Pensioni, Cesare Damiano: «Sì agli ingressi ma in maniera selettiva. La riforma? Via a 64 anni con penalità»

L’ex ministro del Lavoro: nel 2050 ogni occupato avrà a carico un pensionato, c’è uno scompenso

Sabato 6 Gennaio 2024 di Andrea Bassi
Pensione, Cesare Damiano: «Sì agli ingressi ma in maniera selettiva. La riforma? Via a 64 anni con penalità»

Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, presidente del Centro Studi Lavoro&Welfare, le nascite continuano a diminuire. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sostenuto che con questa natalità nessun sistema previdenziale tiene. C’è da preoccuparsi?
«Noi, come è noto, abbiamo un sistema a ripartizione.

Voi, compreso lei, che state lavorando, mi state pagando la pensione. Quando ho iniziato a lavorare io, nel lontano 1968, eravamo in tre al lavoro e avevamo sulle spalle un solo pensionato. Nel 2050 la previsioni è di avere un lavoratore e un pensionato. È evidente che c’è uno scompenso. Ma non è l’unico».


Ce ne sono altri?
«Noi siamo la generazione delle pensioni più ricche. Avevamo carriere continuative, 40 anni di contributi. Quindi lavoro stabile, progressioni di carriera, pensioni alte. Coloro che con i loro contributi dovrebbero sostenere le nostre pensioni, sono persone più giovani che molte volte hanno carriere che iniziano tardi, che sono discontinue e che hanno bassi salari e bassi contributi».


Lo squilibrio quindi è doppio?
«Sì, oltre al gelo demografico c’è uno scadimento della qualità del lavoro. Oggi viene enfatizzata la crescita del tasso di occupazione in Italia, che è salito di un paio di punti, ma si dimentica di dire che tutti i tassi disoccupazione in Europa sono cresciuti e che la Grecia, che era all’ultimo posto, ci ha scavalcato. È evidente che nel tempo una correzione andrebbe apportata».


In che termini?
«Se non si inverte, o quantomeno non si raddrizza la curva del calo demografico, la nostra difficoltà a sostenere un sistema di welfare sarà evidente. E questo lo si può fare sicuramente con una migrazione accogliente e selettiva». 


Vale a dire?
«Una modalità diversa da quella che stiamo da anni praticando, che è difensiva, ostativa e non inclusiva. E questo è un punto». 


Poi cosa altro?
«Va favorito l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Nel momento in cui si studia bisogna “assaggiare” il lavoro e orientare i ragazzi. Terza questione è che bisogna mettersi il cuore in pace e pagare le persone in maniera adeguata». 


Ieri Giorgia Meloni ha rilanciato il tavolo con i sindacati per la riforma pensionistica. Ma in un quadro del genere quali sono gli spazi effettivi di manovra?
«Per ora le promesse della Lega di abolizione della legge Fornero sono state messe da parte. Anzi, alcune vie d’uscita anticipata sono state ristrette rispetto al passato. Opzione donna è stata ridotta a pochi casi, Quota 103 con il ricalcolo contributivo non conviene a nessuno, l’Ape sociale è stata allungata di altri 5 mesi. L’indicizzazione delle pensioni medio-alte, ha subito un taglio rilevantissimo, che porterà a un risparmio di 36 miliardi nei prossimi dieci anni, che riduce in maniera rilevante il potere di acquisto di queste persone».


Si tratta di misure adottate per rassicurare i mercati della tenuta del sistema previdenziale e, quindi, della sostenibilità del nostro debito?
«Certo, è vero. Come però è vero che si è fatto cassa con le pensioni». 


Ma in un contesto così complicato di conti pubblici, quale può essere una riforma previdenziale sostenibile?
«A mio avviso una soluzione può essere quella di adottare un sistema che inglobi strutturalmente la flessibilità nel momento in cui stiamo per entrare in pieno nel sistema contributivo. Nel 2036 tutti coloro che andranno in pensione, andranno con il sistema totalmente contributivo. Il punto è di avere un sistema flessibile che stabilisca un’età di ingresso verso la pensione». 


La legge Fornero indica i 64 anni per chi è nel contributivo?
«Credo che i 64 anni di età possano essere uno standard universale, a partire dal quale si potrà andare in pensione. Con una pensione ragguagliata ai contributi maturati fino a quel momento. Poi la platea andrebbe divisa».


Divisa come?
«In due grandi campi: coloro che hanno lavori usuranti o gravosi, che dovrebbero poter andare anticipatamente senza penalizzazioni. Coloro che fanno un lavoro “normale”, potrebbero avere una leggera penalizzazione sulla parte retributiva residua. È la soluzione strutturale verso la quale bisognerebbe andare».
 

Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 12:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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