Salvini-Letta-Pd, prove di dialogo: si tratta sul nuovo governo

Oggi l’incontro. Il tentativo di accordo per il Quirinale, ma anche per un patto di fine legislatura

Lunedì 24 Gennaio 2022 di Marco Conti
Salvini-Letta-Pd, prove di dialogo: si tratta sul nuovo governo

«Mentre io cercavo consensi, Matteo trattava sul governo». L’irritazione di Silvio Berlusconi nei confronti dell’alleato non si è smaltita con la telefonata che il leader della Lega gli ha fatto appena saputo del ricovero al San Raffaele.

Anche se in pochi credono che sia questo il motivo che ha fatto mancare i voti al Cavaliere, al punto da dover annunciare il ritiro, la tensione nel centrodestra resta palpabile e taglia i tre partiti.

I potenziali


Dentro FI si avverte la tensione più forte. La riunione a distanza, la scelta di non apparire e quella di non voler mettere la voce sul comunicato che annunciava il ritiro della candidatura, vengono interpretate come l’ennesima presa di distanza del fondatore di FI dal partito. In agitazione soprattutto la pattuglia azzurra al governo che continua a sperare nella possibilità di arrivare ad un nome condiviso diverso da quello di Mario Draghi e si interroga su quel comunicato letto il giorno prima dalla senatrice Ronzulli e non dal coordinatore nazionale Tajani. Il compito di comporre la rosa è affidato ad una terna composta da Salvini, Tajani e La Russa. Un rappresentante per partito che dovrebbe mettere insieme un gruppo di potenziali candidati e candidate al Colle da proporre a Pd, M5S, Iv e Leu. 
«Daremo i nomi di persone autorevoli», assicura Salvini secondo il quale sarebbe anche «pericoloso togliere Draghi da Palazzo Chigi».

Ma il sospetto tra le fila azzurre è che Salvini ami il pericolo e, soprattutto che abbia come priorità un corposo rimpasto di governo che è possibile solo mandando Draghi al Quirinale e affidando magari l’esecutivo a Vittorio Colao (la prima ipotesi) o Marta Cartabia.

«Ma nella terna Salvini non è l’unico a sperare in un “rimpastone”», spiega un senatore azzurro facendo riferimento ad Antonio Tajani. Il dibattito sulle poltrone non assedia però solo Forza Italia e ciò dà la misura di quanti sia avanti la trattativa tra i partiti sul “patto di legislatura” proposto da Enrico Letta e di quanto poca importanza si dia alla trattativa sui nomi (Casellati, Pera, Moratti, Frattini) che Salvini dice di voler avviare a breve pur sapendo che il vertice del centrosinistra li ha già bocciati. Salvini dal canto suo esclude che Pier Ferdinando Casini possa essere nella rosa: «Non è una proposta del centrodestra».

Così come esce Elisabetta Belloni, stimata guida dell’Intelligence voluta da Draghi e che magari potrebbe seguirlo al Quirinale come segretario generale, non certo mettendosi in “concorrenza” con l’attuale premier. Tatticismi a parte, Salvini sa che occorre fare in fretta. Annuncia per oggi l’incontro con Enrico Letta mentre si svolgerà la prima chiama di grandi elettori. Oggi e nelle due successive votazioni il centrodestra dovrebbe votare scheda bianca così come il centrosinistra. È il segnale che l’accordo è avviato e, anche se è da riempire soprattutto dal lato del programma, si vuole evitare una contrapposta conta sui candidati di bandiera. Da giovedì bisogna però fare sul serio. I “piani A” dei partiti non si compongono mentre il “piano B” che unisce porta, malgrado cautele e dubbi, a Mario Draghi. Ieri al San Raffaele è andato a trovare Berlusconi l’ex numero uno di Publitalia Marcello Dell’Utri. L’ex senatore, tra i manager del Cavaliere-imprenditore, è quello che ha più condiviso la lunga stagione politica del Cavaliere e c’è chi sostiene che, sulla scia di Gianni Letta e Fedele Confalonieri, abbia consigliato all’amico di lunga data di smussare quella sorta di “veto” a Draghi scritta sul comunicato di sabato.

 
Encomiabile sforzo da parte del fondatore del centrodestra, ma fallito qualche minuto dopo per la presa di distanza del partito della Meloni che dal partecipare all’elezione di Draghi al Quirinale ritiene di incassare un altro pezzetto di legittimazione internazionale e magari - chissà - anche le elezioni anticipate. Salvini non ha però voglia di urne. Rivuole il ministero dell’Interno per Nicola Molteni, così come i 5S vogliono la delega del ministro Cingolani, e pensa che un governo politico possa far risalire le percentuali della Lega a danno dell’alleata Meloni. Un tentativo prima di cedere a quel proporzionale che tutta la vasta area centrista reclama visto «lo sfaldamento del bipolarismo» come sostiene il deputato di Coraggio Italia Osvaldo Napoli e non solo.
 

Ultimo aggiornamento: 15:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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