Referendum, il fronte trasversale per il Sì: da Sabino Cassese a Luca Palamara. Raffaele Sollecito: «Io 4 anni in carcere da innocente»

Schieramento molto composito che attraversa tutto l'arco costituzionale e comprende anche personaggi televisivi

Venerdì 10 Giugno 2022 di Mario Ajello
Referendum, il fronte trasversale per il Sì: da Sabino Cassese a Luca Palamara. Raffaele Sollecito: «Io 4 anni in carcere da innocente»
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Ha fatto scalpore tempo fa l'adesione di Luca Palamara, già presidente dell’Anm, finito al centro di un terremoto gudiziario che ha sconvolto la magistratura italiana e autore di due best seller sui mali della magistratura al fronte del si ai referendum sulla giustizia. Ma adesso è ancora più sensazionale l’arrivo nel fronte trasversale referendario  - con questa motivazione:  «Si deve riformare  la giustizia e limitare la custodia cautelare che può trasformarsi in tortura per estorcere un'ammissione di colpevolezza» - di Raffaele Sollecito, imputato nella morte di Meredith Kercher, la studentessa uccisa a Perugia la sera dell'1 novembre 2007.

Sollecito non ha dubbi sull'utilità di votare, domenica 12 giugno, per il referendum sulla giustizia. Condannato a 25 anni per concorso in omicidio con Amanda Knox, assolto, di nuovo condannato per poi essere definitivamente assolto «per non aver commesso il fatto» dalla Corte di Cassazione nel 2014, Sollecito ha trascorso 4 anni in carcere prima di vedere riconosciuta la propria innocenza.

Sette anni per un complesso e articolato iter giudiziario di cui continua a pagare il costo psicologico, sociale ed economico.

Dunque, eccolo nel fronte del si. Che pescava destra e a sinistra, spariglia i partiti e può vantare nelle sua fila anche molti vip, volti della tivvù e opinion maker. Convinti che abbia ragione Sollecito, e molto prima di lui tutta la predicazione radicale garantista, nel dire: «In Italia la politica non è mai stata capace autonomamente di riformare la giustizia: nessun governo ci è mai riuscito. I problemi sono tanti e i cittadini sono consapevoli che il "sistema giustizia" non garantisce i loro diritti». Sollecito, 38 anni, che oggi lavora a Milano come ingegnere informatico.

Ma fioccano altri endorsement  - ben più autorevoli - per il sì. Quello del giurista emerito e ex presidente della Consulta, Sabino Cassese: «Domenica scriverò i miei 5 Sì per sbloccare una crisi causata anche dai magistrati». E ancora Cassese secondo cui i 5 quesiti lanciati  da Lega e Radicali sono «un tentativo importante per riformare una giustizia altrimenti incancrenita da correnti e scandali ed è un dovere di tutti i cittadini partecipare ai referendum». 


Altri volti noti per il sì, compresi politici: Rita Dalla Chiesa e il ministro al Turismo Massimo Garavaglia e anche o soprattutto  Giancarlo Giorgetti. Attilio Fontana egli altri presidenti regionali del Nord. E diverse firme importanti del giornalismo: Augusto Minzolini (direttore de il Giornale), Nicola Porro (il Giornale e Mediaset), Alessandro Sallusti (Libero), Francesco Storace (il Tempo), Maurizio Belpietro (La Verità), Paolo Del Debbio (Mediaset), Mario Giordano (Mediaset), David Parenzo e Gaia Tortora (La Sette). E via così anche con Vittorio Feltri e Vittorio Sgarbi. Magistrata, avvocatesse  e politiche: come Simonetta Matone e Giulia Bongiorno. In quota chef:  lo farà nei il molto televisivo Alessandro Circiello che aveva dato la propria adesione in uno dei banchetti delle firme a Ostia. 

E che cosa dire di Silvio Berlusconi? «I referendum riprendono temi da noi sempre sostenuti e possono essere un'utile sollecitazione al Governo e Parlamento per la riforma della giustizia. In questo spirito, gli azzurri sono per il sì». 

I partiti sono così schierati. A favore dei quesiti ci sono i Radicali e la Lega (che hanno raccolto le firme), ma anche Forza Italia è con convinzione a favore del sì e lo stesso i partiti centristi provenienti dall’area di centrosinistra: Italia Viva di Matteo Renzi (che ha firmato i referendum, in nome della lotta al «corporativismo dei magistrati e delle correnti») e Azione di Carlo Calenda (in base alla convinzione che la «presunzione d’innocenza va affermata ogni giorno e il carcere prima della condanna definitiva è una misura eccezionale, non la regola», come ha spiegato il vicesegretario di Azione Enrico Costa).

 

Pd e M5S sono per il no ma Enrico Letta: «Io penso che una vittoria dei sì aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe e tuttavia il Pd non è una caserma, c’è la libertà dei singoli che resta in una materia come questa». Anche perché la pattuglia per i sì (su tutti o parte dei quesiti) comprende sia alcuni esponenti degli ex renziani di Base riformista (come Stefano Ceccanti, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e molti sindaci e amministratori locali). 

E occhio a Fratelli d’Italia. È restata più fedele alle tematiche della destra nazionale e non ha dato il sostegno convinto a tutti e cinque i quesiti: il partito è per il sì su separazione delle carriere dei magistrati, equa valutazione dei magistrati e riforma del CSM. Voterà no, invece, su abolizione della legge Severino e sui maggiori limiti alla custodia cautelare.«La proposta referendaria sulla carcerazione preventiva – ha spiegato la leader Giorgia Meloni – impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini. La legge Severino deve essere profondamente modificata per le sue evidenti storture, ma la sua totale abolizione significherebbe un passo indietro nella lotta senza quartiere alla corruzione». 

E comunque, sponsor e testimonial per il sì arrivano da tutte le parti politiche e le aree culturali. Quello che ancora deve arrivare è il quorum.

 

Ultimo aggiornamento: 20:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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