Nordio e l'esempio di Rosario Livatino: «Continueremo la sua guerra alla mafia»

L’esposizione delle reliquie del giovane giudice ucciso nel ‘90 e proclamato beato

Domenica 22 Gennaio 2023 di Francesco Bechis
L’esempio di Livatino, Nordio: «Continueremo la sua guerra alla mafia»

Un servitore dello Stato, «caduto nell’adempimento del dovere». Ma anche «un beato immolatosi alla fede». Rosario Livatino era anzitutto «un collega» agli occhi di Carlo Nordio, ministro della Giustizia ed ex Pm che ieri ha voluto ricordare il “Giudice santo” assassinato trentadue anni fa dalla mafia agrigentina, gli “Stiddari”. 

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LA COMMEMORAZIONE

Roma, Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. È una cerimonia intrisa di sacro e laico quella che ieri ha accolto la camicia insanguinata di Livatino, ucciso a sangue freddo a trent’otto anni nella sua Ford Fiesta Amaranto da un commando di sicari.

Testimonianza di uno dei tanti caduti dello Stato contro un morbo, la mafia, mai davvero estinto, come ricordano le cronache di questi giorni. Reliquia di un santo, o quasi, nominato beato da Papa Giovanni Paolo II. Ad accoglierlo il Guardasigilli Nordio. Che sul nome del “giudice ragazzino” - magistrato severo e imparziale nato a Canicattì nel 1952 - ha pronunciato una promessa solenne. «Continueremo sempre la sua opera contro la mafia, con la stessa sua competenza e determinazione, ma sappiamo che nessuno potrà più emularlo nella nobiltà della sua anima».

E se chi combatte ogni giorno la mafia non può concedersi il lusso di credere alle coincidenze, certo tale può sembrare il pellegrinaggio romano - tra le istituzioni visitate, la Camera dei Deputati e il Comando generale della Guardia di Finanza - delle spoglie di Livatino proprio nei giorni della cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo padrino di Cosa Nostra. Alle immagini che affiorano dalle prime indagini dopo l’arresto - l’ostentazione finanche volgare di un potere e un’impunità mai rinnegata dal latitante, i gioielli, il lusso, i poster cinematografici specchio della mitomania del boss - fanno da contraltare le istantanee del giudice-martire della mafia. Cravatta, camicia e valigetta, in viaggio da solo il giorno dell’agguato dopo aver rifiutato una scorta percepita “di troppo”. 

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«Poche settimane fa, alla presenza del Capo dello Stato, abbiamo ricordato a Palermo la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, associando alla loro memoria le altre vittime, civili e militari, della criminale violenza mafiosa - racconta Nordio dal leggìo della Basilica - in quelle cerimonie laiche abbiamo onorato le toghe di uomini coraggiosi. Ora invece veneriamo la reliquia insanguinata di un martire cristiano, che ha perdonato i suoi assassini nel momento in cui lo sopprimevano».Tra le navate della basilica romana riecheggiano i vesperae di Mozart, il Laudate Dominum. E il ministro - lontano per un momento dal rumore delle polemiche nate dall’arresto di Messina Denaro, le intercettazioni, la riforma della Giustizia - riprende il ricordo del «collega» caduto. Con l’impegno e l’invito a seguire le sue tracce, almeno a provarci, «ma sappiamo che nessuno potrà più emularlo nella nobiltà della sua anima che ora riposa, ne siamo certi, nel seno del Signore»
 

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 09:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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