Pd, Schlein è sotto assedio: «Così va a sbattere da sola». Frecciate anche dai lettiani

Al Nazareno l’idea di una costituente. Intanto Conte affonda il «campo largo»

Martedì 30 Maggio 2023 di Andrea Bulleri
Pd, Schlein è sotto assedio: «Così va a sbattere da sola». Frecciate anche dai lettiani

Una «costituente» per ripartire.

O almeno provare a far dimenticare la disfatta. Nel day after del 6 a 1 incassato ai ballottaggi, a largo del Nazareno si studiano le contromosse. Per non soccombere in vista delle Europee della prossima primavera. E soprattutto, per resistere all’assalto delle correnti, alle quali la sconfitta dem alle Comunali serve su un piatto d’argento l’occasione di impugnare l’ascia di guerra (mai davvero sotterrata) contro la leader. 

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IPOTESI RIMPASTO

E mentre tra i dem c’è già chi chiede un rimpasto in segreteria, puntando il dito contro i troppi fedelissimi di Elly che hanno occupato tutti i gangli del partito – a cominciare da quello che qualcuno ha ribattezzato il “tortellino magico”, ossia la nutrita compagine degli emiliani –, chi è più vicino a Schlein si affretta a smentire: «Ma quale rimpasto, abbiamo appena cominciato». L’idea, semmai, è quella di riprendere la dove ci si era interrotti con il congresso: una «costituente», appunto. Una nuova fase di riflessione collettiva, archiviata in fretta e furia con l’elezione della segretaria lo scorso febbraio, per chiarire chi vuol rappresentare il Pd e come intende farlo. Lo chiedono a gran voce esponenti dell’ala riformista, come Matteo Ricci, ma anche Gianni Cuperlo e Paola De Micheli sono convinti che ai dem serva un surplus di autocoscienza. Oltre che di gestione collegiale: «Elly – ripetono da più parti i maggiorenti dem – deve capire che non può fare tutto da sola, altrimenti va a sbattere. Da sola». 

Anche Emiliano Fossi, segretario Pd toscano e fedelissimo di Schlein, reduce da una serie di batoste negli ex fortini rossi (la più cocente delle quali è arrivata proprio nella sua Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, dove ha vinto il candidato dell’asse sinistra-grillini), assicura che la strada sarà quella: «Elly è d’accordo, bisogna dare sostanza a quella fase costituente che non si è conclusa con le primarie». Dal Nazareno, però, si affrettano a precisare che «più di costituente, si tratta di continuare a rigenerare il Pd». Insomma, tutti ne parlano, ma nessuno ha ben chiaro come debba concretizzarsi, questa nuova fase di «riflessione» sulla sconfitta. 

Quel che è certo, all’indomani della scoppola ai ballottaggi, è che Schlein preferisce restare a Roma per tenere sott’occhio la situazione. Al Nazareno, asserragliata nel suo ufficio al secondo piano. Rinviata la trasferta a Bruxelles, in programma da giorni per discutere della direttiva che prevede di usare i fondi del Pnrr per inviare nuove armi in Ucraina. Ma anche per incontrare la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola, il gruppo dei socialisti europei e la delegazione dem all’Eurocamera. Con quest’ultima viene fissata una call online, che serve per la riconferma (all’unanimità) di Brando Benifei in veste di capodelegazione. Sul resto, la segretaria ondeggia. Presa alla sprovvista da una batosta che non si aspettava, in questi termini. E, al momento, senza una via per uscire dall’angolo. 

I suoi provano a buttare la palla sulla precedente gestione del partito: «Elly, alle amministrative, si è trovata di fronte ad alleanze già fatte», dice al Corriere il capogruppo al Senato Francesco Boccia. Reazione stizzita di Monica Nardi, portavoce dell’ex segretario: «Lo scaricabarile, vi prego, no – twitta – Enrico Letta le amministrative le ha stravinte: poi ha perso (male) le politiche. Ma non ha cercato alibi e non ha mai sparato contro nessuno del Pd». Un’uscita che racconta bene quale sia il clima, in casa dem. 

Dove si fatica a trovare commenti a taccuino aperto sulla «tranvata». Tra i pochi, a prendere la parola è Alessia Morani. Il mantra è sempre lo stesso: «Schlein cambi rotta, serve un Pd plurale». I riformisti, insomma, chiedono più coinvolgimento. A cominciare dalle nomine dei vice-capogruppo, con Piero De Luca che – forte delle vittorie in Campania – vede rafforzarsi le possibilità, finora piuttosto scarse, di riconferma come numero due della truppa a Montecitorio. 

IL NODO ALLEANZE

Infine c’è il nodo alleanze. Una matassa, più che altro. L’appello di Schlein a Cinquestelle e Terzo polo («da soli non si vince») pare già finito nel vuoto. Giuseppe Conte apre e chiude nella stessa frase: «Siamo disposti a dialogare col Pd, con Schlein, su temi e progetti». Ma – è la stoccata dell’avvocato – «sono convinto che Meloni non si batte con i campi larghi, ma con una idea diversa di Paese». Come a dire: vediamo prima se siamo d’accordo su qualcosa. Non una premessa esaltante, per il fronte progressista. Così come non lascia ben sperare l’aut-aut di Carlo Calenda: «I modelli Brescia e Vicenza possono essere ripetuti, se il Pd riuscirà ad uscire dal guado riformismo/massimalismo, smettendo di inseguire Conte». O noi o i grillini, insomma. Con buona pace dell’appello dell’unico candidato dem vincente ai ballottaggi nei capoluoghi, Giacomo Possamai, che ieri ha invitato le varie anime del fronte anti-destra a partire «dalle cose che possono unire». Toccherà aspettare ancora, pare. Magari, dopo un’altra fase costituente.

Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 15:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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