Quirinale, la spinta dei governatori: «Basta schede a vuoto». L’inno alla concretezza

I presidenti delle Regioni trasmettono gli umori del territorio: «Bisogna sbrigarsi»

Mercoledì 26 Gennaio 2022 di Mario Ajello
Quirinale, la spinta dei governatori: «Basta schede a vuoto». L inno alla concretezza

I governatori, di destra e di sinistra, evidentemente sentono il polso del Paese che non è rappresentato dalle schede bianche e dalle schede a vuoto. Sennò, i presidenti di Regione non direbbero facciamo presto, basta melina, niente giochetti auto-referenziali di Palazzo e Roma-Montecitorio dimostri di capire l’umore degli italiani e si sbrighi a partorire il nuovo Capo dello Stato perché i cittadini - specie in tempi di pandemia e di necessità di ripartenza da Pnrr - hanno bisogno di una politica che decida in fretta e bene senza vicendevoli dispettucci inutili e risibili. E non devono sbagliare più di tanto Toti, De Luca, Zaia, visto che all’ora dell’ammazzacaffè - mentre gli altri grandi elettori ancora si attardano nelle trattorie del centro, e dalla Matricianella a Maxela i berlusconiani a 28 anni esatti della discesa in campo di Berlusconi si scambiano con il telefonino il video del famoso discorso di Silvio del 26 gennaio ‘94 e chi singhiozza e chi lacrima di nostalgia - un gruppo di turisti veneti passa davanti al bar di Piazza del Parlamento e guardando la tivvù scopre che alla Camera il voto ha appena lanciato Crosetto oltre i cento voti.

E parte l’entusiasmo dei trevigiani (o sono di Padova? O di Mestre anzi del Cadore?) in gita nella Città Eterna: : «Evvaiiii!!!!.... ». Scusate, siete di Fratelli d’Italia? «Fratelli di che cosa...?». Il partito di Crosetto e della Meloni. «Macché, siamo per fare presto e bene. Hanno fatto Crosetto? Va bene Crosetto!».

Gli italiani vogliono concretezza delle decisione, rapidità nel prenderla, precisione nella scelta della persona (Draghi? Casini? Uno della destra o della sinistra? Basta che sia all’altezza) e guai a sottovalutare l’apporto che in queste ore stanno dando i presidenti regionali. I quali sono a stretto contatto con i cittadini che sentono sulla propria pelle il morso del Covid, le difficoltà economiche derivanti da due anni di pandemia e la necessità di rialzarsi e di ricominciare, e alla soluzione del rebus quirinalizio vogliono arrivare subito. «Facciamo presto», dice il governatore campano De Luca: «Come faccio a tornare a Napoli e a Salerno dicendo non abbiamo deciso un bel niente. Quelli mi mangiano!». I colleghi del Nord la pensano allo stesso modo. 

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No bla bla

E nella scelta di Salvini di creare presto, insieme agli altri e a Letta in particolare a costo di non chiudere occhio e di vedersi anche all’alba per puntare su un nome possibilmente condiviso, la candidatura definitiva e vincente, l’influenza dei rappresentanti dei territori sta avendo un peso notevole. I parlamentari della Lega ma anche quelli del Pd che vedono il peso del presidente emiliano Bonaccini e un po’ lo invidiano e un po’ rosicano («S’atteggia a Capo dello Stato») si sentono sminuiti perché si accorgono che i leader parlano più con i governatori che con gli attori da Transatlantico e con i dirigenti, corteggiati dai media ma rappresentativi più che altro del proprio Ego nel circo mediatico del bla bla. «Noi conosciamo il territorio e le vite e le aspirazioni, lavoro-guadagno-politica non parolaia, di chi ci abita. Quelli del Palazzo che cosa conoscono?», osserva senza polemica Toti, il ligure di centrodestra e insieme leader di Coraggio Italia con Brugnaro, sindaco di Venezia che avrebbe voluto subito Draghi ma gli va più che bene anche Casini purché la figura del presidente sia di alto livello e non divisiva e presto operativa al meglio. Sarà un caso ma il colloquio più lungo della giornata è stato quello, nel cortile della Camera, tra lo stellato Di Maio e il leghista Zaia. Pragmatico io e pragmatico tu, sembra che si siano detti: facciamo tesoro della nostra concretezza per propiziare subito un accordo sul Capo dello Stato che dia agli italiani una persona a cui affidarsi per la ricostruzione nazionale.


Manca la vespa

Toti gira per la Capitale («No, queste non sono Vacanze Romane, magari fossi bello come Gregory Peck, come la sua Vespa e come Audrey Hepburn», dice a tutti) e ripete a chi lo ferma tra il Pantheon e il Transatlantico che «il Paese ha questioni più urgenti da affrontare e capisco che i cittadini alle prese con tanti problemi, dal Covid alle bollette, comincino a vivere con fastidio questo minuetto sul Colle. Dobbiamo eleggere al più presto un presidente della Repubblica condiviso e di garanzia, per gli italiani e per le sfide che l’Italia ha davanti». Riassunto perfetto. Naturalmente esagera il campano De Luca ma don Vicienzo è don Vicienzo: «Politici sfaticati. Ma vi volete sbrigare o no a fare il successore di Mattarella???». «Guarda, presidente De Luca, il partito ha certe necessità da valutare e certe compatibilità da far quadrare...», gli dicono i colleghi del Pd. E lui: «Ma come parlate?». Al veneto Zaia si rivolge continuamente Salvini: «Che cosa fare?». E lui: «No bla bla, zero politichese, decisioni rapide perché i tempi della politica non sono i tempi della gente». Fedriga, il leghista friulano, naturaliter giorgettiano, è dello stesso avviso: «Veti e controveti? Anche basta». Poi arriva la notte su Montecitorio. E oggi o domani forse il parto presidenziale. E che sia ben pilotato.

Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 00:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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