con la testa altrove, ma consapevole che «così finisce male». In Transatlantico ieri girava anche la voce (non confermata dai diretti interessati) di un contatto telefonico tra il Garante e Andrea Orlando, vicesegretario del Pd.

Intorno a Di Maio si agitano insomma fantasmi e sospetti. Pesa la sfiducia piombata su Rousseau: un caso rarissimo nella storia del Movimento. In questi dieci anni era successo solo due volte che gli iscritti contraddicessero la linea politica: per mandare Beppe Grillo a colloquio da Matteo Renzi e sul reato d'immigrazione. Ma questa volta il «senso della catastrofe imminente» è chiaro a molti. Di Maio ormai è in partita: oggi sentirà i referenti locali di Emilia Romagna e Calabria, che lo hanno attaccato duramente in questi giorni, per far decollare la campagna elettorale. Una corsa che rischia di far deragliare il dem Stefano Bonaccini con ricadute pesanti sull'esecutivo. Ecco perché l'ansia del Pd si fa ancora più pressante. Gli occhi sono puntati su Grillo.

Ma nelle retrovie anche i senatori si stanno organizzando. Martedì si metterà ai voti il nuovo statuto dei grillini a Palazzo Madama. Il gruppo diventerà deliberante: potrà muoversi in autonomia. E così continua a circolare la possibilità di un documento che sfiduci Di Maio come capo politico, senza intaccare il suo ruolo di ministro degli Esteri né la stabilità dell'esecutivo Conte. «O lascia lui o ci muoviamo noi racconta un senatore che sta lavorando a questo documento così violento Di Maio ormai è ingestibile. L'alto giorno ha detto basta con il politichese poi è uscito con un quesito su Rousseau che era una presa in giro nel confronto del nostro popolo. E infatti è stato punito».

 
Ultimo aggiornamento: 08:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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