Quirinale, Letta: «Il Presidente domani e non sarà di centrodestra»

La tela del segretario dem con Renzi e Conte: «In ogni caso è una vittoria»

Giovedì 27 Gennaio 2022 di Alberto Gentili
Quirinale, Letta: «Il Presidente domani e non sarà di centrodestra»

«È tutto completamente per aria. E non per colpa nostra». A sera, davanti ai grandi elettori del Pd riuniti a Montecitorio, Enrico Letta allarga le braccia. Dice che oggi il Pd voterà ancora una volta scheda bianca «se non ci saranno novità».

Parla di «riflessione nella notte». Ma pur dicendo che «mai c’è stata complessità così forte», il segretario del Pd fa capire che si andrà verso un Presidente super partes: «Grazie alla nostra fermezza il centrodestra ha fatto i conti con la realtà. Qualunque presidente voteremo venerdì - qualcuno di noi sarà contento, qualcun altro meno - l’obiettivo più grande lo avremo raggiunto: tramontata la candidatura di destra, si negozierà un nome autorevole, istituzionale, non di parte», sostenuto dalla maggioranza di unità nazionale. «E questa è una nostra vittoria: non ci sarà un presidente di destra».

Però la trattativa non è chiusa. E quella che verrà nelle prossime ore «sarà difficile», perché «dal centrodestra sono arrivati tutti no. Ma lo schema di lavoro è stato diverso: i nostri “no” erano pubblici, i loro una lunga sfilza di “no” privati. Spero che almeno uno dei loro “no” si trasformi in sì. Per ora il centrodestra nella sua interezza ha bocciato tutte le nostre ipotesi di personalità terze: Mattarella, Draghi, Amato, Casini, Cartabia, Riccardi».
Letta celebra però la tenuta del patto con i 5Stelle: «La conferma della nostra alleanza è un punto importante, non banale. Rivendico che tutte le polemiche sul campo largo si sono dimostrate fuori luogo. Il lavoro coi 5stelle ci ha consentito di essere uniti, di arginare esiti pericolosi, i tentativi del centrodestra di sfondare e di stoppare l’operazione-Casellati». Ancora, guardando alla ritrovata sintonia con Matteo Renzi: «Fino ad ora c’è stata una collaborazione positiva ed efficace di tutta la coalizione del centrosinistra allargato. E positivo è stato il lavoro con Italia viva».

Sta però per arrivare il momento decisivo e c’è da sminare il rischio dei franchi tiratori. E qui scatta l’appello del segretario ai grandi elettori dem: «Dobbiate reggere in Parlamento e parlare al Paese. Vi chiedo uno sforzo in più: i cittadini ci guardano e per questo dobbiamo essere lineari nei comportamenti, uniti tra di noi (la cacofonia delle posizioni non fa bene a nessuno), seri, degni». Non manca un auguri di «pronta guarigione a Berlusconi». E dalla sala parte l’applauso.

Per tutta la giornata, Letta ha tessuto la tela per «salvare il governo e la maggioranza» di unità nazionale. L’ha fatto, bocciata la sua proposta del conclave «a pane ed acqua», in numerosi contatti con Renzi, Salvini e Giuseppe Conte. L’obiettivo: «Non perdere Draghi, qualunque ruolo si tratti». «Ma in questo siamo stati soli», si rammarica il segretario.

La schiarita non è stata una sorpresa. Già prima dell’assemblea notturna, il bilancio a sentire il quartier generale del Nazareno era «positivo». Spiegazione: «Il voto di oggi ha dimostrato che il centrodestra non ha i numeri per la spallata. Se lo facesse, domani (oggi, ndr.) candideremo un nome di assoluta credibilità e andremo allo scontro». Chi? Andrea Riccardi, il fondatore di Sant’Egidio proposto in primis da Conte. «Ma siccome nessun schieramento prevarrà, alla fine Salvini dovrà trattare per forza preservando il patto di unità nazionale e dunque eleggendo un Presidente super partes». Il sussulto di ottimismo era stato subito stemperato da una minaccia, «visto che la partita del Quirinale è densa di incognite e trabocchetti»: «Se la destra dovesse farcela pescando tra i franchi tiratori, si andrà a elezioni. Oppure, se riusciranno a fare un governo di destra, auguri: noi andremo all’opposizione e faremo un anno di campagna elettorale». 

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La tela del leader

Letta ha lavorato sodo per evitare questo epilogo. Il suo imperativo giornaliero era stato: fermare Salvini. Meglio: stoppare la candidatura della presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, nel voto di oggi quando basterà la maggioranza dei 1009 grandi elettori. Per ottenere il risultato, il segretario del Pd ha lavorato soprattutto a impedire il soccorso di Renzi e di Conte alla possibile candidata del centrodestra.

La prima mossa è stata quella di incontrare all’ora di pranzo Renzi. Che prima ha offerto sponda al segretario del Pd sull’ipotesi di Draghi al Quirinale: «Non è affatto bruciato». Poi ha promesso di «concordare i prossimi passi» con Letta in modo da essere decisivi. Infine il senatore di Rignano ha messo nero su bianco la sua promessa di fedeltà alla maggioranza di unità nazionale: «Non voteremo la Casellati». Più o meno lo stesso schema con Conte, ma questa volta grazie all’aiuto di Beppe Grillo e di Luigi Di Maio.
 

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Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 00:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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