Nordio e la fuga di investimenti dall'Italia: «Manca la certezza del diritto per attrarre capitali». La conferma delle classifiche

Mercoledì 18 Gennaio 2023 di Andrea Bulleri
Per il Global Attractiveness Index, il nostro paese è al 19esimo posto su 148 economie. Tra le criticità "incertezza regolatoria" e "carico burocratico" eccessivo

Il motivo per cui le imprese straniere investono poco in Italia? Semplice: perché nel nostro Paese «manca la certezza del diritto». E per riscuotere un credito, ad esempio, possono volerci tempi «cinque o dieci volte superiori alla media». Parola del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che intervenendo al Senato (l’occasione è la relazione annuale sullo stato della Giustizia) individua proprio nelle lentezze dell’ordinamento giudiziario italiano una delle principali ragioni per cui il nostro Paese si dimostra poco «attrattivo» per i capitali stranieri. «Se gli investitori stranieri non investono in Italia - le parole del Guardasigilli - la ragione principale è dovuta al fatto che qui manca completamente la certezza del diritto.

E per la riscossione di un credito si richiedono tempi che sono cinque-dieci volte superiori a quelli della media europea». Un «impatto negativo della Giustizia sull’economia» su cui l’esecutivo è pronto a mettere mano, perché - assicura Nordio - si tratta di «una delle preoccupazioni fondamentali per il nostro governo». 

Dunque, spiega Nordio a Palazzo Madama, bisogna cominciare da una «profonda revisione di quei reati che intimoriscono gli amministratori senza tutelare i cittadini, rallentando o impedendo quella collaborazione tra gli uni e gli altri con effetti perniciosi per la certezza dei rapporti giuridici e più in generale sullo sviluppo del Paese». Un esempio potrebbe essere proprio il reato di abuso d’ufficio, sul quale il ministro ha già più volte chiarito di voler intervenire in modo massiccio. E un intervento, assicura il Guardasigilli, è «imminente», perché la priorità è la «ristrutturazione di un sistema che permetta uno sviluppo forte e produttivo del tessuto imprenditoriale». A cominciare proprio dalla Giustizia. Le cui criticità, avverte Nordio, costano al Paese due punti di Pil, allontanando gli investitori che vorrebbero operare in Italia. 

La rilevazione

Un problema, quello della scarsa attrattività, che nonstante gli sforzi compiuti negli ultimi anni l'Italia pare ancora lontana dal risolvere. Risale a qualche mese fa, ad esempio, la classifica dell'Ey European Attractiveness Survey 2022, secondo cui il Paese è ancora ben lontano da raggiungere le quote di investimenti esteri che invece vengono indirizzate agli altri Stati europei. L'Italia, in questo settore, risulta infatti avere una quota di mercato del 2,5%, contro il 21% della Francia, il 17% del Regno Unito e il 14% della Germania. Dati in leggero miglioramento, quelli del 2021, se si considera che l'anno precedente il nostro Paese riusciva ad attrarre soltanto il 2% degli investimenti, ma che sottolineano come ci sia ancora molto da fare. Il motivo? Secondo lo studio, la ragione principale di questo gap sarebbe «l’incertezza regolatoria» e la «lentezza della giustizia». 

Stesso scenario a guardare l’indice Global Attractiveness Index (Gai), che compara 148 economie del mondo. Ebbene, secondo la classifica, Germania, Stati Uniti e Hong Kong sono in cima alla lista Gai 2022 come paesi più attrattivi per gli investimenti (e più in grado di "trattenere" le risorse presenti sul territorio) mentre l’Italia si piazza soltanto al 19esimo posto, nella fascia della medio-bassa attrattività (seppur con un recupero forte rispetto agli anni precedenti). 

Le ragioni della scarsa appetibilità

I motivi di questo posizionamento così bassi? Prova a elencarli ancora l'European Attractiveness Survey 2022. Il principale ostacolo, rilevato dal 69% degli intervistati, è l’incertezza regolatoria, seguita per il 65%  da un eccessivo rischio di contenziosi per le imprese e da un eccessivo carico burocratico, avvertito dal 56% degli stessi.Tra i desiderata segnalati dai manager che investono in Italia emerge poi la priorità del taglio del cuneo fiscale (70%); a seguire la riduzione del costo del lavoro (32%), incentivi all’innovazione (22%), aiuti ai settori in difficoltà (21%) e sostegno alle Pmi (20%).

Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 14:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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